Ad Intervistato.com mi dicono che riesco sempre ad essere sul pezzo, e si chiedono come io faccia. Settimana scorsa vado a Milano e sgomberano Macao... ero sul pezzo. Questa vengo a Modena, viene il terremoto.
Qui è il pezzo, anzi i pezzi di calcinacci che cadono su di me (poca roba a dire il vero, ma abbastanza per farti uscire un "merda" di quelli epici). Morale, ho pensato che non è la mia bravura a portarmi sul pezzo, è il pezzo ad arrivare e a volte fa paura, paura che ti entra dentro, fin nelle ossa e ti costringe ad essere lucido. Come alle 4 quando l'istinto diceva corri giù per le scale ma la testa mi diceva aspetta sia finita prima di fare cazzate. Ha vinto la testa, in quei lunghi secondi, 10, 15 nemmeno io so quanti.
Quello che so è il rumore che ti sbatte giù dal letto senza darti il tempo di capire, quello della terra che trema forte, quello dei 9 piani sopra di te che danzano all'aria mentre i muri crepano e i calcinacci cadono e ti chiedi: ma qui sopra la baracca reggerà? Si, regge. Poi esci, in strada, davanti alla fontana del Graziosi e ti guardi negli occhi con gli altri fuoriusciti. I giovani li vedi, un poco impauriti, i più grandi invece, i nonni, quelli tornano dentro dopo poco. Gente che ne ha viste, che non si scompone e che un poco invidi che come cazzo fanno.
Poi prendi in mano il cellulare e cominci a scorrere i tweet. Quando cominci a leggere vedi aggiornamenti da Padova, Milano, dal Veneto al Trentino passando per la Liguria. Dici, madonna, ma non ti rendi conto, pensi di non essere l'epicentro (lo pensi sempre, rifuggi il pensiero, per forza, per speranza) ma ti dici che ovunque sia stato in quel punto sarà tutto tabula rasa. Non è così, ma si contano danni, morti, feriti, 3000 sfollati. Cerchi info sui media, niente, ricarichi, niente. Solo la gente, quella che è in strada divulga info. Meno male che c'è la gente.
Salti in auto, e da Modena ti sposti verso casa, a Soliera in direzione epicentro. La strada è vuota, la nebbia si sta alzando assieme all'alba che poi porta la pioggia. La pioggia, pensi, piove sempre dopo un sisma. Perché l'ingiustizia che complica la vita agli sfollati, ai soccorritori.
Ad un certo punto il cervello collega. Domani avrei fissata una visita specialistica (gastroscopia) all'ospedale di Mirandola, paese colpito e abbastanza vicino all'epicentro. Chiamo, mi dicono "richiami domani". Qui i danni sono seri, stiamo evacuando parte dell'ospedale, siamo in attesa di capire se la struttura è agibile o no. Richiami domani poco prima di partire, non sappiamo. La voce all'altro capo è tesa, molto. Dico grazie, riaggancio. Sono sveglio dalle 4. Butto giù queste righe alla rinfusa per fissare il momento, mentre con un occhio scorro la rete e con l'altro fisso il lampadario.
Matteo Castellani Tarabini | @contepaz83
#Earthquake in Emilia: being on the piece without willing it
In Intervistato.com they always tell me I always manage to stay on the piece, and they ask how I do it. Last week I go to Milan and they evacuate Macao. I was on the piece. This time I go to Modena, and there goes the earthquake.
Here is the piece, actually pieces of rubble that fall on me (not so much stuff, to be honest, but enough to make you say a couple of epic swearings). Morale, I thought it's not my skill to bring me on the piece, it's the piece that's coming and sometimes it's quite scary, a fear that goes bone deep and makes you stay focused. Like at 4 a.m., when the instinct says run outside on the stairs but the brain tells you to wait until it's done before you do something stupid. The brain won, in those long seconds, 10, 15, I don't even know how many.
What I do know is the noise that throws you out of bed without giving you the time to understand, the earth that's shaking hard, the 9 stories above you that dance in the air while the walls crack and the rubble falls and you ask yourself: will the shack up there hold? Yes, it holds. Then you go out on the streets, in front of the fountain Graziosi and you look into the eyes of the others. You see the young ones, a bit frightened, while the older, the grandparents, those go back inside after a short while. People who have seen stuff in their lives, that don't get scared that easily and that a bit you envy for how the hell they do it.
Then you take the mobile phone and start looking at the tweets. When you start reading you see updates from Padova, Milano, from Veneto to Trentino to Liguria. You wonder, but don't realize, you don't think you're the epicentre (you never do, you always refuse that thought, it has to be that way, for hope), but you think that wherever it was, the place will be completely destroyed. It's not, but already there are damages, deaths, wounded, and 3000 evacuated people. You look for information on media, nothing, you refresh, nothing. Only the people, the people on the streets, actually spread information. Good thing there's the people. You get on your car, and from Modena you go home, towards Soliera, in the general direction of the epicentre. The street is empty, the fog is going up together with the dawn that brings rain. The rain, you think, it always rains after an earthquake. Because the injustice complicates the lives of evacuated and rescuers.
At one point the brain connects. Tomorrow I have a specialistic visit (gastroscopy) at the hospital of Mirandola, one of the towns that has been hit, and quite near the epicentre. I call, they tell me to call tomorrow. Here the damages are serious, we're evacuating part of the hospital, we're waiting to understand whether the structure can be used or not. I say thanks, and hang up. I've been up since 4 a.m. I write down these lines confusely to fix the moment, while with one eye on the web, and the other on the lamp.
Matteo Castellani Tarabini | @contepaz83
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