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Berlusconi: "Presidente della Convenzione? Solo una battuta". Come quando prometteva un milione di posti di lavoro ed il rimborso dell'IMU.
— Il Triste Mietitore (@TristeMietitore) 08 maggio 2013
sabato 20 ottobre 2012
L'#Opinionedeifatti: Una risata vi riseppellirà
Riflessioni ad alto tasso di THC: la satira ci ha rotto i coglioni. Lo so, è un'affermazione audace e probabilmente non siete pronti ad accettarla, ma è giusto che facciate uno sforzo e diate libero sfogo al vostro inconscio che scalpita ogni volta che, aprendo un social network, vi ritrovate la dashboard intasata di "battute" ispirate all'ultimo articolo di Repubblica.
Il problema non è nella satira in sé (che, per fortuna, è sempre stata la luce di speranza in fondo al tunnel delle nostre frustrazioni) quanto del fatto che ormai, da qualche anno a questa parte, chiunque si sia convinto di avere la stoffa dell'autore satirico, solo perché colleziona sparute manciate di like da altri battutari del settimo giorno. Come se la satira scritta come Cristo comanda non richiedesse più impegno di una cazzata raccontata tra amici al bar, all'ora dell'aperitivo.
D'altra parte, in Italia, è sempre andata così. Se si tratta di calcio sono tutti allenatori, se si tratta di regate sono tutti esperti di spinnaker, se si tratta di cucina sono tutti in possesso di almeno una stella Michelin e se si tratta di sesso sono tutti Rocco Siffredi. A parole. Certo, ogni tanto qualcuno emerge dalla massa, ma il rumore di fondo è diventato così alto che presto soppianterà Radio Maria dentro forni e citofoni ed elettrodomestici vari.
La "satira" è stata la moda del momento, l'hobby a costo zero di migliaia di persone, un modo come un altro per bullarsi con gli amici; sostanzialmente una zuppa sciapa e riscaldata senza più il sapore del "Bollito misto con mostarda" che si gustava una volta. Ed alla fine, gli unici a guadagnarne sono proprio i bersagli che la satira dovrebbe colpire. Mentre una volta il "nemico" - reale o fantomatico che fosse - era noto a tutti (sì, sto parlando di Berlusconi), dopo la sua uscita di scena, l'enorme massa di barzellettieri 2.0 si è ritrovata di fronte all'ancora più enorme interrogativo: "E adesso?". Giusto! E adesso? Chi è il nemico? Chi ha il potere? Chi è che bisogna combattere? Di chi bisogna denunciare i soprusi? Monti? Le banche? L'Europa? E se si tratta davvero di loro, perché?
Ecco il secondo enorme interrogativo: "Perché?". Bisognerebbe informarsi. Era tutto più facile quando Brunetta era basso, Bossi sputava, La Minetti stava meglio senza t-shirt e Veltroni continuava a ripetere "ma anche". Ma informarsi richiede tempo, impegno, ed una visione d'insieme dei fatti che non si addice affatto all'ora dell'aperitivo, tra uno spritz, un negroni, ed un'occhiata al perizoma della cameriera. Cari amici della battuta, è arrivato il Game Over.
Sperabilmente, adesso che lo scenario è cambiato, le orde di neo-satirici che girano disorientati tra l'homepage del Fatto Quotidiano e del Corriere della Sera finiranno per estinguersi, facendo la fine degli zombie all'arrivo dell'alba: deperiranno, moriranno di fame, e spariranno per sempre. Nel dubbio, se dovesse capitarvi di incontrarne qualcuno in giro, siate cortesi: piantategli una pallottola in fronte.
Ridere meno per ridere meglio. Sarebbe bello. Perché in fondo, signori miei: "non c'è proprio un cazzo da ridere".
Gaspare Bitetto | @waxenit
Photo credit: Art space "El Podium"
One laugh will bury you again
We've had enough of satire. I know, it's a bold statement and you probably aren't ready to accept it, but it's right that you make this effort and give voice to you subconsciuous that suffers every time you find your timeline filled with "jokes" inspired by the last article of Repubblica.
The problem isn't satire per se (fortunately it has been the flickering light of hope at the end of our frustrations) but the fact that, for the last few years, anyone has become convinced they are satiric authors just because they collect a few likes from other jokers of the seventh day. As if satire well written didn't require more effort than some joke told with friends at the bar, when it's time for a beer.
On the other side, in Italy, it's always been like this. If it's soccer everyone's a trainer, if it's yachting everyone's a spinnaker expert, if it's cooking, then everyone has at least one Michelin star, and if it's sex then everyone's Rocco Siffredi. In words. Of course, every now and then someone emerges from the mass, but the noise has become so high that it will soon replace Radio Maria inside ovens and intercoms and various domestic appliances.
"Satire" has been the fashion of the moment, the free hobby for thousands, a way like any other to have fun with friends; in essence a bland, reheated soup, without the flavor of the boiled meat with mustard that we used to taste. And in the end, the only ones who had an advantage are the targets that satire should hit. If once the "enemy" - real or not - was known to everyone (yes, I'm talking about Berlusconi), after his exit the enourmous mass of 2.0 jokers has found itself facing the even bigger question: "And now?". Right! And now? Who'ss the enemy? Who has the power? Who is it that we must fight? Whose abuses do we need to denounce? Monti? Banks? Europe? And if it's all of them, then why?
And here's the second big question: "Why?". We should get informed. Everything was easier when Brunetta was short, Bossi spitted, Minetti was better without a t-shirt and Veltroni kept repeating "but also". But information requires time, effort, and a complexive vision of the facts that doesn't work well with the happy hour, between a spritz and a look at the server's underwear. Dear friends of the gag, it's Game Over.
Hopefully, now that the scenario has changed, hords of neo-satiric writers that wander disoriented between the homepage of Il Fatto Quotidiano and Corriere della Sera will end up being extinct, just like zombies at dawn: they will perish, starve, and disappear forever. Just to be sure, if you happen to find one wandering around, be nice: shoot them between the eyes.
Laugh less to laugh better. It would be nice. Because in the end, "there really nothing to laugh about".
Gaspare Bitetto | @waxenit
Photo credit: Art space "El Podium"
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