▼ Il tweet del giorno

mercoledì 31 ottobre 2012

Molto rumore per #poernano



Chiunque fosse su Twitter in questi giorni, molto probabilmente si è visto passare davanti agli occhi qualche update critico nei confronti di @24job per la vicenda #poernano. Molti hanno definito questa vicenda un #fail (fallimento) e altri un #epicfail (fallimento di dimensioni colossali). Ma si tratta davvero di una catastrofe aziendale o si tratta di un fenomeno di scarso peso?

Sempre più spesso vedo che si ricorre all’uso dell’hashtag #epicfail per qualunque cosa:

  • il community manager non risponde? #epicfail 
  • i dipendenti pubblicano video dove sputano sulle pizze? #epicfail
  • una risposta sgarbata e sbagliata su Twitter? #epicfail
  • la foto su instagram non rappresenta un tenero orsetto ma pedobear? #epicfail
  • il tuo lucchetto si può aprire con una penna? #epicfail
  • centinaia di commenti negativi sotto l’update? #epicfail

Il fenomeno è abbastanza eterogeneo e, a mio avviso, in alcuni casi esagerato. Si tratta in ogni caso di fenomeni importanti che hanno comunque un impatto sul brand, ma bisogna affrontare il tema in maniera più profonda: all’alba del 2013 sarebbe auspicabile una maggior comprensione e conoscenza dei fenomeni sui Social Media (che di new ormai hanno ben poco) e del loro impatto nella vita aziendale.

Andiamo quindi ad analizzare il caso #poernano. Per capire di che cosa si parla sarebbe opportuno inserire il concetto di triage e di rischi. Chi si occupa di Social Media dovrebbe infatti sapere con chiarezza quando attivare certe procedure valutando la situazione (ovviamente avendo fatto un risk assessment in precedenza e definito tutti i flow d’azione è più facile) e quindi si troverebbe davanti a qualcosa del genere:

Livello 1 - commenti negativi, impatto sulla corporate image,  impatto sulla brand reputation limitato -  nessun intervento del management richiesto.
Livello 2 - impatto sulla brand reputation elevato, impatto sulla corporate image,  ripercussioni sulla salute della community - richiesto intervento limitato del management.
Livello 3 - impatto sulla corporate image, impatto sulla brand reputation elevato e ripercussioni sulle vendite - intervento del management necessario.

In base a questo triage generico vediamo subito che c’è sempre un impatto sulla corporate image (essendo un oggetto semiotico composto dalla somma dei discorsi volontari, involontari sul brand e dai messaggi percepiti e creati dagli utenti) ma tra il livello di attenzione e quello di emergenza cambia un aspetto fondamentale: la presenza di metriche finanziarie. Ovviamente non si vuole sottovalutare l’importanza della reputazione, dato che i Social Media servono principalmente a costruire l’identità di marca, ma a livello di allarme un problema sulle vendite è immediatamente più grave nell’arco temporale.

Quando abbiamo quindi un impatto finanziario? Nel caso di fallimenti catastrofici del prodotto o del servizio erogato. Il caso Kriptonite e Dominos’ pizza i più famosi e che hanno fatto scuola: non solo critiche, ma ripercussioni importanti sulle vendite e sui titoli in borsa (che hanno raggiunto anche il -40%, non “noccioline”). Negli altri casi, alla base della piramide, abbiamo quasi esclusivamente fallimenti comunicativi: #poernano dove si colloca?

Oltre che a essere ancora nella fase 1 (non si sono rilevate infatti variazioni significative nella community o nel numero di follower degli account) ci troviamo davanti a un account personale: l’immagine e la reputazione intaccati principalmente sono quindi quelle del titolare della persona che lo gestisce (diversamente da altri casi come l’infelice uscita dell’account Chrysler). Il brand sicuramente avrà qualche ombra di riflesso sulla sua immagine, ma diminuiranno le pagine viste sul sito? Diminuiranno gli abbonamenti? Dubito seriamente.

Ci troviamo quindi davanti a un #minifail di tipo comunicativo che forse avrebbe potuto portare a livello di escalation a un livello 2 (impatto sulla community, anche se personalmente ne dubito): oltretutto la vita di questi eventi su Twitter e Facebook dura decisamente poco a livello temporale, un picco e via all’interno del monitoraggio. Sono quindi elementi di cui è necessario prendersi cura ma che destano relativamente poca preoccupazione: immaginatevi la reazione di un CFO alla dichiarazione “su Twitter ci sono 1.000 commenti negativi e 100 utenti su 60.000 si sono disiscritti”. Già fate fatica a mostrargli il ROI, se poi gli dite una frase del genere il suo volto assumerà l’espressione di Lorenzo durante un’interrogazione di latino.

Sicuramente se lo dite a un Social Media Manager questa frase potrebbe creare un minimo di attenzione: “pubblica con un messaggio di scuse e che faremo tesoro dell’esperienza”. Forse diamo troppa importanza a questi fenomeni e a giudicarli nel modo corretto. Alla fine che cos’è successo? Un piccolo minifail comunicativo, come tanti altri, nulla di più: abbiamo molto #poernano per nulla.

Piero Tagliapietra | @pierotaglia


Much ado about #poernano

Anyone who was on Twitter these days has probably seen some critical updates about @24job about the #poernano matter. Many have defined the episode a #fail, other an #epicfail. But is it truly a company catastrophe or just a minor phenomenon?

I see the use of the #epicfail hashtag become more frequent for a lot of things:

  • the community manager doesn't answer? #epicfail
  • the employees publish videos where they spit on pizzas? #epicfail
  • a wrong and unkind answer on Twitter? #epicfail
  • the image on Instagram is Pedobear? #epicfail
  • your lock can be opened with a pen? #epicfail
  • hundreds of negative comments under the update? #epicfail

The phenomenon is quite heterogeneous, and in my opinion, in some cases exagerated. In any case we're talking about important phenomena that have an impact on the brand, but we must tackle the issue in a deeper fashion: we're almost in 2013 and it would be a good thing to have more understanding and knowledge of the Social Media phenomena (that aren't even New anymore) and their impact on company life.

Let's see the #poernano case. In order to understand what we're talking about we must explain the concept of triage and risk. Who deals with social media should know clearly when to activate certain procedures evaluating the situation (of course, having done some risk assessment beforehand and defined all action flows it becomes easier) and would find himself in front of something like this:

Level 1: negative comments, impact on the corporate image, limited impact on the brand reputation - no intervention from the management is required.
Level 2: high impact on the brand reputation, impact on the corporate image, effects on the health of the community - some intervention from the management is required.
Level 3: impact on the corporate image, very high impact on the brand reputation and effects on sales - management intervention is necessary.

Based on this generic triage we see right away that there's always some impact on the corporate image (being a semiotic object composed by the sum of the voluntary, involuntary conversations about the brand and the messages perceived and created by users) but between the level of attention and the level of emergency there is one fundamental aspect that changes: the presence of financial metrics. Of course, we don't want to underestimate the importance of reputation, since Social Media are useful to built the brand identity, but at an allarm level a problem on sales is immediately more serious in the temporal span.

So when do we have a financial impact? In case of catastrophic failure of product or service. The Kriptonite and Dominos' Pizza cases are the most famous and are now study cases: not only critics, but important consequences on sales and market stocks (which have reached -40%, not crumbs). In other cases, at the base of the pyramid, we have almost exclusively communication failures: where does #poernano stand?

We're still in the Level 1 phase (there have been no significant variations in the community or the number of followers of the accounts), and we're dealing with a personal account: the image and the reputation that have been demaged are mainly those of the person who is managing them (unlike the unfortunate case of the Chrysler account). The brand will surely have some shadowy spots on its image, but will the number of pageviews decrease? Will the subscriptions diminish? I seriously doubt that.

We're dealing with a communication #minifail that could have escalated to a Level 2 (impact on the community, although I doubt it): moreover the life of these events on Twitter and Facebook is definitely short at a temporal level, a peak and then nothing, inside the monitoring window. They are elements that need to be taken care of, but that cause no worries: imagine the reaction of a CFO to the statement "on Twitter there are 1.000 negative comments and 100 users out of 60.000 have unsubscribed". You already have problems showing him the ROI, if you say that kind of thing his face will have Lorenzo's expression during the Latin test.

Of course, if you tell this to a Social Media Manager this phrase could casue a minimum of attention: "publish an apology message and say that we'll treasure the experience". Perhaps we give too much importance to these phenomena and to judging them the right way. In the end what happened? A small communication minifail, as many others, nothing more: much ado about #poernano.

Piero Tagliapietra | @pierotaglia

2Brand or not 2Brand, questo è il #poernano!



In fondo è qui il nucleo principale del famoso #epicfail 2012 di 24JOB, sezione online dedicata alle opportunità di lavoro del Sole24ore, che se ci fosse un premio per questa categoria sarebbe suo di diritto e senza neanche l'obbligo della competizione. Riassumiamo la storia dando merito a Roberto Favini che l'ha documentata.

Rosanna Santonocito gestisce 24Job e i relativi social account, lavora per ilSole24ore, una vera industria dell'editoria e della formazione, molto autorevole. Lo so, perchè anch'io ho studiato da loro e con loro, conosco chi ci lavora e la loro fama se la sono meritata. Certo non conoscevo la Santonocito, una che si occupa di lavoro da molto tempo e di 24Job da ben 7 anni, una che, per la campagna #internethavinto, ha scritto:"#internethavinto perche ha costretto noi giornalisti a lavorare bene come dice @jacopotondelli e perché ci ha ridato il gusto del mestiere".


Allora perché questa professionista ha inguaiato uno dei brand più solidi della rete? Un giornale sempre attento alle nuove tecnologie, che pubblica ogni domenica un inserto come Nova, che annovera fra i suoi giornalisti Luca De Biase, fra i migliori e sensibili commentatori di questioni digitali nel nostro paese. Perchè lei, è riuscita a ripercorrere le orme dell'ex-ministro Maurizio Gasparri per la questione della conta dei follower, se non addirittura a superarlo visto che ha alzato l'asticella dell'influencer. Pensare che lo stesso Sole24ore era stato molto duro nel giudizio sulla vicenda Gasparri, esprimendosi con i suoi editorialisti.

Ad un certo punto la Santonocito sembrava quasi in preda ad un delirio, sentendosi "attaccata e insultata", francamente una sua impressione, anche per le considerazioni, critiche ma giuste, su una mancata competenza nell'uso di Twitter. Non solo un'incompetenza tecnica, ma di clamorosi errori nella gestione del brand: mancanza di ascolto e mancato rispetto dell'interlocutore. L'ascolto e l'interazione sono cose fondamentali nel rapporto coi follower, come lo sono sempre stati anche prima dell digitale.

La cosa è stata aggravata anche dall'apparizione della citazione dell'opera di Dario Fo, che ha dato origine all'hashtag #poernano. Cos'era quello? Una frustrazione che doveva essere compensata da una pillola di cultura teatrale? Era un giusto modo di porsi? D'accordo che è una giornalista, ma dovrebbe almeno conoscere i principi base della comunicazione online se fa questo lavoro e se ha un incarico del genere.

E' stata una tempesta, proprio nel giorno in cui Sandy passava su New York, anche perchè sarebbe bastato glissare, tacere, lasciar perdere la questione, poco professionale, ma non ci sarebbe stato un effetto valanga, un richiamo alla costituzione, sproloqui su "lezioncine e maestrini". Proprio l'altro giorno parlavo della tossicità dei social network, ma qui si arriva a contaminare anche i campi del business e soprattutto quelli di un'azienda prestigiosa.

Sarebbe interessante sapere quali possano essere le policy interne in questa materia, c'è stato un errore della professionista, oppure è anche il frutto di una mancanza di linee guida? Credo che all'interno del Sole24ore cercheranno di fare luce su questo, perchè la questione è stata presa sul serio. La professionista ha procurato un danno, ancora forse non si riesce a calcolarlo, ma il brand in questione è danneggiato: chi lo nega sbaglia, anche perché altrimenti alle 19:30 non sarebbe arrivato questo tweet dall'account ufficiale.

Simone Corami | @psymonic


2Brand or not 2Brand, this is poernano

In the end it's all here, the main core of the famous epicfail 2012 of 24Job, an online section dedicated to job opportunities of Sole24Ore, so renown that if there was a prize for the category it would be theirs by right without even the need for competition. Let's tell the story giving credit to Roberto Favini who documented it.

Rosanna Santonocito manages 24 Job and its connected social accounts, works for the Sole24Ore, a true industry of editory and formation, extremely influential. I know because I studied at and with them, I know people who work there and they have more than deserved their fame. Of course, I did not know Santonocito, someone who has been writing about work for a long time and that has been curating 24 Job for the last 7 years, someone who wrote for the #internethaswon campaign: "Internet has won because it has constrained us journalists to work well, as @jacopotondelli says, and because it has given us back the taste for the job".

Then why has this professional put one of the web's most solid brands through such an ordeal? A newspaper that is always very sensitive to new technologies, that publishes every Sunday a special like Nova, that has among its journalists Luca De Biase, one of the best and most sensitive commentators of digital matters in our country. Why did she manage to step in ex Minister Maurizio Gasparri's shows for the follower count matter, if not actually going beyond that since she rised the actual influencer standard. And remember that the same Sole24Ore had been extremely critical towards the Gasparri episode, publishing harsh editorials.

At one point Santonocito seemed almost taken by delirium, feeling attacked and insulted, which quite frankly was her impression, because there were only some considerations, critical but fair, on her lack of competence in the use of Twitter. Not only a technical incompetence, but also serious mistakes in brand management: lack of listening and lack of respect for the audience. Listening and interacting are fundamental aspects in the relationship with followers, as they have always been even before digital.

Everything was made worse by the quote from Dario Fo's work, which has given life to the #poernano hashtag. What was that? A frustration that needed to be compensated by a pill of theatrical culture? Was it the right way to move? Alright, she's a journalist, but she should at least know the principles of online communication if she does this job and has such a task.

It has been a storm, the same day Sandy ravaged New York, because it would have been enough to shut up and let it go, since it was so unprofessional, but in that case there would have been no avalanche effect, no quotes from the Constitution, or useless talk about lessons and teachers. The other day I wrote about the toxicity of social networks, but here we are arriving to the contamination of the business fields, especially those of a prestigious company.

It would be interesting to know what the internal policies can be in this matter, whether there has been a mistake on the journalist's side or whether it was the result of a lack of guidelines? I believe that inside Sole24Ore they will try to understand this, because the matter has been taken seriously. The professional has caused damage which probably cannot yet be calculated, but the brand is damaged: who denies it is wrong, and the confirmation is this tweet from the official account, published at 7:30 pm.

Simone Corami | @psymonic

martedì 30 ottobre 2012

#XF6: Chiara domina, Ics in versione #gangnam e @InArteMorgan svetta tra i giudici



Inauguriamo la rubrica di The Fool su Intervistato.com che ci ospita, parlando della seconda puntata di X Factor 6, che va in onda in diretta su SkyUno, e che sta scatenando i tweetters d'Italia.

La settimana scorsa abbiamo visto come è stata accolta la prima puntata sul social media dei 140 caratteri, notando che il pubblico aveva già eletto la sua paladina. Come sarà andata la seconda diretta? In quanti avranno menzionato l'hashtag ufficiale #XF6? Scopriamolo.



Partiamo da un dato importante il numero di tweet e retweet totali durante la diretta e la divisione demografica del pubblico del talent.
L' hashtag ufficiale è stato menzionato 65.273 volte, di cui i tre quarti di questi sono tweet e un quarto retweet. Il pubblico resta perciò molto attivo su Twitter, mostrando una forte fidelizzazione al programma e una la necessità di esprimersi. A differenza della prima puntata che vedeva il pubblico diviso quasi perfettamente a metà tra uomini e donne, la seconda vede più attivo il femminile.
Questa differenza di target potrebbe esser dipesa dalla prima puntata su La7 di "Servizio Pubblico", che attira maggiormente il pubblico maschile, ma non ci è dato saperlo con certezza matematica.



Tra il numero altissimo di commentatori che anche questa settimana hanno seguito il talent, spiccano su tutti @Camilla_Elia, che guadagna la vetta della classifica top posters, seguita da @AlessandroTurko  e @Lucy. Tra i parlanti più influenti in rete anche questa settimana ritroviamo @RadioDejaay, che dobbiamo ricordare essere presente in trasmissione con due volti noti come Diego e La Pina , seguita da @SattaMelissa e la giudice @Simo_Ventura.



Tra gli utenti noti e meno noti, abbiamo cercato quelli più creativi, o più critici, che hanno conquistato il pubblico di Twitter, che li ha retweettati in massa.
Spicca su tutti @francescocosta che ha espresso il desiderio di vedere ICS ballare il Gangnam Style e ha trovato il consenso di altri 237 utenti; forse la produzione dovrebbe tenerne conto… Il secondo post più retweettato è di @dominiconaso che ha saputo con maestria mixare gli argomenti di X Factor con quelli di "Servizio Pubblico" col plauso di altri 222 utenti. Infine citiamo il tweet - al sesto posto della classifica - di un volto noto della tv, Daria Bignardi, che ha espresso il suo favoritismo verso il gruppo più curioso di questa sesta edizione: i Frères Chaos, detti anche #fratellincesto, un hashtag che parla da sé.



Nonostante la concorrenza di La7 è da sottolineare un dato importante: l'andamento temporale dei commenti sul social. La prima settimana avevamo assistito ad un picco tra le 21 e le 22, mentre questa volta l'attenzione del pubblico è stata trasversale fino alla fine della diretta, con una media di quasi 12.000 tweet all' ora. Questo dato potrebbe esser stato influenzato dalla saggia decisione di posticipare l'ospite (i Club Dogo, con il Cile e Giuliano Palma) alla fine della trasmissione, riuscendo a traghettare il pubblico fino a "Extra Factor".



In questo tempo il pubblico di Twitter si è sbilanciato decisamente a favore di Morgan che, con oltre 4000 tweet dedicati, batte l'istrionica Simona Ventura, seconda in classifica, seguita quasi a pari merito da Elio e Arisa. Quest'ultima ha ricevuto un grande interesse a fine puntata, trovandosi con due dei suoi gruppi al ballottaggio finale, dove si è lasciata andare ad esternazioni verbali ed emotive senza filtri, conquistando i tweet del pubblico.



Osservando invece i commenti sui concorrenti, i cantanti che hanno catalizzato il pubblico sono stati: Chiara con più di 4000 tweet dedicati, a seguire Daniele con 2765 tweet, gradimento che pensavamo essere di nuovo rivolto a Davide, ma che invece ha guadagnato meno interesse questa settimana, messo in ombra anche dalla (bellezza) bravura del nuovo concorrente Alessandro. Tra le Under 24 Donne Nice e Cixi la fanno da padrone, conquistando entrambe oltre 1500 tweet. Le Donatella non sono ancora cantanti navigate, però hanno attirato il pubblico (1.638 tweet): evidentemente il loro personaggio batte le doti vocali.



C'è da considerare comunque che la rete si sta divertendo ad affidare soprannomi ai cantanti e hashtag a questi dedicati che stanno diventando più popolari di quelli ufficiali, ma di questo ne parleremo in un'analisi a parte.
Resta che, sia tra i più critici, che i veri appassionati, X Factor è un talent che va vissuto, soprattutto online. Chiara per ora è nettamente la favorita del pubblico, vediamo quanto tutto questo influenzerà le puntate a venire.

The Fool dal 2008 sviluppa tools e metodi per l'analisi dei Social Media, il monitoraggio della reputazione online, SocialCRM, Social Intelligence e servizi di IP-Protection, per agenzie, broadcaster e istituzioni pubbliche. The Fool aiuta i propri Clienti nelle strategie di comunicazione e marketing, con particolare attenzione alla salvaguardia dei loro brand, prodotti e IP.

Arianna Panacea | @thefool_it

NOTA METODOLOGICA: Per chi notasse una disparità tra i dati della settimana scorsa a quelli attuali, abbiamo ampliato il bacino di utenti parlanti a tutto il mondo e non solo all'Italia. Inoltre il campione analizzato per genere, si riferisce agli utenti che hanno reso pubblico questo dato.



Italian X Factor 6th edition: Chiara dominates, Ics in #gangnam version and Morgan emerges among the judges

We gladly announce The Fool's weekly space on Intervistato.com, and here we are talking about the second episode of X Factor 6, that airs on SkyUno and is unleashing the tweetters of Italy.
Last week we saw how the first episode was received on the 140 character social network, and pointing out that the public had already chosen the heroin. How did the second airing go? How many have mentioned the official #XF6 hashtag? Let's find out.

Let's start from an important number, the total number of tweets and retweets during the airing and the demografic division of the talent show's audience.
The official hashtag has been mentioned 65.273 times, three quarters of which have been tweets and only a quarter retweets. The audience remains very active on Twitter, showing a strong fidelization to the program and a great need to express itself. Unlike the first episode that saw the audience almost perfectly divided into men and women, the second attracted more female interactions. This target difference may depend on the first episode of "Servizio pubblico" on La7, which attracts the male audience more, but we cannot know with certainty.

Among the numerous commentators that this week have followed the talent show, @Camilla_Elia is definitely the first of the top posters, followed by @AlessandroTurko and @Lucy. Among the most influent speakers online we find @RadioDejaay, which is present at the show with two renown characters such as Diego and La Pina, followed by @SattaMelissa and the judge @Simo_Ventura.

We've looked for the most creative users among the famous and not famous, the ones that conquered Twitter and have been massively retweeted.
First place by far for @francescocosta who expressed the desire to see ICS dancing the Gangnam Style and has been retweeted 237 times; perhaps the producers should take that into account... The second most retweeted post was written by @dominiconaso, who managed to mix the topics of X Factor with those of "Servizio Pubblico", and was retweeted 222 times. Finally we should quote the tweet - at the sixth place in the list - of a renown TV personality, Daria Bignardi, who has expressed her favor towards the most curious group of this sixth edition: the Frères Chaos, also called #brotherincest, a self-explaining hashtag.

In spite of the competition with La7, we should highlight an important aspect: the temporal evolution of comments on the social network. The first week we had seen a peak between 21 and 22, while this time the attention of the public has been constant until the end of the airing, with an average of almost 12.000 tweets per hour. This fact may have been influenced by the wise decision of posticipating the guest (Club Dogo, with Cile and Giuliano Palma) at the end of the show, managing to keep the audience focused until the "Extra Factor".

During this time the Twitter audience has definitely rooted for Morgan, who - with more than 4000 dedicated tweets - beats the histrionic Simona Ventura, second in the chart, followed almost at an equal level by Elio and Arisa. The latter has had great interest at the end of the show, finding herself with two of her groups at the final vote, where she left herself go to verbal and emotional externations without control, managing to conquer the audience's tweets.

Observing the comments about competitors, the singers that have attracted the audience have been: Chiara with more than 4000 dedicated tweets, Daniele with 2765 tweets, an interest that we thought would be directed to Davide, who has had much less attention this week, probably because he was shadowed by the (beauty) and skills of the new competitor Alessandro. Among the Under 24 Women, Nice and Cixi are on top, both earning more than 1500 tweets. The Donatellas are still not very experienced singers, but they have attracted the audience (1638 tweets): evidently their character beats vocal skills.

We should consider however that the web is having fun giving nicknames to singers, and creating hashtags that are becoming more popular than the official ones, but we'll talk about this part in a different analysis.
What we can say with certainty is that X Factor is a talent show that must be lived, especially online, both by the critics and the fans. Chiara is now clearly the audience's favourite, and we'll see how this will influence the next episodes.

Since 2008 The Fool has been developing tools and methods for Social media analysis, online reputation monitoring, SocialCRM, Social Intelligence and IP-Protection services, for agencies, broadcasters and public institutions. The Fool helps its Clients with communication and marketing strategies, with particular attention to the preservation of their brand, products and IP.

Arianna Panacea | @thefool_it

Note: If you see a disparity between last week and this week's data, we have listened to users from the entire world, not just from Italy. Furthermore, the gender differentiation is valid for those users who have made this piece of information public.

The Toxic Twitter: l'ecologia della comunicazione (seconda parte)




Noi creiamo il mondo che percepiamo, non perché non esiste realtà fuori dalla nostra mente, ma perché scegliamo e modifichiamo la realtà che vediamo in modo che si adegui alle nostre convinzioni sul mondo in cui viviamo. Si tratta di una funzione necessaria al nostro adattamento e alla nostra sopravvivenza. 
 
Gregory Bateson

Continuiamo. Continuiamo e non finiamo, perchè il digitale è un discorso troppo vasto e forse stiamo utilizzando dei termini impropri per parlarne, perchè la rete è in continua espansione e i social sono solo forme provvisorie che abitiamo ora, ma che fra qualche tempo saranno lasciati in abbandono per altre pratiche ed esperienze. Necessitiamo di una nuova ecologia della mente, visto che siamo immersi in un'esperienza talmente totalizzante che non sappiamo quali saranno le conseguenze a lungo termine. E' un cambiamento d'ambiente, a tutti i livelli, talmente profondo, considerato anche l'aumento esponenziale della velocità dei processi, che non conosce precedenti né con l'invenzione stampa, né con la rivoluzione industriale, nè con l'era televisiva. Eppure noi continuiamo ad usare i nostri schemi per analizzare questo paradigma, proseguiamo nel voler adattare il cambiamento a noi, mentre continuiamo ad essere modificati. Questo è un punto che deve essere chiaro: la produzione dei discorsi come prodotto intellettuale e sociale vive una mutazione. Avremmo bisogno di un altro Bateson e di un altro Foucault, soprattutto perchè è la "struttura" ad essere andata in crisi.

Bieber ha il cancro! Non è vero, ma quanti c'hanno creduto? Quanti si sono rasati la testa in segno di solidarietà? Quanti hanno messo uno status di Facebook, pare scritto da sedicenti avvocati, credendo che così le autorità non potessero monitorare le loro attività sui social? Sembra di essere tornati al tempo televisivo, quando la si prendeva come oracolo, solo che qui è tutto "aumentato" ed in maniera esponenziale. Se per la tv non bastava spegnerla, per la rete meno che mai. Siamo perennemente connessi, continuamente elettrizzati e soprattutto si cercano cose affini, non si sfida il nuovo.

Qui non siamo alla repressione, qui siamo al governo, se non al suo autoritarismo, del loisir, della suggestione, Il Mondo Nuovo di Huxley ha stravinto sul Grande Fratello di Orwell. Il controllo non è su quello che fai ma su quello che acquisti, sulla sfera emotiva, caricando di stress i soggetti della comunità, che siamo tutti noi. Tutto questo "inquina" i nostri processi percettivi, li modifica, anche se non siamo consapevoli, ma basta pensare a come oggi si scrive un post, un blogger quasi automaticamente pensa già a cosa scrivere perchè il suo post sia indicizzato al meglio, se poi parliamo di Twitter, si ragiona in 140 caratteri, e per Instagram sappiamo che l'autoscatto è inutile perchè farsi una foto da soli è uno stile, meglio se si vede lo smartphone più modaiolo.

Abbiamo bisogno di una nuova ecologia della comunicazione per una comprensione del mezzo, ma soprattutto che riesca a capire come comunicare e che linguaggi usare in questo nuovo ambiente, che non è neanche un medium, ma una sinestesia fortemente pervasiva. La rete è un iceberg, in questo momento siamo sulla punta e abbiamo bisogno di scendere di più per capire cosa c'è alla base. Il mio dubbio è che non ci sia la voglia di farlo. Perchè? Perchè sotto fa freddo e non ci sono luci colorate.

Simone Corami | @psymonic


The Toxic Twitter: ecology of communication (second part)

We create the world we perceive, not because there is no reality outside our mind, but because we choose and modify the reality we see in order to make it coherent with our convictions about the world we live in. It's a necessary function to our survival and adaptation.
Gregory Bateson

Let's continue. We continue and don't finish, because digital is a way too vast argument and maybe we're using the wrong terms to talk about it, because the web is in continous expansion and social networks are only temporary forms that we use now, but that after a while will be abandoned in favor of other practices and experiences. We need a new ecology of the mind, since we are submersed in an experience that is so totalizing that we don't know what the long term consequences will be.

It is a change of environment at all levels, and so deep, considering the exponential increase of process speed, that it doesn't have precedents nor with the invention of print, nor with the industrial revolution, nor with the television era. And yet we continue to use our schemes to analyze this paradigm, we keep trying to adapt the change to ourselves, as we continue to be modified by it. This is a point that needs to be clear: the production of speeches as an intellectual and social product is living a mutation. We'd need another Bateson and another Foucault, especially because it is the "structure" that is in crisis.

Bieber has cancer! it's not true, but how many believed it? How many have shaved their heads in sign of solidarity? How many have published a Facebook status, apparently written by some lawyers, believing that it would stop authorities from monitoring their activities on social media? We seem to have gone back to the television time, when we believed it as an oracle, only that here everything is "augmented", and exponentially. If it wasn't enough to turn off the TV, the web is even worse. We're constantly connected, continuously electrified and most of all we look for things that have similarities, we don't look for something new. This is not repression, this is the government, its authoritarism, the loisir, the suggestion, and Huxley's New World has won over Orwell's Big Brother.

The control isn't on what you do but on what you buy, on your emotions sphere, and charging the member of the community with stress. All of this "pollutes" our perceptive processes, it modifies them, even though we're not aware of it, but it would be enough to think about how today we write a post, a blogger almost automatically thinks about what to write in order to indicize it at its best, and if we talk about Twitter, we start thinking in 140 characters, and for Instagram we know that autosnap is useless because taking a picture of yourself is a style, better yet if the latest smartphone is visible in the shot.

We need a new ecology of communication in order to understand the medium, but especially that is capable of understanding how to communicate and what languages to use in this new environment, which isn't even a medium, but a strongly pervasive synesthesy. The web is an iceberg, at the moment we're on its top and we need to go down in order to understand what lays underneath. My doubt is that there's no will to do it. Why? Because underneath it's cold and there are no colorful lights.

Simone Corami | @psymonic

lunedì 29 ottobre 2012

Il tempo per "provare tutto" sui #socialmedia è finito



Circa tre anni fa, quando ho iniziato a scrivere sui blog e a twittare con una certa regolarità, era necessario entrare in un'ottica che si potrebbe riassumere come segue: "I social media possono essere liberamente usati e si possono usare in qualunque momento, ovunque. Detto questo, perché NON provare tutto se stai facendo marketing per la tua azienda?" 

A quel tempo, questo mi suonava un po' strano. Dato che venivo da un background di marketing "tradizionale", la mia esperienza è sempre stata improntata alla ricerca, pianificazione, e poi decisione di cosa si dovrebbe e non dovrebbe fare. Lavorando in un'agenzia, ho imparato ad essere sempre responsabile per tutte le nostre raccomandazioni. Dire "Abbiamo pensato che dovreste farlo perché ora spacca" non andrebbe benissimo con nessuno dei nostri clienti. Ho guardato da lontano perché pensavo che forse c'era qualcosa nel mondo dei social media che semplicemente non conoscevo ancora. Man mano che gli anni passavano, sentivo sempre di più che i consigli che venivano dati erano potenzialmente più dannosi che benefici.

Dal 2010, quando l'economia ha cominciato davvero a collassare nel mondo, ho cambiato registro e sono diventata un po' più aggressiva. Dire alle aziende di "provare tutto" oggi è semplicemente irresponsabile. Prendiamo un esempio - il content marketing, l'idea di usare blog, e-newsletter, presentazioni e altri strumenti ricchi di copy per promuovere la propria azienda. In questo momento ci sono molte persone nel mondo dei social media che avvertono sui rischi di essere lasciati indietro se non si fa content marketing. "Non c'è alcun male almeno a provare", dicono.

Guardiamo l'idea più da vicino. In un recente sondaggio sponsorizzato da MarketingProfs e il Content Marketing Institute, i marketer intervistati hanno dichiarato che il maggiore ostacolo nella produzione del content marketing è l'investimento in termini di tempo. Ora fermiamoci un secondo. Tutti noi sappiamo che nel business il tempo = denaro, giusto? Quindi quello che stiamo dicendo è che stiamo spendendo un sacco di tempo con il content marketing. Questo significa anche che stiamo pagando qualcuno per tutto quel tempo. Ricordatevi questo punto, perché più avanti nella presentazione si notava che solo il 36% dei marketer intervistati sentono di usare il content marketing in maniera efficace. Ora guardiamo questi due fatti insieme. Stai spendendo un sacco di tempo/soldi per fare qualcosa, ma non sei certo di farla nel modo giusto.

A voi sembra un buon business plan?

Ora consideriamo un'attività che sta lottando per restare a galla nell'attuale economia. Sebbene non ci siano stati licenziamenti per qualche tempo, l'azienda è abbastanza fragile da rendere il licenziamento di alcune persone necessario. Diciamo che hai seguito i consigli dal mondo dei social media e deciso di "provare" i social o il content marketing o qualsiasi altra cosa tu abbia voluto provare. Deciderai di mantenere le persone legate a queste attività piuttosto che le persone che hanno fatto il lavoro pratico negli ultimi 20 anni? Se i soldi cominciano a scarseggiare, questo è esattamente il tipo di decisione che dovrai fare. Cosa succede se investi nelle persone che fanno le cose nuove? Cosa succede se queste cose risultano essere una scommessa sbagliata per la tua azienda?

La linea di pensiero del "provare tutto" non era un buon consiglio nemmeno quando l'economia era più forte. Ora che i tempi sono più tumultuosi, è un consiglio pessimo. Tutto ciò che un'azienda fa dovrebbe essere avallato da ricerca dettagliata, pianificato, e - probabilmente la cosa più importante - misurato. Se non sai se una cosa funziona per te è anche peggio che sapere che non sta facendo alcun bene. Continuare a buttare tempo (altresì noto come denaro) facendo qualcosa che potrebbe o non potrebbe funzionare non è un buon modo per guidare l'azienda in tempi di ristrettezze economiche.

Siete d'accordo?
Mi piacerebbe avere le vostre opinioni!

Marjorie Clayman | @margieclayman


The time to try everything is over

About three years ago, when I first started blogging and tweeting pretty regularly, you were bound to run into a line of thinking that went something like this: “Social Media is free to use and you can do it anytime, anywhere.  Given that, why would you NOT try everything if you’re marketing for your company?” At the time, this sounded a bit strange to me. Coming from a “traditional” marketing background, my experience has always been that you research, then plan, then decide what you should do and what you should not do. As an agency woman, I’ve been trained to always be accountable for our recommendations. Saying, “We thought you should just try it cuz it’s hot right now” would not go over well with any of our clients. I sat back and watched because I thought maybe there was something to the world of social media that I just didn’t know yet. But as the years went on, I felt more and more like the advice that was being offered was potentially more harmful than beneficial.

Since 2010, when the economy really started to drop around the world, I have changed my tune to be a bit more aggressive. Telling companies to “try everything” today is simply irresponsible. Let’s take one example – content marketing, the idea of using blogs, e-newsletters, white papers, and other copy-rich tools to market your company. Right now, there are a lot of people in the social media world who are indicating that if you are not engaged in content marketing you are at risk for falling behind the 8-ball.  “There’s no harm in at least trying it,” they say.

Well, let’s dissect that idea a bit. In a recent survey sponsored by MarketingProfs and the Content Marketing Institute, marketers polled said their biggest obstacle in trying to do content marketing was time. There was just too much content they needed to create and it was representing a huge investment of time. Now let’s pause there for a second. We all know that in business, time = money, right? So when we say we are spending a lot of time with content marketing, That also means that we’re paying someone for all of that time. Hold on to that thought. Because later in the presentation, it was noted that only 36% of marketers polled felt that they were using content marketing effectively. Now let’s look at those two facts together. You’re spending a lot of time/money doing something, but you’re not sure you’re doing things well.

Does that sound like a good business plan to you?

Now let’s consider a business that is really struggling in this world’s economy. While there haven’t been any lay-offs for awhile, the company is shaky enough that you might have to fire some people soon. Let’s say you followed the advice from the world of social media and decided to “try” social media or content marketing or whatever else you wanted to try. Are you going to let personnel tied to those efforts stay versus people who have been doing the factory work at your company for 20 years? If money gets tight enough, that is the exact kind of decision you will have to make. What if you invest in the people doing the new stuff? What if those things turn out to be a bad bet for your company?

The “try everything” line of thinking was not good advice when the world economy was stronger. Now that times are more tumultuous, it’s horrible advice to offer. Everything a company does should be well-researched, planned, and perhaps most importantly, measured. If you do not know whether something is working for you you’re even worse off than if you know for sure it is not doing you any good. Continuing to throw time (also known as money) at something that may or may not be working is not a good way to guide your company through economic hardships.

Do you agree? I’d love to hear your thoughts!

Marjorie Clayman | @margieclayman

#Afghanistan e #Iraq: la nostra guerra dimenticata



La guerra in Afghanistan è cominciata ufficialmente il 7 ottobre 2001, a meno di due mesi dall'undici settembre. L'undicesimo anniversario è passato sotto silenzio nel nostro paese e altrove, rimosso. 

Undici anni da un'invasione decisa e perpetrata senza alcun avallo dell'ONU, che però il 20 dicembre seguente, con il paese ormai in mano agli americani, ha autorizzato con una risoluzione l'ISAF, una missione di supporto al governo dell'Afghanistan, che all'epoca non c'era. Ce lo hanno messo gli americani, scegliendo Hamid Karzai come presidente e una serie di banditi e signori della guerra ad assisterlo.

Alla missione ISAF il nostro paese partecipa con circa 4.000 uomini e ne ha persi appena una cinquantina. Anche se i morti in guerra non sono mai troppo pochi, il risultato si può considerare eccezionale e in buona parte dovuto da una postura assolutamente difensiva del nostro contingente, che secondo molte fonti alleate è stato protetto anche corrompendo i possibili nemici o chiunque avesse interesse a sparare sui nostri. Una pratica comune a molti contingenti, di sicuro il nostro è stato al coperto, la caccia ai talebani è sempre stata un problema degli americani.

Undici anni dopo l'ISAF e gli Stati Uniti hanno superato abbondantemente il periodo dell'occupazione sovietica e progettano un ritiro, parziale, solo nel 2014. I sovietici dopo nove anni sbaraccarono completamente, oggi Washington vorrebbe lasciare in Afghanistan qualche base perenne e un governo sensibile alle sue esigenze, almeno formalmente. Oggi c'è Karzai, che assistito dall'ISAF, dall'ONU e dagli USA governa dopo brogli elettorali clamorosi, denunciati anche dai signori sponsor. Un governo privo di legittimità e corrottissimo, che non ha alcuna base di consenso al di fuori di quello garantito dalla protezione occidentale e che con le sue esibizioni ha rinforzato la popolarità dei talebani, che aspettano che gli stranieri se ne vadano e che forse aspetteranno a lungo, ma che a differenza dei loro avversari hanno fondate speranze positive.  Per di più, dato che in undici anni l'Occidente di infrastrutture ne ha costruite poche in Afghanistan, quando il Pakistan ha chiuso il transito dal suo territorio, abbiamo scoperto che far uscire le nostre truppe dal Nord costerebbe un sacco e non si potrebbe fare entro il 2014. Non si è fatto molto in Afghanistan, Roma ad esempio aveva promesso aiuto per mettere insieme codici civili e penali e un sistema giudiziario moderno e ci ha anche investito discrete somme, per nulla.

I nostri 4.000 uomini restano là, tristo tributo da vassallo all'impresa americana, ancora più tristo in quanto concesso con generosità da un Berlusconi che delirava da statista cercando gloria e sponde all'ombra di Bush e di Blair, che la storia ci dice si siano comportati da truffatori per trascinare i “volenterosi” in Iraq. In quei tempi molti si spendevano per venderci le guerre e avevano la pessima abitudine di bollare come traditori o “pacifinti” chi poneva obiezioni, persino Amnesty International finì criminalizzata per aver previsto 50.000 morti in Iraq, saranno molte volte tanti alla prova dei fatti.

Sarà per questo che l'Afghanistan come l'Iraq è  un buco nero per la nostra informazione, nonostante gli anni d'occupazione e di generoso impegno a favore degli afghani, e degli iracheni, avrebbe dovuto produrre documentari e reportage, invece niente. In Afghanistan e in Iraq i giornalisti non stanno bene, sarà quello, ma poi si vede che non fanno notizia neppure le quotidiane stragi che continuano in Iraq o le vittime di guerra che cadono costanti in Afghanistan, scanditi ormai solo dalle agenzie.

In effetti si è già spento anche l'interesse per la Siria e ora che si sono zittite le trombe dei guerrafondai, umiliati dal fallimento su tutta la linea della war on terror, ben pochi hanno conservato interesse per la guerra al terrore, che pure ha solo cambiato brand espandendosi a numerosi altri paesi in maniera per nulla ufficiale, ma ugualmente letale. Manca la possibilità di strumentalizzare questi eventi in chiave interna, vista la "responsabile" adesione bipartisan alle due guerre, e non ci sono neppure le orde di potenziali profughi che costrinsero Frattini a sostenere Ben Alì e Gheddafi, preziose barriere contro i terribili migranti, prima di unirsi a chi li ha spazzati via. Una svolta a 180° conclusa con i nostri aerei a bombardare il leader libico pochi giorni dopo che il nostro ministro degli Esteri e il Presidente del Consiglio gli avevano espresso sostegno pubblicamente, un prezioso alleato contro la minaccia islamica e gli abbiamo dovuto sparare.

Più di dieci anni di politica estera fallimentare, di decisioni sbagliate persino nel rapporto con gli alleati, sono un motivo più che sufficiente per ignorare le guerre che in qualche maniera continuano a vederci corresponsabili e coprotagonisti, sperando di non doverci risvegliare un giorno e scoprire che all'improvviso che l'Afghanistan si è trasformato in una trappola per i "nostri ragazzi" o anche peggio. Un posto che è conosciuto con il soprannome di "tomba degli imperi", in teoria può sempre riservare qualche spiacevole sorpresa, ancora di più a una classe politica non si è mai distinta per una particolare lungimiranza e che in questi ultimi anni ha coltivato un totale disinteresse per il destino di quella triste missione.

Gino Pino | @mazzetta


Our forgotten war

The war in Afghanistan started officially on October the 7th 2001, less than two months after 9/11. The eleventh anniversary has gone under silence in our country, while elsewhere it has been removed altogether. Eleven years from the day of an invasion decided and done without any consent from the UN, which however on the 20th of December of the following year, with the country steadily in the hands of the Americans, has authorized with an ISAF resolution, a mission of support to the government of Afghanistan, which at that moment was non existent. The Americans put it there, choosing Hamid Karzai as a president and a series of outlaws and lords of war to help him.

Our country participates with 4.000 men to the ISAF mission and has lost about 50 of them. Even if the dead on the field are never too few, the result can be considered exceptional and mostly attributed to an absolutely defensive position of our troups, which according to many allies sources has been protected by corrupting possible enemies or anyone who had interest to shoot on our men. A common practice in the military, ours has always been safe, chasing Talebans has always been an American's job anyway.

Eleven years after the ISAF and the United States have widely overcome the time of Soviet occupation and project to get out, at least partially, only in 2014. The Soviets were out of there completely after 9 years, today Washington would like to leave in Afghanistan at least a few American bases and a government sensitive to its needs, at least formally. Today we have Karzai, who is ruling protected by the ISAF, the UN at the US after evident elections frauds, which have even been communicated by the sponsors. A government which lacs legitimacy and is extremely corrupt, with no base of consent outside the one guaranteed by the western protection and that with its exhibitionism has reinforced the popularity of talebans, which wait for foreigners to leave, and that will probably wait for a long time, but have positive hopes, unlike their enemies. Moreover, given that in eleven years the West has built almost no infrastructures, when Pakistan closed the transit on its territory, we discovered that making our troups exit from the North would be extremely expensive and wouldn't be doable until 2014. There hasn't been much done in Afghanistan, Rome for example had promised help to put together civilian and penal codes and a modern judiciary system, and has also invested quite some money in it, for nothing.

Our 4.000 men remain where they are, a sad tribute to the American deed, even sadder since it has been given generously by a Berlusconi who had statesman delirium searching for glory and a place in the shadow of Bush and Blair, which history tells us have behaved as frauds in order to bring the "willing" to Iraq. In those times many went out of their ways to sell us wars and had the awful habit of calling traitors or pacifictions those who posed any objections, and even Amnesty International ended up being criticized because it had estimated the deaths in Iraq at 50.000. They would have been many more.

Maybe it is for this reason that Afghanistan, as Iraq, is a black hole for our information, although during the years of occupation and of generous work for Afghani and Iraqi, some documentaries and reports should have been produced, but nothing. In Afghanistan and Iraq journalists don't sit well, maybe that's why, but it is obvious that not even the daily killings are a news anymore, even though they continue to happen, or the war victims that fall constantly in Afghanistan, and are signaled only by agencies.

Even the interest for Syria has boiled down and now that the trumpets of war are silent, humiliated on the entire line by the war on terror, very few still have an interest in it, even though it has only changed its brand by expanding to numerous other countries in a manner that is as unofficial as it is lethal. There is no possibility of strumentalizing these events in an internal key, given the responsible bipartisan choice to take part in the two wars, and there are no hords of potential refugees that constrained Frattini to sustain Ben Alì and Gheddafi, precious barriers against the terrible immigrants, before uniting to those who swiped them away. A 180° turn ended with our planes bombarding the Lybian leader a few days after our minister of Foreign affairs and the Premier had expressed public support, a precious ally against the Islamic threat, and we had to shoot him down.

More than ten years of failing foreign politics, wrong decisions even in the relationship with allies, are a more than sufficient reason to ignore wars that in some way continue to see us co-responsible and co-protagonists, hoping to not have to wake up one day and discover that Afghanistan has turned into a trap for our men or even worse. A place that is to this day known with the name of "Empire grave" in theory can still have some unpleasant surprise, even more for a political class that has never distinguished itself for a particular capacity of foresight and that during these last few years has cultivated a total disinterest for the destiny of that sad mission.

Gino Pino | @mazzetta

domenica 28 ottobre 2012

#Berlusconi condannato e la marmellata #Italia



La notizia è forte: l'ex Presidente del consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, on. Silvio Berlusconi, è stato condannato per frode fiscale nel processo relativo ai diritti televisivi Mediaset, alla pena detentiva di 4 anni e all'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Oppure no.

Di nuovo in campo, contro il pericolo della "democrazia giudiziaria" contro la "magistatocrazia". Non è finito. Il berlusconismo, ovvero quel sistema di comportamenti, quasi ideologici che ha contraddistinto gli ultimi vent'anni di questo paese, è vivo. Si contorce col suo numero migliore: urlare per la trattativa, quella sulla giustizia, la conosciamo da tutto un ventennio. Finirà, come tutti i fenomeni umani.

Ventennio, ritorna questo termine nella nostra storia, pesante, che ha visto il declino del nostro paese in molto ambiti e livelli, lo sanno tutti quelli che hanno avuto contatti con l'estero per tutto questo periodo. Questa para-ideologia era già presente in dose minori già nel paese, in alcune direi omeopatiche, mentre con la discesa in campo, che sta a Berlusconi come il il discorso del bivacco sta a Mussolini, il paragone non è sul credo politico di personaggi di tal guisa. Eppure entrambi hanno tratti in comune, come l'importanza data alla comunicazione, il primo con la costruzione di Cinecittà e la fondazione della Rai, il secondo con l'introduzione della tv privata nella televisione italiana.

Hanno fatto culto della propria persona e personalità, il primo autoproclamandosi Duce del Fascismo, il secondo arrivando a definirsi Unto del Signore, ma forse era una delle sue tante famose battute e barzellette. Il primo mostrava la sua potenza fisica, come nella battaglia del grano, il secondo mostrando la potenza della sua ricchezza.

Non sto affatto sostenendo che Berlusconi sia un fascista, nonostante non lo possa annoverare come un sincero democratico, eppure non ha portato una visione politica, ma più uno stile di vita, non rifondando lo stato, ma rifondando i consumi materiali e culturali. Il disprezzo della cultura, un forte laissez-faire nella moralità dei comportamenti pubblici, fomentando anche il fastidio verso istituzioni democratiche e formative.

Se prima eravamo un paese con crepe e rovine, adesso siamo una marmellata ed è dura uscire dal pantano. E' diventato stomachevole, eppure qualcuno, anzi di più, è ancora attirato dal suo dolce profumo, anche se la frutta scarseggia e di zucchero neanche l'ombra! A me non interessa vedere Berlusconi in galera, non ho certe questa pruderie, mi accontento di saperlo a casa, ovunque sia, senza però dimenticarlo, guai a farlo. A questo punto tocca iniziare a raccogliere il fango e tirarlo via, serve impegno e non servono illusioni o soluzioni facile. Si può fare. Però, mi chiedo, si vuole fare? Intanto, attenti dove mettete i piedi. 

Simone Corami | @psymonic


Berlusconi condemned and the Italian jam

The news is important: the ex Prime Minister of the Italian Republic, Honorable Silvio Berlusconi, has been condemned for fraud in the trial related to the Mediaset TV rights, to 4 years in prison and the interdiction from public offices for 5 years. Or not.

Again in the field, against the danger of "judiciary democracy", against the power of judges. He's not done. The berlusconism, which is that system of behaviors, almost ideological, that has characterized the last twenty years of this country, is still alive. It is making a show of its best performance: screaming for negotiation, the on on justice, we've known it for twenty years now. It will end, as all human phenomena.

Twenty years, this word in our history returns, heavy, the one that has seen the decline of our country in many fields and levels, everyone who have had contacts abroad during these years know it. This para-ideology was already present in smaller doses in the country, I'd say homeopathic doses, but with the return on the field, that describes Berlusconi as the speech on bivouac describes Mussolini, the comparison isn't on the political beliefs of characters of this type. And yet they both have common traits, as the importance given to communication, the first with the building of Cincittà and the foundation of RAI, the second with the introduction of private tv in Italian television.

They've made a cult of their own person and personality, the first by proclaiming himself Duce of Fascism, the second arriving to call himself the Chosen by the Lord, but maybe it was one of his many, famous jokes and puns. The first showed his physical strength, as in the battle of the wheat, the second by showing the power of his wealth.

I'm not saying that Berlusconi is fascist, although I cannot list him among the honest democrats, yet he hasn't brought a political vision, but a way of life, not refounding the State, but refounding the material and cultural habits. The disdain towards culture, a strong laissez-faire in the morality of public behavior, which also feed the impatiente toward democratic and formative institutions.

If before we were a country with cracks and ruins, now we're jam and it's hard to get out of the swamp. It's become disgusting, and yet someone, and more than one, is still attracted by its sweet aroma, even though the fruit is scarse and there's no sign of sugar! I'm not interested in seeing Berlusconi in jail, I don't have these kinds of desires, I'm happy to just know he's at home, anywherethat is, without forgetting about him. At this point we need to get the mud and take it away, we need hard work and no illusions or easy solutions. We can make it. But, I wonder, do we want to?

In the meanwhile, watch your step.

Simone Corami | @psymonic

sabato 27 ottobre 2012

Cerchi lavoro in una #startup? Stai sbagliando metodo!



Caro Intervistato,
è passato qualche tempo dall’ultima volta che ho scritto e, anche questa volta, ho qualcosa da raccontarti. Come forse sai già le startup tecnologiche sono un’ottima fonte di posti di lavoro.

Questo perché, come scrivevo l’altra volta, l’unico modo di aumentare il “prodotto” è assumere risorse (programmatori, ma anche market people), da inserire in tempi rapidissimi nell’azienda.

Parliamo di numeri: quando una startup viene finanziata, gli investitori si aspettano il famoso “10x in 5 anni”. Ovvero decuplicare il valore aziendale in un solo lustro. Chiaramente questa gente non è scema, investe solo in business molto promettenti e dai ritmi di crescita vertiginosi, “facendo le pulci” anche al più completo e complesso dei business plan. E in ogni business plan serio c’è un piano dedicato all’assunzione delle risorse, i loro compensi, i loro aumenti. Si devono prevedere anche i premi produzione e le stock options: non esce un solo euro se prima non è stato scritto lì dentro!

Certamente sai già che il principale nemico di una startup è il “cash burn”: quando si deve crescere così in fretta ci si ritrova con il conto in banca pieno (tanto cash, chiaramente degli investitori) e un recipiente di buoni clienti, paganti e contenti di esserlo, pressoché vuoto. L’alchimia che trasforma il denaro dei venture capital in clienti remunerativi è un processo magico, complesso, fatto di alti e bassi. Riuscirci equivale alla parola “successo”.

Ora torniamo a noi: per fare un bel 10x non basta certo essere i due founder della prima ora, ancora in garage a fare la muffa su tastiera e mouse! Occorre costantemente assumere personale, nei più disparati ruoli: si cercano programmatori (junior, middle, senior) esperti in qualsiasi linguaggio (ok, non proprio tutti, principalmente linguaggi open), ma anche ragazzi per fare un po’ di commerciale “cappa e spada”, persone per il customer care e perfino risorse per contabilità e gestione dell’ufficio.

Il problema, enorme, è quanto costa trovare (ancor prima che assumere) le risorse necessarie!
Oggi pubblicare un annuncio e “farlo girare” costa cifre fuori dalla portata di moltissime startup, si parte da una mensilità da corrispondere al bravo headhunter, a svariate centinaia di euro per ciascun annuncio (che tra l’altro non garantisce il successo dell’operazione).
A questo devi aggiungere la tempestività dell’operazione: per fare il 10x il 5 anni si deve correre veloci, anzi velocissimi, si sente il ticchettio della bomba che esploderà alla deadline che ti hanno imposto i finanziatori!

Questo significa che non ci sono tempo e risorse per scrivere una bella pagina di “career opportunities”, con i leccatissimi video che possono vantare le multinazionali più in voga del momento.

Da noi si combatte, si guadagnano i gradi sul campo, se uno junior entra e sa fare le cose bene, si trova proiettato in prima linea sulle parti vitali del prodotto, imparando molto più velocemente che in qualsiasi altra società di stampo classico.
E poi si viene a lavorare in pantaloncini (non c’è tempo per decidere l’etichetta da tenere), difficilmente si hanno colleghi che abbiano più di trent’anni e gli investitori trattano tutti con rispetto, interesse e fiducia.

Quindi, cosa si deve fare per lavorare una startup? Poche, semplici cose:

  • Scordarsi i soliti “siti dove si trova lavoro”. Gli startupper non mettono lì i loro annunci.
  • Cercare tutte le startup interessanti sui siti dei fondi venture, o nei “soliti gruppi” su Facebook e nella top ten dell’App Store
  • Visitare e studiare il sito della startup, capire cosa fanno, capire se si può essere -realmente- utili. Non c’è tempo per scaldare sedie!
  • Preparare la più corta lettera di presentazione della storia, scrivere in due righe perché si dovrebbe essere assunti (perché da piccolo giocavo sempre con i lego!)
  • Indicare i profili Linkedin, Twitter e se ci sono a Deviant, Flickr, Youtube
  • Rispondere all’email entro secondi (ok minuti) e non ore


Il risultato? Tutto velocissimo anche qui: stretta di mano, firma del contratto e si comincia il giorno dopo (se non la sera stessa).

Stefano Pepe | @jimmy3dita


Looking for a job in a startup? You're doing it wrong


Dear Intervistato,

it's been a while since the last time I wrote and this time I have something to tell you. As you probably already know, technological startups are a great source of jobs.

This is because, as I wrote the last time, the only way to increase the "product" is to hire resources (programmers, but also market people) to insert in the company fast.

Let's talk about numbers: when a startup is financed, the investors expect the famous "10x in 5 years". Which means to increase the value of the company tenfold in only 5 years. Clearly these people aren't stupid, they invest only in very promising businesses and that have incredible growth rates, criticizing even the most complete and complex of business plans. And in every business plan that deserves that name there is a plan dedicated to hiring resources, their compensations and their raises. You must also think about the production bonuses and the stock options: not a single cent is given away if it's not written in there!

Of course you already know that the main enemy of a startup is the cash burn: when you need to grow so fast, you find yourself with a full bank account (a lot of cash from investors) and a group of good clients, paying and glad to do so, which is very scarce. The alchemy that transforms the venture capital money in paying clients is a magical, complex process, made of highs and lows. Making it means success.

Now back to us: to manage a 10x it's not enough to be two founders of the classical type, still in their garage rotting on keyboard and mouse! You need to constantly hire people, in the most various roles: programmers (junior, middle, senior) experts in any language (ok, not everyone, but mostly open languages), but also people that can take care of the commercial part, people for customer care and even people for administration and management.

The huge problem is how much it costs to find (even before hiring) the necessary resources! Today publishing an ad and making it circulate is extremely expensive, and out of the reach of many startups, and it doesn't even guarantee the success of the operation. To this you must also add the tempestivity of the operation: to make 10x in 5 years you must run fast, very fast, you can hear the ticking of the bomb that will explode at the deadline your financers have set for you.

This means you don't have the time and resources to write a nice "career opportunities" page, with the shining videos that many multinationals can be proud of at the moment.

Here you must fight, earn your grades on the field, if a junior gets in and does the things right, he can find himself projected in first line on the vital parts of the product, learning much faster than in any company of classic type.
And you can come to work in shorts (there's no time to decide the dress code), you hardly have colleagues that are older than 30 and the investors treat everyone with respect, interest and trust.

So, what do you need to do in order to work for a startup? Just a few, simple thing:

  • Forget about the usual "job finding website". Startuppers don't put their ads there!
  • Look up all the interesting startups on venture websites, or in the usual groups on Facebook and the App store top ten
  • Visit and study the website of the startup, understand what they do, understand if you can be really useful, there's no time to warm the chair
  • prepare the shortest presentation letter in history, write in two lines why you should be hired (because as a kid I always played with Legos)
  • Indicate your Linkedin, Twitter and, where available, your Deviant, Flickr and YouTube profiles
  • Answer to the email in a matter of seconds (alright, minutes), not hours


The result? Everything very fast: handshake, contract signing and you can start the following day, if not the same evening.

L'#Opinionedeifatti: Verba volant, scripta cadunt



Riflessioni ad alto tasso di THC: io me li immagino quelli che stanno lavorando al Ddl Diffamazione.
Dannati blogger! Li dobbiamo fermare! Quelli sono tanti, scrivono in continuazione, imbrattano ogni angolo del web con le loro riflessioni reazionarie, le loro ricerche, i loro articoli che in pochi secondi ci sputtanano su tutta la rete. 

Bisogna impedirglielo, bisogna intimorirli, bisogna fargli passare la voglia. Come facciamo? Multiamoli! Minacciamo multe per decine di migliaia di euro, anzi, facciamo 100.000 euro di multa tondi tondi, un bel numero altisonante che li terrorizzi come un 11 settembre. Ma quelli poi non hanno i soldi, son tutti poveracci precari che a stento raggiungono la fine del mese.

E se non pagano? Se non pagano li mandiamo in galera! Ma sono tantissimi! Le carceri scoppiano già, dove li mettiamo? Giusto! Allora gli diamo gli arresti domiciliari. Ma non abbiamo i soldi per pagare le guardie, chi ci sta lì a fare picchetto? Bella domanda. Usiamo un qualche sistema elettronico. Non abbiamo una tecnologia del genere, i ricercatori sono tutti scappati all'estero e non abbiamo i soldi per comprare la tecnologia dagli Stati Uniti o dal Giappone.

E comunque, una volta che restano a casa, possono passare ancora più tempo attaccati al PC per scrivere sui loro blog, non avremmo risolto niente. Cristo! E allora togliamogli l'accesso a internet! Inutile, l'etere è pieno di segnali wireless, potrebbero collegarsi a internet usando la connessione di qualcun altro! Ok, allora togliamogli i PC! Figurati, quelli hanno l'iPhone. Ma non erano dei poveracci? Sì, ma i soldi per l'iPhone li trovano. Allora togliamogli anche l'iPhone.

E se questi non vivono da soli? Se stanno ancora a casa coi genitori? Se condividono l'appartamento con altre persone? Non possiamo prendere tutti i PC e tutti gli iPhone che hanno dentro una casa. Sì che possiamo, siamo il Parlamento, facciamo le leggi come cazzo ci pare, no? E no! Perché poi ci andrebbero di mezzo anche gli innocenti, e come lo spieghiamo alla comunità internazionale? Che ci importa della comunità internazionale? Forse che la Cina si mette a dare spiegazioni a qualcuno per quello che fa? No, non gliele dà, ma la Cina è la Cina, quelli fanno 10% di PIL ogni anno, noi no.

Poi i Mercati si sfiduciano, crollano le vendite di PC e iPhone e siamo al punto di partenza. Reintroduciamo la pena di morte! Sì, vabé, come no. Signori, è tardi, che ne dite se andiamo a fare un aperitivo? Aperitivo! Aperitivo! Aperitivo! Ok, tutti d'accordo, ai blogger ci pensiamo un'altra volta.

Lo spettro della censura sui blog aleggia da quando i blog esistono, eppure siamo ancora qui a scrivere, forse perché qualcuno, alla fine, si è sempre reso conto che impedire ad un blogger di fare il blogger è fattibile, ma impedirlo a tutti è del tutto impossibile. Quello che infastidisce è che in un Paese come l'Italia, nel 2012, si continui a vedere un problema non in chi il problema lo causa, ma in chi lo denuncia, perché le parole continuano a ledere l'onore più di quanto non lo faccia compiere un reato. Allora la soluzione quale diventa? Trasformare la parola in un reato.

Come riuscirci? Aspetto di scoprirlo.
Intanto siamo tutti liberi di avere la nostra opinione e di tenercela per noi.

Grazie, Onorevoli.

Gaspare Bitetto | @waxenit


Verba volant, scripta cadunt

I try to imagine those who work at the DDL Defamation.

Damned bloggers! We need to stop them! They're many, they write constantly write, they fill every corner of the web with their reactionary articles, their researches, their posts that in a few seconds make us look stupid on the entire web.

We need to keep them from writing, we need to frighten them, eliminate that desire in them. How do we do it? Let's fine them! Let's threaten fines for tens of thousands of euro, let's make it 100.000 euro, nice and round, a nice big number that terrorizes them like 9/11. But they don't have the money, they're all poor workers who barely make it to the end of the month.

What if they don't pay? If they don't pay we'll send them to jail! But they're so many! Prisons already spill out, where are we going to put them? Right! Well, in that case let's give them house arrest! But we don't have enough money to pay the guards, who's going to control them? Good question. Let's use some electronic system. We don't have the technology, the researchers have all gone abroad and we don't have the money to buy the technology from the USA or Japan.

And anyway, once they're at home, they can spend even more time at the computer to write on their blogs, and we wouldn't have solved anything. Damn! Then let's take Internet away from them! It's useless, the air is full of wireless signals, they could connect to the Internet by using someone else's connection. Ok, then let's take their computers away from them! Yeah, right, they all have iPhones. But weren't they poor? Yes, but they manage to find the money for the iPhone. Then let's take the iPhone away from them as well.

What if they don't live alone? What if they still live with their parents? What if they share the apartment with other people? We can't take away all the computers and iPhones inside a home. Yes we can, we're the Parliament, we write the law as we like it, right? Well, no! Because the innocent would also be damaged, and then how do we explain it to the international community? What do we care about the international community? Perhaps China gives explanations to someone about what happens inside the country? No, they don't, but China is China, those actually manage to make a 10% growth on their GIP every year, we don't.

Then the markets panic, the computer and iPhones sales collapse and we're at the starting point all over again. Let's reintroduce the death penalty! Yeah, right, whatever. Gentlement, it's late, why don't we go have some drinks? Drinks! Drinks! Drinks! Ok, we're all set, we'll think about bloggers some other time.

The ghost of blog censorship has existed since the blogs were born, and yet we're all still here writing, perhaps because someone in the end has always realised that keeping a blogger from being a blogger is doable, but doing it to each and every one is absolutely impossible. What is very annoying is that in a country like Italy, in 2012, they still continue to see a problem not in those who cause a problem, but in those who talk about it, because words continue to damage honor more than any crime. Then what is the solution? Transforming words into crime.

How to do it? I'm still waiting to find out.
In the meanwhile we're all free to have our opinions and keep them for ourselves.

Thank you, Honorables.

Gaspare Bitetto | @waxenit

venerdì 26 ottobre 2012

10minuticon Emma D'aquino



Qualche giorno fa abbiamo fatto una breve intervista con Emma D'aquino, giornalista e anchorwoman di Rai1.


In primo luogo abbiamo chiesto ad Emma quanto si tenga conto, nel mondo dell'informazione a larga diffusione, dei commenti e dei suggerimenti che arrivano dai social network, e se questi ultimi non vengano visti semplicemente come un ulteriore canale di broadcast: se il pezzo è di cronaca, i commenti non vengono presi in considerazione. Se invece si tratta di un pezzo di approfondimento, allora sì, ma dipende chiaramente dal tempo e dallo spazio che si ha a disposizione. Il lavoro del giornalista deve tener conto anche di questo aspetto.

Abbiamo chiesto ad Emma se è d'accordo con le politiche interne della Rai: a suo avviso quella delle pressioni politiche è una vecchia storia, ma del resto ci sono sempre state e ci sono dappertutto. Si ritiene comunque fiduciosa riguardo al nuovo CDA, che ha cominciato a fare molto bene il proprio lavoro.

Un'altra domanda riguardava l'importanza che ha il fatto che una notizia stuzzichi la morbosità popolare nella scelta della news agenda: Emma ha spiegato che questa moda della cronaca morbosa è iniziata con il delitto di Cogne e si è sviluppata con pezzi fatti e rifatti anche quando i particolari sono pochi. Purtroppo la notizia deve stuzzicare l'immaginario dell'audience, anche se non si tratta di cronaca: Emma ha fatto l'esempio delle fotografie in topless di Kate Middleton, che hanno occupato ampio spazio nei TG nei giorni successivi alla pubblicazione della notizia.

Emma ha specificato che, come tutte le televisioni e i giornali, anche la RAI tiene conto dell'audience, e in particolare del numero di persone che si sintonizzano con il TG all'ora in cui va in onda. La cronaca purtroppo ha comunque uno share molto alto, e quando una notizia "tira" non si può non parlarne. Certo, vengono così soddisfatte le richieste dei telespettatori, che vogliono vedere, sentire e leggere quel genere di notizie, ma per fortuna non si tiene conto solo di quell'aspetto, e il TG affronta tematiche molto più ampie.

Per quanto concerne l'integrazione tra nuovi e vecchi media, secondo Emma si tratta di uno scenario possibile. Ormai si fa già, in un certo senso, quando si segue un evento con i nuovi mezzi e tecnologie. I contenuti generati dagli ascoltatori vengono assorbiti ed integrati in alcuni pezzi, ma certamente si potrebbe fare di più e rendere la televisione ancora più interattiva.

Molto spesso il giornalismo è visto come una professione difficile ed elitaria, in quanto non permette facilmente di mantenersi a coloro che la scelgono come unica occupazione. Attira moltissimi giovani, ma la crisi economica, mondiale e dei giornali incide molto poi sulla ricerca e la disponibilità effettiva di posti di lavoro. Emma tuttavia non se la sente di scoraggiare chi vuole intraprendere questa strada, al contrario. A suo avviso bisogna seguire le proprie inclinazioni e i propri sogni, senza tener conto dei commenti pessimistici.

Un'altra domanda fatta ad Emma riguarda la cura che si ha per la sezione Esteri ed Economia, a partire dalla disposizione delle sezioni all'interno dei giornali. Abbiamo chiesto se a suo avviso la percezione che gli italiani hanno della situazione politica ed economica europea è omogenea a quella di altri cittadini europei. Secondo Emma si parla invece moltissimo di economia, ma chiaramente se un TG dura 29 minuti, bisogna dividerlo e dedicare più spazio a una notizia piuttosto che a un'altra. In questo modo i pezzi di politica estera sono 1, 2 al massimo. Ci sono anche periodi in cui queste ripartizioni saltano, come eventi eccezionali di grande rilevanza come l'attentato alle Torri Gemelle o la morte di Saddam.

In chiusura abbiamo parlato dell'esodo dei giornalisti dalla Rai: Emma ci ha confessato di sperare sempre che il posto ci sia, e che non ci sia alcun esodo, in quanto comunque si tratta di una sconfitta. Chi sceglie di allontanarsi per trovare spazio altrove è liberissimo di farlo, ed è giusto che possa farlo con serenità, se pensa di poter fare meglio in modo diverso da un'altra parte.

Vi invito naturalmente a visionare l'intervista integrale, molto più ricca di questa mia breve sintesi.

Buona visione!

Maria Petrescu | @sednonsatiata


10minuteswith Emma D'aquino

Firstly we asked Emma what the consideration is, in the world of massmedia information, of the comments and suggestions from social networks, and whether these are only seen as just another broadcasting channel. If it's news, then comments aren't considered. If it's a report, then yes, but it depends on the time and space available. The journalist must take that as well into account when preparing pieces.

We asked Emma whether she agrees with RAI's internal politics: she believes that the political pressures are an old story, but they have always been there and always will be. She trusts the new Administration Council to do some good work, since they have started so well.

Another question regards the relevance of the morbidity of the news in the choice of the news agenda: Emma explained that the fashion of morbid news has started with the Cogne crime, and continued with articles and shows done and redone even when the details were only a few. Unfortunately the news must excite the immagination of the audience, even when it's not crimes: Emma made the example of Kate Middleton's topless pictures, that have occupied the TG in the days following the publication of the news.

Emma specified that, as all newspapers and televisions, RAI takes audience into account, and in particular the number of people who synthonize on the TG when it goes on air. Crime always gets a high share, and when a piece of news is hot you can't ignore it. Of course, this is how you satisfy the viewers' requests, who want to see, hear and read that kind of news, but fortunately that's not the only thing that is taken into account, and the TG tackles much wider topics.

As for the integration of new and old media, Emma believes it's a possible scenario. It is already being done, in a certain way, when an even is covered thanks to new means and technologies. The contents generated by the audience are absorbed and integrated in some pieces, but much more could be done to make the television even more interactive.

Very often journalism is seen as a difficult and elitary profession, because it doesn't allow those who choose it as their only job to maintain themselves. It attracts many young people, but the economic crisis has a great influence on the real availability of jobs. She doesn't feel like discouraging those who want to start on this path, all the contrary. She believes one must follow their inclinations and dreams, without thinking about the pessimistic comments.

Another question we asked Emma regards the Foreign Affairs and Economy sections, starting from the disposition of the sections themselves inside newspapers. We asked whether the perception Italians have of the economic and political situation in Europe is the same other EU citizens have. Emma believes these topics are very well covered, but if a TG lasts 29 minutes, you need to divide the time and dedicate more or less space to one news or the other. This way the foreign politics pieces are one, maybe two. There are also times when these divisions aren't valid anymore, like 9/11 and Saddam's death.

Finally we talked about the exodus of journalists from Rai: Emma confessed she hopes that there will be space for everyone, and that there won't be any exodus, because it always means defeat. Those who decide to go away and find space elsewhere are free to do so, and it is right that they can do it with serenity, if they think they can do better differently somewhere else.

I invite you to view the full interview, much richer than my brief synthesis.

Enjoy!

Maria Petrescu | @sednonsatiata

▼ Leggi i migliori della settimana

2