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domenica 20 gennaio 2013
Corporate #storytelling: perché le aziende oggi devono sapersi raccontare?
Il Corporate Storytelling è un tema molto ampio. Di base racchiude tutte quelle attività nelle quali le aziende, e più in generale le organizzazioni, si impegnano per raccontare se stesse ai diversi interlocutori - con lo scopo ultimo di generare e trasmettere valore. O più semplicemente, fanno Storytelling.
Storytelling, dal canto suo, è qualcosa in più di "dico cose, racconto a gente": è lo studio strategico del funzionamento e dell'efficacia dei racconti. E un racconto efficace è un racconto che fa la differenza, che produce gli effetti per cui è stato progettato.
In concreto, questo è Corporate Storytelling:
Non è solo uno spot. Non contiene solo delle informazioni commerciali. Non cerca solo di attirare la nostra attenzione. Non cerca solo di influire sulla nostra propensione all'acquisto di un prodotto.
Anche questo spot (uno di una lunga serie) è un affondo diretto al cuore del mito Apple. Un'offensiva mirata, nella guerra sistematica di Samsung contro la supremazia (narrativa e di mercato) della Mela di Cupertino. Se iPhone è molto più di uno smartphone, Samsung cerca di colpire proprio sul terreno di quel molto più.
Quando i mercati sono in crisi la concorrenza raggiunge i massimi livelli di conflittualità, e ogni vantaggio competitivo può fare la differenza. Sul terreno dei non solo e dei molto più si vive o si muore.
C'è di più: in questo contesto non sono solo i modelli economici e produttivi a diventare obsoleti e non-competitivi in tempi sempre più rapidi. Le nuove modalità di consumo contribuiscono a far emergere e a rafforzare nuove modalità di formazione delle opinioni, di auto-racconto e di condivisione delle esperienze di consumo, di negoziazione del valore (e del senso) delle esperienze vissute, delle identità. Viviamo in modo diverso e ci aspettiamo che il mondo attorno a noi si adatti di conseguenza. Le aziende (e i prodotti) non fanno eccezione.
E' attraverso la narrazione che costruiamo la nostra identità, il racconto di chi siamo. E sempre più spesso nella nostra cultura l'esperienza di consumo è uno strumento fondamentale per raccontare agli altri chi siamo, affermandolo anche per noi stessi.
Perché gli spot di Samsung colpiscono sul molto più di Apple? Perché possedere un dispositivo Apple è appartenere al mondo Apple. E' fare parte di un’élite, un'avanguardia. Vivere nel mondo possibile del racconto Apple. Vivere il mito Apple.
"One of the deep mysteries to me is our logo, the symbol of lust and knowledge, bitten into, all crossed with the colors of the rainbow in the wrong order. You couldn't dream a more appropriate logo: lust, knowledge, hope and anarchy".
Jean-Louis Gassée, Apple Confidential: The Real Story of Apple Computer, 1999
Se questa è l'essenza del mito Apple, attaccarlo alla radice non è solo un tentativo di screditare un concorrente. Contro-narrare l'élite dei consumatori Apple è metterla davanti a uno specchio che ne riflette l'immagine in un racconto alternativo ("in a mirror, darkly" direbbe qualcuno), nel quale una fila di schiavi è davanti a un negozio, in attesa dell'ultimo dispositivo per la redenzione tecnologica, annunciato da segni e profezie oscure anche per loro stessi: annoiati, inconsapevoli, illusi e prigionieri.
Vi ricorda nulla?
Prigionieri che Samsung, nel suo mondo/racconto possibile, vuole liberare. Con l'aiuto di una Gibson distorta, di un Samsung Galaxy Note, del cantante dei The Darkness e della sua tutina aderente a strisce bianche e rosa. Un tocco di ironia contro la superbia dei toni profetici Apple.
La piccola schermaglia tra Samsung e Apple ci può già dare un'idea della complessità e del numero di variabili che entrano in gioco, quando il gioco si fa duro. Quando la narrazione è il filo rosso che collega le identità e le esperienze individuali ai prodotti, ai brand e alle aziende. O quando la contro-narrazione è lo strumento per recidere il legame tra i consumatori e un brand, e crearne uno nuovo con un brand diverso.
Questa è l'emergenza narrativa: dover presidiare strategicamente e molto da vicino la complessità dei processi narrativi. Doverlo fare perché sul valore aggiunto o sul disvalore da essi prodotto si vive o si muore. Molto da vicino per garantire l'allineamento strategico tra le narrazioni in atto: quel filo rosso che unisce le aziende, i loro obiettivi, i pubblici e le loro life-stories (storie di vita).
Per quanto il termine storytelling sia ormai diventato una buzzword (tutti ne parlano, ciascuno a suo modo...) fare Corporate Storytelling per organizzazioni, aziende, brand e prodotti non è un moda, né un passatempo, né un'arte, né uno sport.
E' un'emergenza.
Claudio Branca | @KlaudeB
Corporate storytelling: why do today's companies have to be able to tell their story?
Corporate storytelling is an extremely wide topic. It represents all those activities in which companies, and generally organizations, do in order to tell their story, with the goal to generate and transmit value. Or more simply, do storytelling.
Storytelling, on the other hand, is something more than "I say things to people": it's the strategic study of the functioning and the efficiency of stories. And an efficient story is one that makes the difference, that produces the effects for which it was design.
So this is corporate storytelling. It's not just a spot. It doesn't just contain commercial information. It doesn't try to just get our attention. It doesn't only try to influence our propension to buy a product.
This spot as well (one of a long series) is a direct strike to the heart of the Apple myth. A direct strike in the systematic war between Samsung and the Cupertino's Apple supremacy (both narrative and on the market). If the iPhone is much more than a smartphone, Samsung tries to strike exactly on the ground of the "much more".
When the markets are in crisis the competition reaches the maximum levels of conflictuality, and each competitive advantage can make the difference. On the field of not only and much more you either live or you die.
There's more: in this context not only the economical and productive models become obsolete and non-competitive in ever shorter times. The new modalities of consumerism contribute to the formation and reinforcement of new ways to shape opinions, auto-story and sharing of consumer experiences, negotiation of value (and sense) of the experiences and identities. We live differently and we expect the world around us to adapt consequently. Companies and products are no exception.
Claudio Branca | @KlaudeB
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2 commenti :
Ti chiedo scusa per l'attesa :)
Hai ragione. È vitale che al centro di una narrazione ci sia il suo destinatario, perché il fatto che tu azienda voglia raccontare qualcosa, di per sé è irrilevante per chiunque (tranne che per te stessa, e per me che ti studio).
Però va fatta una distinzione: un lettore può essere il protagonista della storia anche senza essere attivo (o interattivo).
Negli spot citati ad esempio l'esperienza di ascolto mette la prospettiva del cliente al centro del racconto (il cliente, Samsung o Apple, trova dei punti di identificazione).
Questo però non prevede in nessun modo un'appropriazione degli strumenti di racconto del brand.
IMHO Samsung non vuole, per il momento, lasciare neanche un po' il timone del suo racconto ai suoi clienti (anche dal punto di vista della user experience sul dispositivo, di spazio alla customizzazione ce n'è poco in app e widget made in Samsung).
La distinzione è fondamentale, anche perché gestire una narrazione partecipata non è cosa da nulla, e neanche da tutti.
Bisogna sempre definire degli stati discreti di apertura delle narrazioni, nelle diverse fasi, e agire strategicamente su di essi.
Si può mettere il cliente al centro di una narrazione già solo ascoltandolo e rispondendo alle sue domande, prima che al proprio brand ego ;)
Bella chiarificazione e precisazione, grazie...mi sa che oggi la uso qui: http://lafabbricadeimestieri.it/wp-content/uploads/2013/05/Flyer1.png :)
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