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giovedì 15 novembre 2012
Il @TheEconomist, @r_formigoni e la piaga lombarda
Una testata autorevole come l’Economist ha pubblicato una personale interpretazione (se vogliamo, anche superficiale) del degrado politico, economico e culturale di certi ambienti negli ultimi decenni in Italia, attribuendone pesanti responsabilità a Milano in quanto capitale finanziaria ed ormai ex capitale morale d’Italia.
Per spiegare come si sia potuti arrivare alla situazione attuale, l’Economist ricostruisce la sequenza di premier che Milano e la Lombardia hanno fornito al Paese, da Craxi a Monti, passando per Berlusconi.
A parte l’attuale, definito (con poca fantasia, in verità) sobrio e coscienzioso, gli altri due ne escono con le ossa rotte: morto da latitante in esilio il primo, organizzatore dei noti "Bunga Bunga" party il secondo.
Poi passa a spiegare che Milano si trova in Lombardia, una regione guidata da tale Roberto Formigoni, in carica da ben 17 anni ed esponente del movimento cattolico Comunione e Liberazione (CL) che professa amore fraterno, obbedienza e povertà che organizza meeting a cui in passato hanno partecipato persone come Madre Teresa di Calcutta.
L’Economist non riesce invece a spiegarsi e a spiegare come mai si sia arrivati allo scioglimento del Consiglio regionale e come mai questa stessa persona e altri affiliati a CL possano essere in realtà mafiosi o corrotti, come i 14 deputati regionali tra indagati e arrestati per reati che comprendono corruzione, donazioni illegali, frode, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta e istigazione alla violenza.
Tra questi, i legami dell’assessore regionale Zambetti con la ‘ndrangheta calabrese e l’immancabile riferimento a Nicole Minetti (già showgirl televisiva e igienista dentale), accusata di favoreggiamento della prostituzione per aver arruolato le donne per i "Bunga Bunga" party di Berlusconi. Quando si parla di affari italiani sulle testate estere, questi riferimenti purtroppo non mancano mai, tanto che comincio a pensare che ormai sia un must per essere pubblicati dall’editore. Viene sottolineato quindi come tutti tranne uno appartengono al PdL di Berlusconi o all’alleato politico Lega Nord.
Parla anche di un nord razzista, che si sente più vicino alle culture celtiche o teutoniche che non a quella del meridione del Paese.
A mio modesto avviso, un quadro molto, molto superficiale, che riflette solo parzialmente la situazione italiana.
Per rendere l’idea, ho realizzato la tag cloud con le figure chiave citate nell’articolo.
Bisogna ammettere che, obiettivamente, la situazione attuale non sia di quelle che avvicinano i cittadini ai politici, però può esserlo di quello che avvicinano alla politica: non a questa politica, ma a una di rinnovamento e di partecipazione, di trasparenza e di innovazione, di ottimizzazione delle risorse esistenti e di creazione di nuove, di rappresentanza reale e di meritocrazia, di integrazione tra vecchi princìpi e nuove tecnologie.
Personalmente sono convinto che le prospettive di una ripresa italiana (non soltanto economica) non siano così catastrofiche come parrebbe da quanto descritto ingenerosamente (e forse con un pizzico di interesse) dall’Economist che, grazie al cielo, almeno non parla di pizza né di mandolino.
Roberto Favini | @postoditacco
@TheEconomist and the Lombardy plague
A serious paper like The Economist has published a personal interpretation (if we wish, a very superficial one) of the political, economical and cultural degrade of certain environments in the last few decades in Italy, giving heavy responsability to Milan as the financial and ex moral capital of Italy.
In order to explain how we got to the current situation, the Economist reconstructs the sequence of prime ministers that Milan and Lombardy have given to the country, from Craxi to Monti, with Berlusconi in the middle.
Apart from the current one, defined (with quite a lack of fantasy) sober and scrupulous, the other two don't come out very well: dead in exile the first, organizer of the famous Bunga bunga parties the second.
Then it goes on explaining that Milan is in Lombardy, a region guided by Roberto Formigoni, in charge for 17 years and exponent of the Catholic movement Communion and Liberation (CL) that professes brotherly love, obbedience and poverty, and that organizes meetings attented in the past by people like Mother Teresa of Calcutta.
The Economist can't seem to explain how we got to the closure of the regional council and how come this same persone and other CL affiliates can be actually corrupt or involved with the mafia, like the 14 regional deputees under inquiry and arrested for crimes that include corruption, illegal donations, fraud, embezzlement, bankruptcy and instigation to violence.
Among these, the ties of regional councillor Zambetti with the Calabrian 'ndrangheta and the compulsory reference to Nicole Minetti (showgirl and dental hygienist) accused of favoring prostitution for enroling women in Berlusconi's Bunga bunga parties. When foreign newspapers talk about Italian affairs, these referrals never lack, and I'm beginning to think that they're a must in order to get published. And then there's an emphasis on the fact that all of them except one are part of Berlusconi's PDL or of the allied Northern League. It also tells the story of a racist north, that feels much closer to the celtic or teuthonic cultures rather than those of the south.
In my opinion it's a very shallow scenario, that only partially reflects the Italian situation.
In order to give a better idea, I made a tag cloud with the key figures cited in the article. One must admit that the current situation isn't one of those that make citizens come closer to politicians, but it could be one that makes citizens come closer to politics, one of renewal and participation, transparency and innovation, optimization of existent resources and creation of new ones, real representatives and meritocracy, integration between old principles and new technologies.
Personally I am convinced that the perspectives of an Italian rebirth (not only economical) aren't as catastrophic as described quite ingenerously (and perhaps with a pinch of interest) by the Economist, that at least doesn't talk about pizza and Colosseum.
Roberto Favini | @postoditacco
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