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giovedì 25 ottobre 2012
#Mafia: da Cosa Nostra di #Falcone alla 'ndrangheta in #Lombardia
Quando mi sono approcciato per la prima volta a fatti e storie di mafia, l’ho fatto raccogliendo la testimonianza di un imprenditore che, nei primi anni ’90, aveva denunciato i suoi aguzzini in un paese di provincia della Lombardia. Doveva essere il 2008, ma ero ben cosciente di non stare a scoperchiare niente di nuovo.
Erano quelli momenti dove la mafia al nord non era tema di dibattito e schermaglie, anzi, alcuni colleghi che se ne occupavano da tempo spesso venivano indicati come persone che “vedevano mafia ovunque”. Due anni dopo quel 2008, nel luglio del 2010, tra Reggio Calabria e Milano partono gli arresti dell’operazione “Crimine-Infinito”. Sono 300 persone a finire nell’ordinanza delle procure di Reggio e Milano, di cui più della metà verranno arrestate in Lombardia.
Da lì, il tema diventa di attualità e tutti, eccetto qualcuno anche a fini elettorali, sono pronti a denunciare la mafia al nord. Si scopre una mafia che non è solo coppole e lupare, ma una mafia che si mette il vestito della domenica e va a fare affari, sui cantieri, a Piazza Affari e anche alla City di Londra.
Nemmeno questa potrebbe essere considerata una novità, dal momento che Giovanni Falcone già parlava di “mafia che entra in borsa”, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 e che, tornando ancora più indietro nel tempo troviamo le agendine di Luciano Leggio, la primula rossa di Corleone. Arrestato a Milano il 16 maggio del 1974 nelle sue agendine viene ritrovato il numero privato di Ugo de Luca, direttore generale del Banco di Milano. Scrive Alfio Caruso nella bella prefazione al mio ultimo eBook “Virus mafia; il contagio al nord” (Linkiesta) “De Luca era un siciliano con un piede nella curia e un altro nella massoneria. Aveva conosciuto Sindona e l’aveva seguito alla Banca Unione prima di mettersi in proprio. A De Luca furono trovati diversi libretti al portatore con decine di miliardi, ma lui mai svelò i titolari. Fu l’ennesima occasione persa, che poi costringerà a ricominciare daccapo”.
Proprio da quel “ricominciare daccapo” e dalle esperienze dei due eBook che ho pubblicato quest’anno sul tema mi piacerebbe concentrare questo intervento. Con una premessa, che forse farà storcere il naso a qualcuno, ovvero la definizione di “giornalismo antimafia”. Una definizione che a parer mio non ha ragione di esistere, perché se una cosa è giornalismo, è automatico che sia “antimafia”, se promuove “interessi altri”, non può che essere propaganda, peggio ancora se promuove interessi di lobbies mafiose.
Partiti da questo assunto, il lavoro che ho portato avanti in quest’anno è stato interessante sia come esperienza professionale, sia come esperienza personale. Un lavoro prima di tutto improntato al rigore nella ricostruzione di atti e fatti, e proseguito poi cercando delle risposte, delle soluzioni e delle proposte.
Dalla ricostruzione di atti e fatti, meglio di fattacci, è nata l’inchiesta sulla mafia in Lombardia, che Linkiesta ha pubblicato in sei puntate e finita nell’eBook “Virus mafia; il contagio al nord”, con altre puntate in altre regioni.
Dall’esigenza di avere risposte e soprattutto proposte in un periodo in cui tutto si distrugge, ma nulla si ricostruisce è nato invece un altro eBook-interviste “Antimafia senza divisa”, uscito nel dicembre 2011 per la casa editrice digitale Blonk.
Aver fatto un lavoro di analisi (con tanto di nomi, cognomi e circostanze spesso imbarazzanti per i coinvolti) e un tentativo di proposta, senza retoriche, da parte di persone che in qualche modo sono venuti a contatto con le mafie, mi ha permesso di avere una visione d’insieme che ancora una volta mi ricorda le parole di Giovanni Falcone. Parole con cui sono d’accordo a metà, come ho avuto modo di dire più volte. Una frase che tutti ricordano nella prima parte, perchè la più bella, la più utopica forse, ma dimenticano sempre la seconda, quella che impegna maggiormente.
«La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni».
Ecco, io non credo che un fenomeno come la mafia abbia fine prima che l’essere umano sparisca dalla faccia della terra, ma è indiscutibile che qualcuno non si sia ancora accorto che questa mafia sia un “fenomeno terribilmente grave”. Forse questa sensibilità è più sviluppata tra quegli “inermi cittadini” che dalla loro hanno l’arma della denuncia e poco altro. Da loro, quindi da noi, non ci vogliono atti di eroismo, ma solleciti a chi nega il problema, lo minimizza e alle istituzioni, che troppe volte, soprattutto quelle più legate alla politica hanno preferito girarsi dall’altra parte, ignorare, o, al peggio andare a cercare l’appoggio della mafia senza bisogno che questa si muovesse nei loro confronti. A sud come a nord. Una mafia che spesso viene riconosciuta dalla politica, anzi, dalla malapolitica (da quella del paesino di 100 abitanti fino a Roma) come una istituzione a cui rivolgersi per sistemare voti e problemi. Senza contare gli atti e fatti della Pubblica Amministrazione troppo spesso inquinati da chi nelle istituzioni fa interessi delle mafie. Dai sindaci ai funzionari negli uffici tecnici, lontani dai riflettori, ma cruciali per le buone o cattive pratiche delle istituzioni locali.
Luca Rinaldi | @lucarinaldi
From Falcone's Cosa Nostra to the 'ndrangheta in Lombardy
When I first approached facts and stories of mafia, I did it by listening to the words of an entrepreneur who, in the early 90s, had pressed charges against those who terrorized him in a small town in Lombardia. It was probably 2008, but I was aware that I wasn't unveiling anything new.
Those were moments when the mafia in the north wasn't a topic of debate, all the contrary, some colleagues who worked in this field for some time were pointed out as people who "saw mafia everywhere". Two years after that 2008, in July 2010, between Reggio Calabria and Milano the arrests of the operation "Infinite-Crime" begin. 300 people end up in the warrants, and more than half are arrested in Lombardy.
Starting there, the topic becomes common knowledge and everyone, except some for elections reasons, are ready to speak about the mafia in the north. So we discovered a mafia that isn't just guns and rifles, it's a mafia that wears the Sunday clothes and does business, in construction sites, at Piazza Affari and the City of London.
This shouldn't be considered news either, considered that Giovanni Flacone already talked about mafia that goes into the stock markets, between the 80s and the 90s, and that going back in time we find Luciano Leggio's agendas, Corleone's red primula.
Arrested in Milan on May the 16th 1974, in his notes the police found the private number of Ugo de Luca, General Director of the Bank of Milan. Alfio Caruso writes in the nice introduction to my most recent eBook "Mafia Virus; the contamination in the north" (Linkiesta): "De Luca was a Sicilian with one foot in the Church and the other in the Masonry. He had known Sindona and had followed him at the Union Bank before starting business on his own. De Luca was found with several checks worth dozens of billions, but he never revealed their owners. It was yet another lost chance, that will then constrain to start all over again.
Exactly from that "start all over again" and from the experience of the two eBooks I published this year on the topic I would like to concentrate this piece. With an introduction, that may make someone unhappy, which is the definition of anti mafia journalism. A definition that I believe has no reason to exist, because if something is journalism, then it is already anti mafia, if it promotes third party interests then it is nothing else but propaganda, even worse if it promotes the interests of the mafia lobbies.
Starting with this consideration, the work I've been doing this year has been interesting both as a professional experience and a personal experience. A work that was first of all dedicated to the rigor and precision in reconstructing acts and facts, and that continued afterwards searching for answers, solutions and proposals.
Luca Rinaldi | @lucarinaldi
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