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venerdì 5 ottobre 2012
#OpenData: la rivoluzione degli hacker civici è alle porte
Ci sono state molte cose, in questo mese passato, che mi hanno fatto riflettere. Ho visto le amministrazioni spostarsi da un modello tipicamente non conversazionale all’adozione di meccanismi propri di una democrazia quasi diretta; di cosa parlo? Ma di open data, naturalmente.
Gli open data, che forse non tutti potrebbero conoscere come paradigma, sono dati resi disponibili da un ente, a tutti, senza alcun tipo di barriera, in formati particolarmente facili da “scannerizzare” per un informatico che provi a farlo attraverso un programma scritto da lui stesso. Non è difficile quindi immaginare il passo ulteriore dopo l’apertura dei dati: la scrittura di applicazioni che facciano uso degli stessi, per permettere al cittadino, all’uomo della strada, al contribuente, di usufruire di tali dati in maniera democratica e peer to peer, dato che l’applicazione è stata scritta da “un suo pari”, e non dall’amministrazione di turno.
Questa violazione del principio del Rasoio di Hockam consente all’amministrazione di non avere il completo controllo su un’infrastruttura formata anche da altre parti civili (i developer, e i fruitori, due figure che non coincidono spesso), e di concedere al cittadino una sorta di “controllo delle fonti” come non era mai accaduto prima. Da questo punto in poi, quindi, entrano in gioco come da titolo gli hacker civici: costoro sono una categoria in cui da poco tempo (e per piccoli meriti, a dire il vero) mi colloco anch’io; sono persone che hanno un’ottica verso i dati decisamente più “da nerd” dei fruitori usuali, e per questo fanno parte di un esercito di nuove figure di cui la cittadinanza ha bisogno.
Possiamo dire infatti che gli hacker civici, in tempi come questi, sono dei supereroi (ancora abbastanza in borghese) della democrazia in quanto sfruttano ciò che viene messo a disposizione dalle pubbliche amministrazioni, in toto, sotto forma di dati, e forniscono al cittadino attraverso applicazioni che facciano vedere dove finiscono i soldi del contribuente, o come vengono effettuati, chessò, gli interventi tramite ambulanza dagli ospedali di zona, un metro di giudizio assolutamente superiore per valutare l’operato di un politico, di un amministratore.
Ovviamente, si può mettere in dubbio tutto ciò di cui sopra, con una semplice affermazione: “Certo che, se le amministrazioni osteggiassero l’hacker civico non fornendogli dati, allora costui non avrebbe più frecce al suo arco” - ebbene, certamente è vero che gli hacker civici senza open data sono come un supereroe senza i suoi superpoteri, ma è altrettanto vero che le amministrazioni hanno cominciato a farsi belle dell’apertura dei dati, dato che in questi anni anche il cittadino medio ha potuto comprendere che cosa significhi avere un repository di open data accessibile (magari attraverso una API), quindi sia gli hacker che i cittadini “normali”, i fruitori, hanno avanzato richieste in questo campo.
E allora via, via al circolo virtuoso; già oggi gli hacker civici sono all’opera su milioni di dataset. Ma non basta. Bisogna richiedere ancora più dataset, e sensibilizzare gli hacker già esistenti che ancora non si applicano a questo settore, affinché diventino a loro volta hacker civici: è una nuova frontiera dell’hacking politico, nel senso più squisito del termine, cioè l’hacking della propria “polis”. Perché grazie agli open data è possibile trovare ciò che non va e applicarsi per migliorare le criticità, tutti insieme.
In fondo è facile: basta vedere cosa abbiamo fatto su Spaghetti Open Data, con TweetYourMEP. Ho già scritto di essermi divertito un mondo a scrivere la prima versione, e voglio continuare su questa strada; inoltre, è bello vedere che intorno al progetto si sta costituendo una piccola community a sé stante, esattamente come nelle migliori iniziative open source. Risulta incredibile vedere come nel mondo alcuni individui possano provvedere dal basso a parte del welfare semplicemente attivandosi come hacker civici per le loro zone di competenza.
Probabilmente ci troviamo di fronte all’inizio di qualcosa di epocale, dove le amministrazioni per certi versi devono solo sforzarsi di fare da provider di dati grezzi, e il cittadino può provvedere da sé alla scrittura delle applicazioni, per il bene comune e per semplice gratificazione personale. Sinceramente, spero di sentirmi chiedere dai miei nipotini tra qualche decina d’anni: “Ma nonno, come facevate senza i dati aperti? Non era tutto più complicato?”
Alessio Biancalana | @dottorblaster
OpenData - the revolution of civic hackers is here
There have been many things, in this last month, that have made me think. I've seen the administrations shift from a typically non conversational model to the adoption of mechanisms of an almost direct democracy. What am I talking about? About open data, of course.
Open data, that maybe not everyone knows, are data that are published by an institution, without barriers, in formats that are particularly easy to scan for an informatic who tries to do it through a program he wrote himself. It's not difficult to imagine the next step after making data available: apps that use the data itself to allow citizens and normal people, those who pay taxes, to use the data ina democratic and peer to peer fashion, since the application has been written by a peer, not by the administration.
This violation of the principle of Occam's Razor allows administrations to not have the complete control on an infrastructure formed also by other civilian parts (developers and users, two figures that don't often coincide), and giving the citizen a sort of "source control" like never before. From this point onward, civilian hackers come to play: these are a category of which I am a part of (although for small merits); they are people who have a much more "nerd" vision of data than usual users, and for this reason belong to an army of new figures that citizens need.
We could sat that civilian hackers, in times like these, are superheroes (still quite in civilian clothes, though) of democracy because they use what is given by public administrations, in its whole, under the form of data, and give the citizen - thanks to apps that show where the tax money goes, or how ambulance interventions are done - a much superior tool to measure a politician's work, than an administrator could do.
Of course, you can doubt everything above, with a simple statement: "Of course, if the administration were hostile against the civilian hacker by not giving him the data, then he wouldn't have any arrows on his bow" well, it is certainly true that hackers without open data are like superheroes without superpowers, but it is also true that administrations have started to pride themselves over publishing data, since these last few years even the medium citizen has been able to understand what means to have an open data repository that is accessible through APIs, so both hackers and normal citizens, the users, have presented requests in this field.
Probably we are in front of something big, where administrations in some ways must only be providers of raw data, and the citizen can provide for himself for writing the apps, for the common good and simple personal gratification. Honestly, I hope to hear my grandchildren ask me in a few decades: "But grampa, how did you do without open data? Wasn't everything so much more complicated?"
Alessio Biancalana | @dottorblaster
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