▼ Il tweet del giorno

giovedì 28 febbraio 2013

10minuticon Franco Fracassi



Franco Fracassi, regista di The Summit - i tre giorni della vergogna, ci ha concesso un'intervista la scorsa settimana, durante la quale abbiamo parlato del documentario e delle ragioni dietro la sua nascita.


Innanzitutto abbiamo chiesto a Franco che cosa sia The Summit e come è nata l'idea di fare un documentario: ci si era resi conto che in realtà inchieste approfondite sull'argomento non sono mai state fatte. Tutti i processi celebrati si sono occupati di un solo episodio, ma non c'è mai stato un processo ai fatti del G8 presi nella loro interezza. Nemmeno il Parlamento se n'è occupato, e i giornalisti hanno fatto qualche inchiesta o reportage, ma non sufficientemente approfonditi. In più Fracassi e Lauria avevano gli elementi di novità di partenza da poter raccontare per far capire alla gente ciò che è realmente accaduto in quei giorni.

Fra questi il fatto che loro trattano il G8 come un evento internazionale, e non italiano: dal punto di vista dell'ordine pubblico è stato coperto da una regia internazionale messa in atto già un anno e mezzo prima del G8, con forze dell'ordine che per tutto quel tempo si sono addestrate e preparate per quei giorni. Anche i manifestanti erano in buona parte stranieri. In più ci sono novità sul caso Giuliani, sui black bloc, sull'ordine pubblico in piazza e gli evento susseguitesi in quei giorni a Genova.

Il movimento no global dopo il G8 si è disintegrato, anche se non sono spariti tutti: si son continuati a fare forum internazionali e manifestazioni, ma sicuramente non è più la stessa cosa. Quanto alle colpe, si può dire che sono sia delle forze dell'ordine che dei manifestanti, anche se di livello molto diverso. Una parte delle persone che stavano in piazza sono conniventi a quello che è successo nei pestaggi, mentre il resto delle persone hanno semplicemente reagito in maniera violenta alle violenze della polizia. Si è trattato di una reazione, pur sbagliata, ma la bravura di chi ha innescato e architettato gli eventi è stato l'aver saputo cogliere nel fallo queste persone e far sì che reagissero.

Il movimento no global nel suo insieme si faceva portatore di istanze con lo scopo di segnalare al mondo la non sostenibilità del sistema economico: con il senno del poi si può dire che avevano ragione, e che la crisi che in questo momento si sta vivendo a livello globale altro non è che il frutto delle decisioni prese in quei giorni a Genova.

Secondo Franco c'è stata una precisa strategia per delegittimare il movimento, perché a Genova si è combattuta la battaglia finale di uno scontro tra due modi di vedere il futuro, una battaglia in cui non ci sarebbero stati prigionieri, ma uno dei due modelli sarebbe semplicemente deceduto. Ha prevalso la visione finanziaria e mercantilista della globalizzazione, a discapito di quella sostenibile.

Come spesso accade nei movimenti molto variegati, si lasciava paradossalmente troppa democrazia interna: va sottolineata la responsabilità di chi in quel periodo non è stato in grado di gestirlo, rendendolo in alcuni momenti troppo anarchico e facilmente penetrabile dall'esterno. Quando a Genova si è trattato di fare fronte unito, si è sfaldato, le componenti esterne non sono state emarginate e non è stato approntato alcun tipo di servizio d'ordine. E' stato come andare a combattere armati di coltellini da tasca contro i carri armati.

Vi invito a visionare l'intervista integrale, ben più ricca di questa mia brevissima sintesi.

Buona visione!

Maria Petrescu | @sednonsatiata


10minutes with Franco Fracassi

About a month away from the vote, the elections campaign has given us two revivals I personally didn't miss. The first, the most obvious, is the Berlusconi 16:9. According to the calculations of La Stampa a few days ago, from the Christmas vacations until last week, Berlusconi has been on air for 63 hours, a little more than Monti and a lot more than Bersani.

Yet another descent on the field that this time has the declared goal of "making the country impossible to rule", as Berlusconi himself has states. A sense of responsibility directly proportional to his height.

The second return, this time in the field of center-left, is of the "useful vote". It seems that there have been contacts between PD and Ingroia in order to find an agreement in Lombardia, Veneto, Campania and Sicily regarding the lists at the Senate.

The picture seems pretty simple to me. PD and SEL are the only ones that in these elections are running to win. The others run either to represent a part (center right), or to give voice to all the insatisfactions of Italy (Grillo), or to try to be determinant in the composition of the future Parliament majority (Monti). It's still unclear why Ingroia is running. His initial idea, to give Parliament representance to movements, to associations and to a whole series of civic sobjects that are often at the sides of official politics, had a logic, a political dignity but most of all I thought it would be a winner at an elections level.

Too bad that in a matter of weeks the inspirators of this elections cartel have been set aside by the various Di Pietro, Ferrero, Diliberto and company, transforming Civil Revolution in a group of weirdos that would make you miss the disappeared "Sinistra Arcobaleno". The only goal remained to the ex judge of Palermo is to break the balls to Bersani and Vendola, hoping that in Campania and Sicily they will get enough votes so there will be no majority at the Senate. The same tactic used by Berlusconi who has recovered the Northern League in order to get some votes in Lombardia and Veneto.

Now, there's no agreement or appeal for a useful vote that will work here. It would be a mistake to panic and throw away all the work done so far by only showing the tactic or the numbers that never truly work out.

Here we can only make the voters understand that, with all the defects and also some contradictions, only PD and SEL can guarantee a serious and stable government. Today, only the Italia Bene Comune coalition can guarantee more equity and attention towards who pays taxes and more severity towards who doesn't, or directs capitals abroad, more civil rights for who hasn't got any, more social justice and equality in the labor market. And then green politics, broadband, technological innovation, more generational rechange, more law enforcement, and so on. No useful vote. A responsible vote.

Who wants to be a part of this idea of Italy can choose PD or SEL, hoping in a good result that will allow the coalition to govern without being blackmailed, aware of the fact that it will be no piece of cake. Whoever chooses otherwise is probably content with the current situation.

Maria Petrescu | @sednonsatiata

#Elezioni2013: il #M5S è virale?



Visto il risultato elettorale del Movimento5Stelle mi è venuto in mente una riflessione: perché solo in Italia è venuto fuori una proposta elettorale così forte dalla grande ondata di protesta degli Indignados in Europa e negli Usa? Perchè solo da noi tutta questa energia ha trovato sbocco in un'organizzazione che si è candidata alla guida del paese? Un tema complesso, ma cerchiamo almeno di intraprendere un percorso di riflessione. 

Il collettivo Wu Ming ha pubblicato proprio ieri sul sito di Internazionale un post molto interessante - Il Movimento 5 stelle ha difeso il sistema - in cui si sostiene che proprio M5S sia un elemento conservativo dell'attuale status quo. "L’M5s amministra la mancanza di movimenti radicali in Italia. C’è uno spazio vuoto che l’M5S occupa… per mantenerlo vuoto. (...) Non abbiamo avuto una piazza Tahrir, non abbiamo avuto una Puerta de Sol, non abbiamo avuto una piazza Syntagma. Non abbiamo combattuto come si è combattuto – e in certi casi tuttora si combatte – altrove. Perché? (...) Quando #Occupy ha proposto la separazione tra 1 e 99 per cento della società, si riferiva alla distribuzione della ricchezza, andando dritta al punto della disuguaglianza: l’1 per cento sono i multimilionari. Se lo avesse conosciuto, #Occupy ci avrebbe messo anche Grillo. In Italia, Grillo fa parte dell’1 per cento". Proprio oggi è scomparso Stephane Hessel, che col suo libro, Indignatevi, è stato sicuramente di forte ispirazione.

Da noi c'è stata Piazza San Giovanni per i 5stelle che non è simbolo di una lotta radicale ma la festa auto-celebrativa del passaggio di movimento politico a proposta elettorale / partito. Non si può considerare una vera battaglia rivendicativa, né un raduno puramente movimentista, come erano stati in precedenza i Vday, era campagna elettorale. Anche lo stesso Beppe Grillo a fine 2012 aveva rivendicato come: "Se non ci fossimo noi, ci sarebbe un'Alba Dorata anche in Italia". Si può negare? In Italia l'ascesa di movimenti estrema destra non ha avuto i numeri più rilevanti che ci sono stati in altri paesi, come il partito di Le Pen in Francia e proprio Alba Dorata in Grecia.

Bisogna chiedersi perché in Spagna dopo Puerta del Sol, la maggioranza ha votato ancora i partiti tradizionali con Rajoy in testa. Siamo di fronte ad un grande fraintendimento in Italia. Il Movimento5Stelle non rappresenta tutta la "popolazione degli indignados", ne esprime una parte importante e significativa, ma quella sicuramente più legata alla politica tradizionale e meno ai temi dell'autogestione sociale. Sarebbe interessante sapere quanti tra i suoi elettori siano a conoscenza dei temi di #occupy e di we are 99%. C'è anche chi la pensa diversamente, come Franco Bifo Berardi, filosofo e leader del '77 bolognese, che, in un intervista, vede l'entrata dei cinquestelle come la possibilità di realizzare delle politiche diverse e di frenare le politiche d'austerity dell'Unione Europea, punto di forza di tutti i movimenti indignados del continente. Ammettendo che questo fosse possibile resta una singolarità quella dei famosi grillini nel contesto internazionale.

Tornando a parlare del nostro paese non bisogna dimenticare quello che è successo a Genova nel 2001, che ha di fatto congelato tutto il movimento no-global italiani, relegandolo alla memoria reale di pochi e facendo passare la ricostruzione di un mosaico debole, mentre era l'opposto, e lasciandola solamente alle cronache giudiziarie e agli anniversari. Però il vero specifico italiano ha visto due uomini unirsi per cercare di orientare una parte di questa forza. Il primo, Beppe Grillo, è un volto della tv, prima come comico di grande successo e testimonial, poi come fustigatore dei costumi nei suoi spettacoli teatrali. L'insieme di queste cose gli ha garantito una forte notorietà intergenerazionale.

Nonostante l'ostracismo dalla tv che ha avuto Grillo, in tv alla fine c'è tornato e in maniera forte, e ha scoperto la rete. L'altro è il capo di un agenzia di comunicazione che ha lavorato molto bene con gli strumenti del marketing politico, costruendo un mix fra rete e presenza sul territorio, puntando sui famosi argomenti di pancia, chiamati anti-politica, che hanno garantito una grossa presa su molte persone, sicuramente frustrate dalla situazione economica e dal comportamento degli altri politici italiani. In altri paesi, dove i comportamenti politici sono diversi, i movimenti hanno chiuso totalmente questa possibilità e stanno continuando sulla loro strada. Ora però per l'M5S si apre un'opzione importante, che potrebbe spingere altri paesi ad emularli: il potere in Parlamento. Meglio il "poter fare".

E' uscito un post di Grillo sul suo blog in cui il portavoce dice che m5s non voterà la fiducia ad un governo della coalizione PD-Sel. A leggere i commenti si vede che qualcosa non sta andando come pensava:esplode il dissenso, finora un fantasma sempre rientrato nei ranghi. Pare, leggendo i commenti, che in realtà gli elettori si lamentino che, ora che i loro rappresentanti sono in Parlamento, possono fare quelle riforme per cui hanno lavorato e votato. Inoltre loro non sono stati consultati via web in questa decisione, cosa che sembrava essere prassi consolidata per il movimento. Forse a questo punto potrebbe accadere quello che i Wu Ming auspicavano nel loro post: il cortocircuito. Praticamente i deputati e senatori dell'M5S dovrebbero rispettare i loro elettori, che chiedono un accordo o aprire una consultazione via web, e non ascoltare il loro portavoce. In teoria e in prassi sarebbe la soluzione più congeniale e giusta, però non sappiamo quali siano i reali rapporti di forza all'interno di questo soggetto politico. Certo però se uno vale uno...stiamo a vedere.

Simone Corami | @psymonic


Is the 5 Star Movement viral?

Given the elections result of the 5 Star Movement I've been doing some thinking: why is it that only in Italy there has been an elections proposal so strong from the great wave of protests of Indignados in Europe and the USA? Why is it that only here this energy has found its exit in an organization that candidated to guide the country? A complex topic, but let's try at least to start a thinking path.

The Wu Ming collective has published the other day on the website of Internazionale a very interesting post - the 5 Star Movement has actually protected the system - in which they sustain that M5S itself is a conservative element of the current status quo. "The M5S administrates the lack of radical movements in Italy. There's an empty space which the M5S occupies... in order to maintain it empty. (...) We didn't have Tahrir Square, we didn't have a Puerta del Sol, we didn't have a Syntagma Square. We didn't fight the way others fought - and in some cases still do - elsewhere. Why? (...) When Occupy proposed the separation between 1 and 99% of the society, they referred to the distribution of wealth, going straight to the main point of the inequality: that 1% is made of multimillionaires. If they had known him, Occupy would have also put Grillo in the count. In Italy, Grillo is part of the 1%." Today Stephane Hessel died, a man who has been extremely inspirational thanks to his book "Time for outrage!".

We've had Piazza San Giovanni for the M5S, which isn't a symbol of radical fight but the autocelebrative party of the evolution of a political movement to elections proposal/political party. It can't be considered as a true revendication battle, nor a purely movement gathering, as the Vdays had been before, it was elections campaign. Even Beppe Grillo himself at the end of 2012 claimed that "If it weren't for us, we'd have a Golden Dawn in Italy as well". Can it be denied? In Italy the growth of extreme right movements didn't have the most relevant numbers of other countries, such as Le Pen's party in France and Golden Dawn in Greece.

mercoledì 27 febbraio 2013

Il pagellone delle #elezioni2013



Immaginiamo la competizione elettorale come fosse il campionato di calcio. Si dice che in Italia ci siano 55 milioni di CT: il tema della politica, leggendo ed ascoltando i commenti in giro per il web, fanno essere affine in quanto ad opinioni espresse alla nazionale. 

Una miriade di valutazioni, prima e dopo lo spoglio di lunedì pomeriggio, che hanno fatto emergere come il Paese sia stratificato in una serie complessa di idee, emozioni, desideri.

E allora, proviamo a ragionare come in un campionato di calcio e dare i voti agli schieramenti: una prestazione lunga 4 mesi, un match che ha visto sei squadre giocarsi le proprie carte più o meno bene, offrendo prestazioni al di sopra o al di sotto delle previsioni. E poi: uno scudetto assegnato all'ultima giornata, sul modello 5 maggio, qualificazioni Champions imprevedibili e retrocessioni che lasciano l'amaro in bocca, perché a fallire è un progetto tecnico intero.

Insomma, il campionato più importante d'Italia è stato un vero distillato d'emozioni: peccato che il risultato sia un pareggio che la Federazione non sa ancora come risolvere, se con uno spareggio (ritorno alle elezioni), oppure con un trofeo assegnato a tavolino (governissimo?).

PD e SEL
Voto 4,5: la squadra da battere, altre definizioni al pronti via non se ne sentivano per parlare della compagine di centrosinistra. Eppure, come le prime Inter di Moratti che cedevano Roberto Carlos per puntare tutto su Pistone (ci perdoni la citazione l'ex terzino sinistro nerazzurro), la corazzata capeggiata dalla coppia goal Bersani-Vendola ha ceduto il passo agli avversari crollando come i milanesi il 5 maggio a Roma contro la Lazio, offrendo una prestazione che, è proprio il caso di dirlo, ha avuto carattere di psicodramma. Il peccato originale? A mente fredda in molti hanno imputato lo sbaglio alle errate strategie di mercato democratiche: preferire l'esperto centrattacco piacentino Bersani, detto "Lo smacchiatore" per la sua capacità di cancellare ogni risultato negativo, al giovane talento fiorentino Renzi per molti è stato fatale. Sarà, è anche vero che in Italia il calcio champagne che avrebbe offerto una squadra di Rottamatori poteva inizialmente non attecchire nel cuore della dirigenza PD. Si poteva osare di più?

Certo è stato che il gruppo democratico ha, come tutte le squadre troppo convinte di vincere, giocato al piccolo trotto, lasciando il pallino del centrocampo agli avversari più affamati e fisicamente preparati. Il risultato è stato un vero e proprio ridimensionamento che i tifosi, pazienti per tanti anni con un gruppo troppo logorato nel fisico e nella mente, faticano ad accettare. Il progetto tecnico è in discussione, e come per Luis Enrique la curva chiede già l'esonero del tecnico. PSICODRAMMA

M5S
Voto 8,5: mezzo voto in meno per lo sbaglio del Presidente di non presentarsi alla conferenza stampa pre partita (l'intervista mancata a SKY) che ha segnalato una particolare paura di vincere. Ci sta: la compagine stellata era neopromossa e dopo un campionato sorprendente in cadetteria (le elezioni regionali e comunali) era attesa alla prova della massima serie. Con un gruppo senza talenti, se non consideriamo il vulcanico presidente Beppe Grillo e il DS Roberto Casaleggio, il M5S ha espresso il gioco corale più interessante, e anche più imprevedibile, tanto da attirare le attenzioni di moltissimi tifosi stufi del solito "catenaccio all'italiana". Una squadra senza risorse, che ha saputo però arrivare a un soffio dallo scudetto e che si candida a superare brillantemente il girone di Champions League che lo attende.
SORPRESA

PDL e Lega 
Voto 7: votazione influenzata da due fattori. Il primo, la media fra la valutazione del PDL - o meglio, del suo top player -, voto 10,  e quella della Lega Nord, voto 4. Il secondo, un gruppo senza collettivo che però conta su un funambolico leader, imprevedibile come Neymar e provocatore come Joey Barton. Ora, voi direte: Berlusconi-Gascoigne ha giocato al rilancio con promesse sconsiderate come l'abolizione dell'IMU, una copertura mediatica da esasperazione e un appeal da venditore porta a porta. Eppure, calcisticamente parlando, la prestazione degli azzurri è stata equivalente a quella del Liverpool nella finale di Champions League contro il Milan (la prima). Dati per spacciati durante la pausa fra primo e secondo tempo, recuperano 3 goal lasciando sul campo di battaglia solo lo stupore degli avversari. Un paragone che non piacerà al Presidente Berlusconi, chiaro: però è anche vero che veramente, ad un certo punto, sembrava che fosse impossibile anche solo segnare il goal della bandiera. La coalizione di centrodestra porta a casa un risultato che ha del miracoloso: peccato che fosse una delle squadre candidate a lottare per la salvezza. Merito certamente del bomber Berlusconi (se non ci fosse stato lui, probabilmente staremmo parlando di un'altra partita), ma anche e soprattutto per demerito degli avversari.
ONE MAN SHOW

Scelta civica con Monti - UDC - FLI 
Voto 5: doveva essere l'outsider del campionato, con il bomber Monti che sembrava avrebbe garantito almeno 15 marcature (in termini %). Invece, la solitudine in attacco dell'esperto Professore non ha concretizzato le aspettative dei suoi tifosi. Sul campo rimangono molti rimpianti e l'infortunio che obbliga Fini ad abbandonare il rettangolo verde prematuramente, uno dei punti fermi della squadra da cui forse ci sarebbe aspettato di più. Delusione Casini, che cala vistosamente dopo una stagione giocata in maniera intelligente. In generale Scelta Civica per Monti raggiunge una dignitosa salvezza, ma le aspettative per il gruppo erano decisamente più alte. Per la prossima stagione, a meno di un miracolo sul mercato e un livellamento verso il basso delle altre compagini, la retrocessione sembra scontata.
DESTINO SEGNATO

Rivoluzione Civile
Voto 3: inutile nascondersi, era la vittima predestinata del campionato. Un po' Como 2002 di Preziosi, un po' Ancona 2005 di Pieroni, la compagine di Ingroia ha puntato tutto sull'usato sicuro Di Pietro o dell'enfante prodige ed ex M5S (con tanto di svincolo coatto) Favia, con il chiaro obiettivo di arrivare a una salvezza tranquilla. La debacle è stata totale, ma forse il progetto tecnico ha mostrato limiti evidenti fin dalle fondamenta: di certo, molto ci sarà ancora da fare se nella prossima stagione si vuole puntare a una veloce risalita.
MACERIE

FARE per Fermare il Declino
Voto 2: vale il discorso fatto per il gruppo capitanato da Ingroia. L'obiettivo era una salvezza tranquilla e magari togliersi qualche soddisfazione contro le grandi. Peccato che la guida tecnica abbia completamente sbagliato approccio la gara, schierando uno squalificato (dalle proprie clamorose bugie) Giannino in una gara ufficiale. Una penalizzazione troppo grande, per una squadra che a parte il proprio metronomo di centrocampo era veramente troppo poco per il campionato. Una retrocessione che sa di addio alla massima serie.
SOGNO INFRANTO

Francesco Gavatorta | @fRa_gAv


The evaluation of the Italian elections

Let's imagine the elections competition as a soccer championship. It's said that in Italy we have 55 milion coaches: the topic of politics, reading and hearing the comments around the web, made me understand that the opinions are similar to those expressed about the national team. A lot of evaluations, before and after the results, which have pointed out how the country is stratified in a complex series of ideas, emotions, desires.

And now, let's try to think like in a soccer championship, and give marks to the different parties: a performance 4 months long, a match which has seen 6 teams play their cards more or less brilliantly, offering performances above or below the expectations. And then: a prize given the last day, on the 5th of May model, Champions qualifications which were quite unpredictable and retrocessions which leave some bitterness behind, because it is an entire technical project that fails.

So, the most important championship in Italy has been a true distilled essence of emotions: too bad the result was a gridlock that the Federation still doesn't know how to solve, whether with another match (return to elections), or giving the trophy by agreement (super government?).

PD and SEL - 4,5

The team to beat, we didn't hear other definitions at the start to talk about the center-left coalition. And yet, just as the first Inter of Moratti who gave up Roberto Carlos to bet everything on Pistone, the group headed by the goal couple Bersani - Vendola has given in to the enemies going down just as the Milan players on the 5th of May in Rome against Lazio, offering a performance that had all the characters of a psychodramma. The original sin? Many have given the guilt to the wrong strategies of democratic market: to prefer the expert Bersani, called "The Unstainer" for his capacity of erasing every negative result, to the young Florence talent Renzi, was in many's opinion fatal. It might be, it's also true that in Italy the champaigne soccer which would have offered a team of new entries that could initially not take place in the heart of the PD leadership. Could they dare more?

Of course it was the democratic group who, just like every team who is certain of winning, played badly, leaving the ball to the more physically prepared and hungry adversaries. The result was a proper resizing that the fans, patient for so many years with a group which was too tired physically and mentally, just cannot accept. The technical project is in discussion, and just like for Luis Enrique, the fans already ask for the elimination of the technician.
PSYCHODRAMMA

M5S - 8,5

Half a vote less for the error of the President of not presenting himself at the press conference before the match (the interview to SKY) which has signaled a particular fear of winning. It's understandable: the starry group was just promoted and after a suprising championship among the cadets (the regional elections) it was awaited at the big challenge. With a talentless group, if we don't consider the vulcanic Beppe Grillo and Robert Casaleggio, the M5S has expressed the most interesting coral game, and also the most unpredictable, so much that it got the attentions of many fans who were sick and tired of the old "Italian chain". A team without resources, which has managed nonetheless to arrive at a step from the first prize and which is candidated to brilliantly win the Champions League coming up.
SURPRISE

PDL and Northern League - 7

Votazione influenzata da due fattori. Il primo, la media fra la valutazione del PDL - o meglio, del suo top player -, voto 10,  e quella della Lega Nord, voto 4. Il secondo, un gruppo senza collettivo che però conta su un funambolico leader, imprevedibile come Neymar e provocatore come Joey Barton. Ora, voi direte: Berlusconi-Gascoigne ha giocato al rilancio con promesse sconsiderate come l'abolizione dell'IMU, una copertura mediatica da esasperazione e un appeal da venditore porta a porta. Eppure, calcisticamente parlando, la prestazione degli azzurri è stata equivalente a quella del Liverpool nella finale di Champions League contro il Milan (la prima). Dati per spacciati durante la pausa fra primo e secondo tempo, recuperano 3 goal lasciando sul campo di battaglia solo lo stupore degli avversari. Un paragone che non piacerà al Presidente Berlusconi, chiaro: però è anche vero che veramente, ad un certo punto, sembrava che fosse impossibile anche solo segnare il goal della bandiera. La coalizione di centrodestra porta a casa un risultato che ha del miracoloso: peccato che fosse una delle squadre candidate a lottare per la salvezza. Merito certamente del bomber Berlusconi (se non ci fosse stato lui, probabilmente staremmo parlando di un'altra partita), ma anche e soprattutto per demerito degli avversari.

ONE MAN SHOW

SCELTA CIVICA PER MONTI - UDC - FLI - 5

Doveva essere l'outsider del campionato, con il bomber Monti che sembrava avrebbe garantito almeno 15 marcature (in termini %). Invece, la solitudine in attacco dell'esperto Professore non ha concretizzato le aspettative dei suoi tifosi. Sul campo rimangono molti rimpianti e l'infortunio che obbliga Fini ad abbandonare il rettangolo verde prematuramente, uno dei punti fermi della squadra da cui forse ci sarebbe aspettato di più. Delusione Casini, che cala vistosamente dopo una stagione giocata in maniera intelligente. In generale Scelta Civica per Monti raggiunge una dignitosa salvezza, ma le aspettative per il gruppo erano decisamente più alte. Per la prossima stagione, a meno di un miracolo sul mercato e un livellamento verso il basso delle altre compagini, la retrocessione sembra scontata.

A DOOMED DESTINY

RIVOLUZIONE CIVILE - 3

Useless to hide, this was the predetermined victim of the championship. A bit like Como 2002 of Preziosi, a bit Ancona 2005 of Pieroni, Ingroia's group bet everything on the safe used Di Pietro or the enfant prodige and former M5S Favia, with the clear goal of getting a calm safety. The debacle has been complete, but maybe the technical project has shown evident limitations starting with the basics: of course, they have a lot to do if during the next season they want to get back on track quickly.
RUINS

FARE per Fermare il Declino - 2

Same things as for Ingroia's group. The goal was a calm safety and maybe get some satisfaction against the big ones. Too bad that the technical guidance has got the approach to the match completely wrong, putting on the field someone who was disqualified (by his own incredible lies), Giannino, in an official challenge. A penance that was way too big, for a team that beyond its own centerfield player, had nothing for the championship. A retrocession that tastes like an adieu.
BROKEN DREAMS

Francesco Gavatorta | @fRa_gAv

#Regionali2013: una #Lombardia che preferisce nascondere lo sporco sotto il tappeto



La vittoria di Maroni in Lombardia è indice di una sostanziale immaturità di gran parte dell'elettorato lombardo, ancora così legato a logiche cascinali che rimandano al vecchio adagio "laviamo i panni sporchi in famiglia".

Di panni sporchi la Lombardia ne ha a quintali: ex consiglieri regionali eletti con voti della 'ndrangheta, il Formigonismo che ha incrostato gli ingranaggi di una Regione chiave nell'economia nazionale e la lobby ciellina che occupa indebitamente posizioni di potere da non meno di vent'anni minando la sana e naturale concorrenza, il tutto condito con quella strisciante e ignorante cultura che vorrebbe vedere il male tutto provenire da "fuori". Maroni è uno strumento di facciata del sistema cancerogeno proliferato intorno a Formigoni per mantenere il controllo in una regione che non può essere persa perché troppo "interessante".

Ma la cosa sconvolgente è un'altra. Non avevano niente di meglio di un neo segretario che ha fatto il finto "gesto" di ripulire, con scope immaginarie quanto la Padania, un partito distrutto dalla corruzione e dal malaffare come la Lega, eppure i lombardi l'hanno votato lo stesso. Dopo le tangenti, i voti di scambio, la parentopoli leghista, gli allegri listini elettorali, i lombardi l'hanno votato lo stesso. Per cosa, quel 75% di tasse da trattenere in Lombardia che è ancora più immaginario della Padania e delle scope di saggina con cui si sono ripuliti?

La sinistra sarà mancata, avrà fallito nella comunicazione e nell' essere "pop" come si dice sempre in questi casi, ma da cittadino lombardo posso anche dire che gran parte dell'elettorato lombardo (soprattutto delle province extra-Milano) ha bisogno di uscire dal guscio della paesanità e guardare con un po' più di fiducia fuori dal solco del proprio aratro, perché soprattutto in vista di Expo2015 la Lombardia ha bisogno come l'aria di apertura. La Lega che prende in mano certe deleghe è la stessa del Boni che querelava il consigliere Cavalli quando questi diceva che in consiglio erano presenti elementi eletti con voto di scambio mafioso, querele poi cadute nell'ovvio nulla, di fronte alle indagini e gli arresti. È la Lega che ha spalleggiato Formigoni fino all'ultimo. Eppure i pavidi Lombardi l'hanno votata.

In Lombardia servirebbe una forza capace di riconoscere che oramai la capitale della 'ndrangheta è lì, e agire di conseguenza, mentre il centrodestra Lombardo non è in grado di farlo, così portato nel convincere il mondo che esista un'eccellenza laddove non esiste, che il marciume provenga da fuori quando invece germina dall'interno.

Una Lombardia che ha perso un treno importante, per salire su un carro sgangherato guidato dagli stessi incapaci che l'hanno fatta deragliare.

Francesco Lanza | @bedrosian


The Lombardy which prefers to hide the dust under the carpet

Maroni's victory in Lombardy is an index of a substantial immaturity of a large part of the Lombardy election base, still very tied to old logics that recall the old saying "we need to wash the dirty laundry inside the family".

Dirty laundry Lombardy has quite a lot of: former regional counselors elected with votes from the mafia, the Formigonism which has crusted the mechanisms of a key region in the national economy and the CL lobby which has wrongly occupied power positions for more than twenty years, undermining the healthy and natural competition, all of which was enriched with that slimy ignorant culture that wants all the evil come from "outside". Maroni is a facade tool of a carcinogen system around Formigoni to maintain control in a region which cannot be lost because too "interesting".

But the baffling thing is another one. They had nothing better than a neo secretary who did the false "gesture" of cleaning, with brooms as immaginary as Padania, a party destroyed by corruption and underworld such as Lega, and yet the Lombardy citizens voted him anyway. After the corruption, the exchange votes, the Lega relatives scandal, the happy elections lists, the Lombardy citizens voted him anyway. For what, that 75% of taxes to withhold in Lombardy, which is even more immaginary than Padania and the sorghum brooms they used to clean themselves?

The left wing was missing, it failed in the communication and in being "pop" as we always say in these cases, but as a Lombardy citizen I can say that great part of the Lombardy elections base (especially in the provinces outside Milan) needs to get out of the shell of countryside-ness and look with a bit more faith outside the path of their own plow, because especially in view of the Expo2015 Lombardy needs openness as it needs air. The Lega that takes in hand certain committments is the same of Boni who sued counselor Cavalli when the latter said the in the council there were elements elected with a mafia exchange vote, charges which were dropped in the obvious nothing, in front of the inquiries and subsequent arrests. It's the Northern League which has supported Formigoni till the last moment. And yet the fearful Lombardy citizens voted for it.

In Lombardy we would need a force capable of recognizing that the capital of 'ndrangheta is there, and act consequently, while the Lombardy center right wing isn't capable of doing so, being so busy convincing the world that they have excellence where in fact there isn't any, that the rotten bits all come from outside while they actually fester from the inside.

A Lombardy which has lost an important train, in order to get on a rickety carriage guided by the same incapable people who made it derail in the first place.

Francesco Lanza | @bedrosian

martedì 26 febbraio 2013

#Elezioni2013: in direzione ostinata e contraria



Assolutamente impreparata a uno scenario di questo tipo (mai trascurare la legge di Murphy!), avevo in mente tutto un altro articolo, ma visti i risultati cercherò di evitare l’ennesima analisi dei numeri e delle possibili alleanze.

Mille pensieri mi son passati per la testa nelle ultime ventiquattro ore. Anzi, a dirla tutta, negli ultimi mesi.

Da sempre affezionata alla politica tout court, ho sempre pensato di vivere in un paese che mi stava stretto: diseguaglianza sociale, mancanza di diritti civili, arroganza e corruzione.
Eppure, durante ogni campagna elettorale, che per me è sempre stato un continuum e mai un preciso momento dell’anno, quel pensiero mi ha sempre dato la forza di battermi per delle idee e dei programmi.

Ogni volta che ho tolto dal ripiano del mio scaffale la mia tessera elettorale, mi son sentita sempre parte di un qualcosa, motore di un cambiamento. Tuttavia l’indomani del voto non ha mai rispecchiato le aspettative della vigilia. Nelle ore successive agli spogli rabbia e amarezza si fondevano, un po’ per il dubbio di non aver fatto abbastanza, un po’ per la consapevolezza di esser sempre parte della minoranza.

Di una cosa sono certa: tra i miei stati d’animo non era presente la “speranza”. Son passati esattamente trentacinque mesi dal giorno in cui smisi di usare questa parola : accadde subito dopo un profondo intervento trasmesso a Rai Per Una Notte di Mario Monicelli, artista e uomo a cui devo tutta la mia stima. La speranza, anzi la falsa speranza di queste elezioni era racchiusa nelle promesse di restituzione IMU, nelle urla populiste, nell’ idea che si potessero raggiungere degli obiettivi aggirando la legge e calpestando la democrazia, senza pagarne le conseguenze.



Sarà per colpa di questa falsa speranza, dello scarso interesse a smascherarla, che il risultato elettorale fa si che oggi l’Italia si debba preparare ad affrontare una situazione di instabilità precaria, in balia di un Parlamento frazionato e difficilmente propenso al compromesso per il bene del paese.

Noi potevamo fare di più, potevamo esser diversi, potevamo accogliere più giovani, potevamo esser più esperti, potevamo esser più comunicativi, potevamo evitare di porci sulla difensiva o forse potevamo rinunciare all’ idea di una base solida e solidale in nome di un leader carismatico capace di trascinare maggiormente le masse.

Potevamo esser qualsiasi cosa: ma probabilmente niente avrebbe convinto la maggioranza degli italiani dell’ importanza della competenza e della responsabilità verso il paese, del valore dell’onestà in campagna elettorale e nella vita in generale, della bellezza della diversità delle persone ma dell’uguaglianza dei loro diritti.

Sinceramente, non riesco ad avere rammarico nei confronti di queste elezioni: ho visto donne rivoltarsi contro la violenza quotidiana subita dai propri compagni, anziani entusiasti di partecipare alla vita politica per il bene dei propri nipoti, piccoli imprenditori sostenuti dai propri concittadini nella loro lotta alla mafia, omosessuali fiduciosi della realizzazione di un futuro col proprio partner garantito da diritti oramai riconosciuti nella maggior parte delle democrazie occidentali, ragazzi che si sentono italiani desiderosi di poter un giorno esser accolti con più affetto nel nostro paese senza essere chiamati, peraltro erroneamente, immigrati.

E se politica significa amministrazione della città (o del paese, nel nostro caso) per il bene di tutti, non importa quante campagne elettorali perderò, quanta rabbia accumulerò, quante delusioni politiche avrò, quante volte dovrò restare minoranza: non scenderò a compromessi su questi temi soltanto perché la maggior parte dei miei concittadini non è ancora pronta a un cambiamento simile, alla mia piccola rivoluzione.

Per questo motivo, in vista del vostro cambiamento e in attesa di nuove elezioni (che, ahinoi, si svolgeranno ben presto), oggi porterò una maglietta a cui tengo particolarmente, mostrando a testa alta dove volgo il mio sguardo rispetto alle vostre idee: in direzione ostinata e contraria.

Veronica Orrù | @verocrok


In opposite and obstinate direction

I was absolutely unprepared to a scenario like this one (never underestimate Murphy's law!), I had a totally different article in mind, but given the results, I'll try to avoid yet another analysis of numbers and possible allegiances.

A thousand thoughts have gone through my head during the last 24 hours. Actually the last few months, to be honest.

I've always been affectionate to politics tout court, I've always thought I live in a country which is too small for me: social inequality, lack of civil rights, arrogance and corruption. And yet, during each elections campaign, which for me has been a continuum and not just a precise moment of the year, that thought has always given me the strength to fight for ideas and programs.

Every time I took out from the drawer my elections card, I've always felt part of something, engine of change. However the day after the vote has never reflected the expectations of the eve. During the following hours, anger and bitterness fused together, a little for the doubt for not having done enough, a little for the awareness that I've always been a part of the minority.

Of one thing I am certain: there was no "hope" among my feelings. Thirtyfive months have passed since I've stopped using that word: it happened right after a deep intervention aired by Rai Per Una Notte by Mario Monicelli, artist and a man I owe all of my esteem to. Hope, or the false hope of these elections was closed inside the promises of giving back the IMU, the populist shouts, the idea that we could reach goals by not respecting the law and disrespecting democracy, without paying any consequences.

Maybe it's because of this false hope, of the scarce interest in unveiling it, that the elections result constrains Italy to prepare to face a situation of instability, in the hands of a fractioned Parliament and hardly open to compromise for the good of the country.

We could have done more, we could have been different, we could have received more young people, we could have been more expert, more communicate, avoid putting ourselves on the defensive or maybe we could give up the idea of a solid base in the name of a charismatic leader capable of moving the masses more.

We could have been anything: but probably nothing would have convinced the majority of Italians of the importance of competence and responsibility towards the country, of the value of honesty in elections campaign and in life in general, of the beauty of diversity of people, but of the equalness of their rights.

Honestly, I can't be sorry towards these elections: I've seen women revolt against the daily violence suffered on the hands of their lovers, old people enthusiastic for participating in the politic life for the good of their grandchildren, small entrepreneurs sustained by their fellow town citizens in their fight against mafia, homosexuals confiding in the realization of a future with their partner guaranteed by rights that are now recognized in the majority of western democracies, young people who feel Italian willing to be one day received with more affection within our country without being - wrongly - called immigrants.

And if politics means administration of the city (or the country, in this case) for the good of everyone, it doesn't matter how many elections campaigns I will lose, how much anger I will accumulate, how many political disappointments I'll have, how many times I'll have to remain in minority: I won't compromise on these topics only because the majority of citizens still isn't ready to a change, to this small revolution.

For this reason, in anticipation of your change and waiting for new elections (which unfortunately will happen soon enough), today I will wear a t-shirt which I care particularly about, showing where I direct my eyes compared to your ideas: in obstinate and opposite direction.

Veronica Orrù | @verocrok

lunedì 25 febbraio 2013

Di #elezioni2013, pizzerie ed emotività quotidiane



Son tornato ieri per votare e ho votato, poi come tanti oggi mi son messo a sentire gli instant poll e compagnia varia. Il risultato è quello che è: non si sa ancora chi ha vinto. Solo le 8 di sera del 25 febbraio, tenevo le mani sul computer per lavorare, poi il tablet per i dati dal Viminale, twitter. Ad un certo punto sento una leggera claustrofobia che mi assale. Mollo tutto ed esco. 

E' sera, umida, ha piovuto anche oggi, ho da fare qualche giro per prendere un po' di cose. Un periodo un po' complicato per me e per tanti altri milioni di persone in Italia. Poi ci sono le elezioni, la peggior campagna elettorale che mi ricordi e infatti alla fine credo ci sarà una colossale marmellata che non serve a niente, ma forse a qualcuno, pochi. Prende un paio di prolunghe USB con l'attacco piccolo, poi altre cosette, poi passo dal tabaccaio dove un anziano gioca al videopoker, respira, a fatica, ma continua a seguire le luci. Non vince. Il tabaccaio me l'ha spiegato che qui non vince nessuno, però giocano. Lotto, Gratta e Vinci, Superenalotto, la roba in circolazione in questo settore è tantissima. C'è una che vince. Non sa neanche lui come va, però alla fine della settimana lei è sopra coi soldi. Che sia lei il premier che cerchiamo?

Farmacia, per fortuna le medicine sono arrivate, ultimamente mi servono, problemucci da tenere sotto controllo. Intanto la fila si compone di signore che comprano cosmetici scontati, altrimenti non si vende, qualche anziano con la ricetta. I preservativi, gli aminoacidi per fare i muscoli, restano, all'ennesimo ribasso. Un bambino corre fra gli scaffali, cade qualcosa e una signora molto anziana strilla. Perchè? Non capirò mai perché ci siano persone che strillano e basta, non sanno neanche cosa è successo ma strillano. Forse è una pensionata, forse anche lei aspetta il rimborso dell'Imu, forse c'avrà creduto, oppure anche lei gioca una parte della sua pensione. Oppure è solamente stanca. Come tutti noi. Ognuno con i suoi motivi, che aumentano.

Ultima fermata pizzeria. Prendo una birra e mi metto a guardare la tv accesa mentre altri ordinano e consumano, io aspetto che si scaldi il mio pezzo fiori di zucca e alici. Intanto c'è un ex berlusconiano che brinda alla vittoria di Grillo, performance incredibile m5s, anche se non ho capito cosa vogliano fare. Però qui mi parte l'autocritica, da vecchia sinistra, questioni di appartenenza. Mi stanno antipatici, però alla fine realmente io ne realmente incontrati pochi nella vita reali. Li vedo in tv oppure su Twitter, discussioni sterili, poi non mi piace il loro dirigismo e leaderismo, però toccherà vedere come si muoveranno. Certo se tutti perdessimo un po' di spocchia ci si potrebbe incontrare.

Mi piacerebbe capire. Qualche amico attivo, magari gli chiedo qualcosa. Anche se le distanze sono enormi, per me se uno vale uno significa che tutti possiamo dire la nostra su un'argomento, purchè in italiano comprensibile, senza urlare. Un cagnetto mi si avvicina, scodinzola, gli allungo un pezzo di pizza. Mangiucchia e scodinzola. Mi chino e ci gioco un po'. Questa me la segno sul calendario, perchè io coi cani non ci sono mai andato tanto d'accordo, una storia vecchia, ma tutto cambia. Meno i risultati incomprensibili che vedo mentre finisco questo post. Comunque.

Simone Corami | @psymonic


Elections, pizza and daily emotivity

I came back yesterday to vote and I voted, then as many others today I listened to the instant polls and all. The result is what it is: we still don't know who won. It's 8 o'clock in the evening, on February the 25th, I had my hands on the computer to work, then the tablet for the data coming from the Viminale, Twitter. At one point I feel a slight claustrophoby. I leave everything and go out.

It's evening, damp, it rained today, I must go pick up a few things. Complicated times for me and milions of others in Italy. Then there are the elections, the worst elections campaign I remember and at the end I think there's going to be a colossal jam that isn't useful to anyone, or maybe just to a few. I pick up a USB cable, a few other things, then I go to the tobacco store where an old man is playing videopoker, breaths heavily, but continues to follow the lights. He doesn't win. The seller told me that no one wins here, but they play. Ltto, Superenalotto, there's a lot of stuff in this section. There's a woman who wins. He doesn't know how, but at the end of the week she's up with the money. Could she be the premier we're looking for?

Pharmacy, fortunately meds have arrived, I've been needing them lately, a few problems to keep under control. The line is made up of ladies who buy discounted cosmetic products, otherwise they don't sell, a few old people with a prescription. Preservatives, aminoacids for muscles, are still on the shelves, untouched. A child runs among the shelves, something falls and a very old woman shrieks. Why? I'll never understand why some people just shriek, they don't know what happened but they shriek. Maybe it's a retired woman, maybe she's waiting for the IMU payment, maybe she believed it, or maybe she is also playing one part of her retirement money. Or maybe she's just tired. Like all of us. Everyone with their own reasons, which become bigger and more numerous.

Last stop, pizzeria. I buy a beer and watch the TV while other order and eat, I wait for my piece of zucchini flowers and anchovies to heat up. There's an ex Berlusconi voter who toasts to Grillo's victory, an incredible performance, that of M5S, even if I don't understand what they want to do. But here the autocriticism starts, old left-wing style, a matter of belonging. I don't like them, but in the end I've only met a few in real life. I see them on TV or on Twitter, sterile discussions, and I don't like their leaderism, but we'll have to see how they'll move. Of course, if we all lost a bit of arrogance, maybe we could meet halfway.

I'd like to understand. Some friend who is active in the movement, maybe I'll ask something. Even if the distances are enormous, for me if one equals one, it means we can all say what we think about a given topic, if we don't shout, and in a comprehensible Italian. A dog comes near, waves his tail, I give him a piece of pizza. He eats and waves his tail. I bend over and play a little. I'll have to write this one on the calendar, because I've never agreed much with dogs, an old story, but everything changes. A part from the incomprehensible results I see as I finish this post. Anyway.

Simone Corami | @psymonic

#Elezioni2013: l'Italia che verrà



"E quindi l'appello che io faccio ai giovani è questo: di cercare di essere onesti, prima di tutto: la politica deve essere fatta con le mani pulite. Se c'è qualche scandalo. Se c'è qualcuno che da' scandalo; se c'è qualche uomo politico che approfitta della politica per fare i suoi sporchi interessi, deve essere denunciato!"

Mi era impossibile non iniziare questo post con una breve citazione di Sandro Pertini. Mi era impossibile perché ieri, il primo giorno di questa ennesima tornata elettorale, cadeva, per un gioco della storia, l'anniversario della sua morte.

Mi era impossibile perché quelle, come tante altre sue parole sono più che mai attuali. Perché oggi come ieri la disoccupazione e la disillusione giovanile impera e la politica, ancora, non impara. Perché nel prossimo parlamento siederanno tanti giovani che, mi auguro, siano seme sano piantato per un buon futuro.

Nonostante le belle parole iniziali però c'è da annotare la cronaca politica, anzi, elettorale di queste ore. Partendo dai dati pervenuti sull'affluenza alle urne che pare aver subito una flessione rispetto al 2008. Non è un segnale bellissimo. C'è chi propende ad attribuirne le cause al mal tempo - è la prima volta che si vota in inverno- ma il motivo reale è quasi certamente da ricercare nella sfiducia in questa politica e nella mancanza di prospettive lasciata sul campo da una delle campagne elettorali più deludenti e prive di contenuti degli ultimi anni.

Nelle ultime ore abbiamo assistito a tutto e di più e a nulla di diverso da quanto ci aveva accompagnato negli scorsi mesi. Con un Berlusconi che, dimostrando per l'ennesima volta la totale mancanza di rispetto per le regole è venuto meno al silenzio elettorale, a poche ore dal voto. Silenzio interrotto per lanciare l'ennesimo attacco alla magistratura accomunata per l'ennesima volta ad una cricca di mafiosi, anche peggio. Un Berlusconi che riesce a farsi contestare (dal movimento femminista Femen) anche al seggio nell'esercizio del voto. Episodio che chi vi scrive ritiene inutile e fuori luogo in questo caso e che tutto sommato lascerà la sua mediocre traccia sbiadita negli annali.

Abbiamo assistito alla ingombrante pochezza di alcuni elettori che, come la politica insegna da anni, hanno ben pensato di contravvenire ad alcune basilari regoline: tipo non fotografare e pubblicare nell'universo web il voto appena espresso. E poco importa il fatto che siano del M5S (gli stessi che in molti casi, e non discuto la buona fede, si sono dannati a motivare la loro salivazione perché, gli era stato detto, era il magico strumento per attivare la matita copiativa in modalità antibroglio - racconta la vicenda molto bene Carlo Gubitosa qui), quello che importa è l'atto, l' arroganza che non è, mi dispiace dirlo, prerogativa degli appartenenti al movimento, ma distintivo ormai da anni di una società (di una parte di essa quantomeno) che poi per un ventennio ha dimostrato la sua natura anche sulla base delle scelte politiche.

E' un paese che ha ancora molta strada da fare. Siamo una Repubblica tutto sommato giovane all'interno di una comunità europea ancor più giovane. L'auspicio è quello, sempre lo stesso: prima o poi impareremo dai nostri errori. Ma il tempo a disposizione è quello che è ormai. E il rischio di fare traversa e finire fuori dai giochi è alto.

Pertini, che citavano all'inizio, trova ampio spazio nelle sue parole per i giovani a cui chiedeva di difendere quelle posizioni che loro, la sua generazione, aveva conquistato. Chiedeva di difendere la Repubblica e la democrazia. Quegli stessi giovani che oggi che che se ne pensi, dimostrano di avere una gran sete di democrazia e partecipazione politica, sociale, civile, ma che oggi sono tagliati fuori da una società che fatica ad integrarli, a trovare lo spazio per investire sul futuro. Dall'istruzione, di cui si attende sempre una esemplare ristrutturazione degna di un paese civile, al mondo del lavoro che oggi non lascia loro aperta nessuna porta. Nemmeno quando si tratta della democratica partecipazione al voto, diritto dovere sancito dalla costituzione. Lo abbiamo visto nel caso degli studenti erasmus costretti ad inscenare una elezione di protesta per far sentire la loro voce.

E' in questo panorama, tra disillusione e acqua alla gola, necessità di cambiamento e lungimiranza che tra ieri e oggi sceglieremo chi dovrà governare nel prossimo futuro questa "ragazza in coma", nella speranza che non sia irreversibile.

Matteo Castellani Tarabini | @contepaz83


Elections 2013: the Italy that will be

"So the appeal to young people is this: try to be honest, first of all. Politics must be done with clean hands. If there's a scandal, if there's someone who makes scandal, if there's someone who uses politics for personal, dirty interests, then they must be condemned."

It was impossible for me not to start this post with a short quotation by Sandro Pertini. It was impossible because yesterday, the first day of this new elections round, was - for a strange game of history - the anniversary of his death.

It was impossible because those words, like many others he uttered, are more than ever current. Because today as yesterday unemployment and youth disillusion are kings and politics, once again, doesn't learn. Because in the future Parliament there will be many young people who, I hope, will be a healthy seed planted for a good future.

In spite of the nice initial words we must take note of the political chronicle, or elections chronicle of these hours. Starting with the data on the percentage of voters, which seems to have suffered a diminishing trend in comparison with 2008 (even though we'll have to wait for the closing of the votations to have a good scenario). It's not a good sign. Someone tends to give the responsibility to the bad weather - it's the first time we vote in winter - but the true reason is almost certainly to be found in the lack of trust in this politics and the lack of perspectives left behind by one of the most disappointing and empty election campaigns of the last few years.

During these hours we've seen everything, and nothing different than what had accompanied us during the last months. With a Berlusconi who, proving for yet another time that he has ne respect for rules, has broken the elections silence, just a few hours from the votation. A silence broken to launch another attack to the judges, which has been compared again to a group of mafia men, or worse. A Berlusconi who manages to get contested (by the Femen femminist movement) even outisde a voting section. An episode which who is writing believes is useless and tasteless and that will probably leave a mediocre trace in history books.

We've assisted to the uncomfortable mediocreness of some voters who, as politics has been teaching for years, have thought it would be a good idea not to respect a few basic rules: like not to photograph and publish their vote online. And it doesn't matter that they're from M5S (the same ones who have stimulated their saliva production because that supposedly was the magical tool to activate the pencil they were given to vote), what matters is the act, the arrogance which isn't - and I'm sorry to say this - a prerogative of those following the movement, but distinctive of a society which for 20 years has proven its nature even with its political choices.

Matteo Castellani Tarabini | @contepaz83

La realtà è molto più complessa dell'apparenza



Ho ricevuto una richiesta da @CPolemos la scorsa settimana. "Quando scriverai qualcosa su Genghis Khan?" Come ogni blogger che desidera tenere il suo pubblico felice, mi sono detta: "Bene, questo sarà il mio prossimo post!".

Ecco il punto su Genghis Khan. Quando si pensa a lui di sfuggita, si può pensare semplicemente "Quel tizio era una persona orribile". Era un assassino brutale, un leader malizioso ed aggressivo, e un violento in generale. E' facile liquidarlo come "il cattivo", ma come uno speciale della BBC evidenziava, se si pensa solo in questo modo, si rischia di perdere una storia molto più complicata. Sapevate che Temujin (il nome che Genghis Khan aveva prima di diventare un grande leader) perse il padre perché gli altri membri della tribù lo avvelenarono? Sapevate che Temujin veniva costantemente tradito dalle persone a cui teneva di più? Avete mai pensato quanto deve essere stato difficile sopravvivere, per un piccolo clan nelle steppe aride della Mongolia moderna?

Nessuno di questi singoli fattori può scusare e giustificare l'uccisione e la tortura di innumerevoli persone, è ovvio. Però fanno apparire Genghis Khan come una persona multi dimensionale invece di un personaggio caricaturale piatto, facile da capire e facile da scartare.

Nel mondo dei social media, è altrettanto facile scartare le persone una volta che si pensa di averle capite. "Quella persona è popolare", potreste dire. "Quella persona è sempre di malumore." "Sono più in gamba rispetto a quella persona, non riesce nemmeno a fare questo o quello." Tuttavia, così come c'è molto di più nella storia di Genghis Khan rispetto al suo semplice essere "cattivo", quasi sempre c'è molto di più nella storia delle persone che incontriamo sulle piattaforme di social media, rispetto a quel che possiamo vedere a una prima occhiata.

Questo punto mi ha colpita a livello personale qualche anno fa. Parlavo quasi ogni giorno con una persona che pensavo di cominciare a conoscere abbastanza bene. Sembrava gentile, ambizioso, e sembrava costruire un seguito forte su Twitter e sul suo blog. Ho pensato che fosse una persona felice, che i suoi affari fossero fiorenti, e questo è esattamente il modo in cui si presentava online.

In realtà, nulla avrebbe potuto essere più lontano dalla verità. Questa persona che pensavo di conoscere era disoccupata oppure occupata occasionalmente con lavori manuali da mesi. L'ho scoperto dopo aver saputo che aveva ucciso il figlio di 18 mesi, e poi se stesso. Non avrei potuto sbagliarmi di più sul suo conto.

In altri casi, una persona che si pensa essere cattiva, potrebbe semplicemente attraversare un periodo molto difficile. Una persona che sembra fredda e distante può essere in realtà molto gentile, ma solo molto protettiva dei propri sentimenti.

Ovviamente si spera che non abbiate nessun personaggio come Genghis Khan nella vostra community online. Può anche essere stato complesso, ma molto probabilmente non era proprio una persona carina in generale. Ma è sempre meglio, nel mondo online, guardare un po' oltre i tweet e oltre l'avatar. Ricordate sempre che probabilmente non conoscete tutta la storia. Infatti, probabilmente non conoscete nemmeno metà della storia. Date la possibilità alle persone di rivelarvi qualcosa di più, se lo vogliono. Date alle persone il beneficio del dubbio. Non cadete nella tentazione di ridurre le persone a personaggi piatti da cartone animato.

Marjorie Clayman | @margieclayman


More complex than they appear

I received a request from @CPolemos last week. “When are you going to write about Genghis Khan?” Like any good blogger wanting to keep the audience happy, I said, “Um, that’ll be my next post!”

Here’s the thing about Genghis Khan. When you think about him in passing, you may simply think, “That guy was a horrible person.” He was a brutal killer, a malicious and aggressive leader of men, and an abuser of people in general. It’s easy to dismiss him as a simple villain, but as a BBC special on the great Khan pointed out, if you simply think in that way, you miss a much more complicated story. Did you know that Temujin (the name Genghis Khan carried before he became the great leader) lost his father because others in their tribe poisoned him? Did you know that Temujin was perpetually betrayed by people he cared about? Have you ever considered how tough it must have been for a small clan to survive on the rough steppes of modern-day Mongolia?

None of these single factors excuse the murder and torture of countless people, of course. However, it does make Genghis Khan appear as a multi-dimensional person instead of a flat, easy-to-understand, easy to dismiss cartoon character.

In the world of social media, it is just as easy to dismiss people once you think you understand them. “That person is popular,” you might say to yourself. “That person is just bitter all the time.” “I am smarter than that person, they can’t even do this or that.” However, just like there is much more to the story of Genghis Khan than him being simply “evil,” there is almost always more to the story of individuals we meet on social media platforms than what we can readily see.

This point truly struck me on a personal level a couple of years ago. I talked almost every day to a person whom I thought I was getting to know pretty well. He seemed kind, ambitious, and he seemed to be developing a pretty strong following on Twitter and via his blog. I assumed that he was a happy person, that his business was thriving, and that he was exactly how he presented himself online.

As it turned out, nothing could have been further from the truth. This person I thought I knew had been unemployed and/or working manual labor jobs for months. I found out about this after learning that he had killed his 18-month-old son, then himself. I could not have been more wrong about him.

In other cases, a person whom you think is just mean may actually be going through a really hard time. A person who seems cold and distant may actually be extremely nice, just protective of their own feelings.

Of course, one would hope that you don’t have any characters like Genghis Khan in your online community. He may be complex but he probably was not a nice guy in general. But it’s always best in the online world to look a little beyond the tweets and beyond the avatar. Remember that you probably don’t know the whole story. In fact, you may not even know half of the story. Give people a chance to reveal more to you, if they want to. Give people a little benefit of the doubt. Don’t fall into the temptation of reducing people to a flat, cartoon-like nature.

Marjorie Clayman | @margieclayman

domenica 24 febbraio 2013

#DirittiUmani: la fiaba quotidiana



E la principessa e il principe si sposarono e vissero felici e contenti per il resto dei loro giorni. Questo è il finale di quasi tutte le favole che sentiamo da piccoli. Ma nella realtà c'è sempre una grande differenza dopo le classiche parole:… E vissero felici e contenti.

Quando si arriva al gran finale delle fiabe, in genere ci sono il Principe e la Principessa felici, ma quante volte nella realtà le cose sono sempre cosi? Nelle favole che leggiamo ai nostri figli c'è sempre un principe che protegge e salva la sua principessa. Tutt'ora nelle favole i principi sono cosi, buoni, altruisti, hanno la forza e la usano per proteggerci.

Tutt'oggi non solo nelle favole i maschi sono cosi. Ma ancora oggi ed anche nelle società più evolute i principi diventano bestie che picchiano e maltrattano fisicamente le loro compagne, le insultano e le trasformano da principesse in schiave. Si tratta di violenza contro le donne da parte dei maschi.

A ottobre dell'anno scorso, L'Italia ha firmato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Questonuovo trattato è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza.

L' art. 3 della Convenzione definisce "La violenza contro le donne" come “una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne” e si intendono tutti gli atti di violenza di genere che si traducono in, o sono suscettibili di provocare, danno fisico, sessuale, psicologico o economico o sofferenza alle donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia in pubblico che nella vita privata.

Purtroppo, la violenza sulle donne resta un problema attuale anche in Italia, e secondo i dati dell'ISTAT è in continua crescita il numero delle vittime di femminicidio. Nel 2012 in Italia 117 donne sono state uccise da un familiare o conoscente. I dati rivelano anche che la violenza domestica risulta la più diffusa, in quasi 70% dei casi. Quindi la violenza sulle donne è un grande problema in primo luogo della convivenza domestica, nonché di relazioni umani fra uomo e donna. Secondo lo stesso ISTAT, il 93% dei casi non vengono segnalati, rimanendo sconosciuti, invisibili, inesistenti.

Finalmente con l'adesione alla Convenzione sopra citata, dovrebbe essere possibile delineare un quadro completo di politiche e misure per la protezione e l'assistenza a tutte le vittime della violenza contro le donne e la violenza domestica. Ogni paese che aderisce e quindi anche l'Italia, dovrebbe garantire l'effettiva attuazione delle sue disposizioni e quindi adottare la legge di ratifica della convenzione.

A quanto spiega Marina Calloni, ordinario di filosofia politica nell'Università di Milano-Bicocca, in Italia ancora non c'è una legge organica che disciplini in maniera completa questo grave problema, un metodo uniforme che possa coinvolgere con un approccio integrato e strategico tutti i soggetti implicati, non ci sono azioni standardizzate per prevenire e monitorare il fenomeno della violenza contro le donne.

Volevo capire meglio come sono organizzate sul territorio le associazioni che aiutano le donne in difficoltà e ho fatto alcune domande ad una mia amica che è stata responsabile di una casa di accoglienza per le donne maltrattate. La prima cosa che mi ha detto è che non esiste una normativa a livello nazionale che regoli questo aspetto, ma ogni provincia fa come crede. Lei definisce il sistema come un sistema a “macchia di leopardo”.

C'è tanto volontariato, associazionismo, cooperative, ognuno nel suo piccolo porta avanti un progetto indirizzato ad aiutare le donne che subiscono violenze. C'è il telefono rosa che offre accoglienza telefonica 24h su 24 anche ai minori che subiscono violenza in famiglia. Ci sono le forze di polizia dove le donne vanno a sporgere le denuncia che poi indirizzano le donne a rivolgersi ai Servizi Sociali. Ci sono i giudici, i mediatori culturali, ci sono leggi che tutelano le donne, come quello contro lo stalking. Ci sono centri specializzati anche nell'inserire la donna in un ambito sociale e renderla indipendente, associazioni che offrono assistenza legale, sociale, psicologica ed economica alle vittime della violenza.

Ma quello che manca è una regolamentazione unitaria. C'è una regolamentazione per i malati mentali, per i minori che delinquono, per gli anziani, per tante categorie sociali ma non per le donne aggredite. La mia amica mi spiega che c'è tanta diversità di servizi offerte alle donne ma non c'è una rete di collegamento trasparente, l'informazione rimane bloccata in piccole macchie di leopardo, la comunicazione viene troncata e alla donna risulta difficile capire come funziona veramente il sistema e quali sono le prospettive che la aspettano nel momento nel quale decide di abbandonare una situazione di violenza, isolamento sociale e sottomissione. Le donne a volte non sanno neanche a chi rivolgersi e non hanno neanche una struttura familiare solida che le possa aiutare.

La violenza domestica è un fenomeno complesso, ed anche se ogni donna ha la sua storia la tipologia è simile: per molto tempo la maggior parte delle donne non denunciano subito il loro partner, ma si rivolgono ai centri sociali solo quando veramente sentono di rischiare la vita.

La storia di Clara non è una fiaba ma una delle tante storie contemporanee. Clara è una delle tante donne in fuga dal marito. Per tutta la vita ha fatto la casalinga, ha dato vita e ha cresciuto tre figli e dopo una vita di violenze subite dal marito, è dovuta scappare e rifugiarsi in una casa per le donne maltrattate. Clara ha vissuto una vita benestante, ma il prezzo da pagare è stato l'isolamento sociale, senza amici e famiglia, la possessività, la sottomissione fino ad arrivare decine di volte in grave condizioni in ospedale. Solo quando ha sentito veramente di rischiare la vita ha avuto il coraggio di scappare e lasciare alle spalle il suo calvario, grazie anche all'aiuto di psicologi e assistenti sociali del Centro Antiviolenza.

Il ruolo dei Centri Antiviolenza per le donne è importantissimo. Oltre ad offrire la prima accoglienza, i centri offrono servizi legali, psicologi, educatori e gruppi di sostegno e di servizi speciali per i bambini delle donne in fuga, orientamento ed accompagnamento al lavoro. Perché è altrettanto importante capire i bisogni di ogni donna e accompagnarla nel miglior modo ad uscire dal ciclo della violenza. Le case rifugio, invece, spesso ad indirizzo segreto, ospitano oltre alle donne anche i loro figli minorenni per un periodo di emergenza.

Ma come funzionano questi centri? Da dove provengono i fondi destinati alle donne maltrattate? Molti Centri Antiviolenza si sono organizzati costituendo una rete territoriale di sostegno alle donne che subiscono violenza e coinvolgendo le forze dell’ordine, i pronto soccorsi, i servizi sociali ed altri enti sensibili al tema. Alcuni sono autofinanziati, alcuni sono stati creati con finanziamenti pubblici, con partnership collaborative pubblico-private e fonti di finanziamento esterne.

Ma i centri non sono considerati un servizio pubblico, come un ospedale, per esempio. Così, alcuni, dopo la fase iniziale di finanziamento ricevuto, con il tempo rischiano la chiusura per mancanza di risorse sufficienti, anche a causa dei tagli alle politiche sociali. Tante di questi centri sono stati costretti a chiudere, come è il caso della casa rifugio coordinata dalla mia amica.

Come risulta dal libro scritto dal giornalista Riccardo Iacona “Se questi sono gli uomini”, in Italia si contano circa 150 associazioni che si occupano di violenza contro le donne, ma ancora poche rispetto alle decine di nuovi casi e ancora pochi sono i fondi stanziati dal governo per l'attuazione delle politiche sociali.

Per concludere, ormai è riconosciuto che un contesto di disuguaglianza sociale e discriminazione tra i sessi è un terreno fertile per la violenza domestica. Quindi da una parte è una questione di cultura, abbiamo il problema del modello maschile e femminile che si trova in un processo di trasformazione e quindi l'educazione dovrebbe essere centrata sui nuovi rapporti e modelli di relazione fra uomo e donna che insieme dovrebbero scoprire e costruire un nuovo senso dei rapporti, della reciprocità, della dignità dello stare insieme.

Sarà sicuramente un processo lungo, ma uomini e donne devono lottare insieme e collaborare per fare qualcosa di concreto a livello culturale e sociale e non cadere nella trappola dalla violenza, del rovescio della medaglia dove gruppi di femministe più radicali, come testimonia una delle prime fondatrici di rifugi per donne vittime di violenza Erin Pizzey, “sotto la copertura dei centri anti-violenza che danno loro fondi e strutture per portare avanti la guerra di genere contro gli uomini, le femministe hanno iniziato a diffondere dati tendenziosi. [...] Vidi le femministe costruire le loro fortezze di odio contro gli uomini, dove insegnavano alle donne che tutti gli uomini erano stupratori e bastardi. Testimoniai il danno fatto ai bambini in tali rifugi. Osservai i “gruppi di consapevolezza” progettati per plagiare le donne e farle credere che i loro mariti fossero nemici da sradicare. [...] Milioni di uomini e bambini hanno sofferto nelle mani di questo malvagio movimento femminista”.

Dall'altra parte ci sono le leggi e le istituzioni che devono aiutare e proteggere le donne maltrattate. C'è bisogno di un piano nazionale contro la violenza, e di fondi per assicurare i servizi alle donne abusate. Il quadro politico e giuridico frammentario e la limitatezza delle risorse finanziarie per contrastare la violenza sulle donne, infatti, è uno dei punti deboli.

Negli ultimi anni ci sono state tante campagne di sensibilizzazione delle istituzioni sul territorio, eventi, raccolte fondi e sensibilizzazioni nelle scuole, pubblicazione di materiale di sensibilizzazione e formazione. Il 14 febbraio 2013 in occasione del evento One Bilion Rising un miliardo di donne e uomini di 189 paesi del mondo balleranno insieme in nome della consapevolezza e della solidarietà, protestando contro la violenza. “Un miliardo di donne violate è un’atrocità” sostiene Eve Ensler, l'ideatrice di questo evento, “un miliardo di donne che danzano è una rivoluzione”.

In attesa della giornata internazionale della donna del prossimo 8 marzo, i politici che regalo ci faranno?

“La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. E forse è la più pervasiva. Non conosce limiti geografici, limiti culturali o di ricchezza. Fintanto che continua non possiamo dichiarare di fare reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace.”-  
Kofi Annan

Daniela Butcu | @danib1977


The daily fable

And the prince and princess got married and lived happily ever after together for the rest of their days. This is the ending of almost all the fables we hear when we're young. But in reality there's always a great difference after the classical words... "and they lived happily ever after".

When we arrive at the great ending of the fables, generally the Prince and the Princess are happy, but how often in reality the things are always that way? In the stories we read our kids there's always a prince who protects and saves his princess. Still in fables the princes are like that, good, caring, strong and willing to protect us.

And yet today not only in fables men are like that. But today, even in the most advanced societies, princes become beasts who strike and mistreat their omen physically, they insult them and turn them from princesses to slaves. It's about the violence of men against women.

In October last year, Italy has signed the Convention of the European Council on prevention and fight against violence towards women and domestic violence. This new treaty is the first international tool which is legally constraining, which creates a complete juridical scenario to protect women against all kinds of violence.

The 3rd article of the Convention defines "violence against women" as a "violation of human rights and a form of woman discrimination" and include all types of gender violence which translate into, or can cause, physical, sexual, psychological, economical damages or suffering in woman, including the threats of these acts, the constraints or the arbitrary deprivation of freedom, both in public and in private life.

Unfortunately, violence against women remains a problem even in Italy, and according to the ISTAT data, the number of victims of feminicide is in constant growth. In 2012 117 women have been killed by a family member or friend in Italy. The data reveal that domestic violence is the most common, in almost 70% of cases. So violence against women is a great problem first of all for domestic living, and also the relationships between man and woman. According the same ISTAT, 93% of cases aren't even reported, and remain unknown, invisible, non existent. 

What does it mean to have an opinion? It doesn't mean anything if that opinion doesn't belong to us. I'm starting this post by giving your the conclusion of my thoughts. But that's just my opinion.

We read newspapers, we watch TV and listen to many politicians, journalists, VIPs and famous people with fake tits who have opinions about everything, about how to eat, how to dress, what to think about one person or the other, on what's right to do or how it would be right to answer in a certain situation. On everything that is related to our existence. And so our opinions are nothing but the mirror of somebody else's point of view.

There are even accountants who instead of taking care of your balance, spend time writing philosophy treaties about friendship between man and woman. Who then go into politics and spread the idea that the future of a city is in the creation of a luxury area. And people vote them, because after all they have an opinion.

We need to change perspective, the way of seeing things by creating an opinion that is truly ours, based on our own knowledge. The question is: is it us who choose, based on our convictions, or do we let ourselves fooled by what is given to us already chewed?  What do we really base our choices upon? After all these years we're in the same situation of crisis, unhappiness and pessimism, and yet we continue to not have our own opinion.

Many people don't want to think, analyze and take responsibility for their individual choices, by putting the signature on a choice based on ideas that are given to us by others and that are not the result of their own analysis. They leave everything in the hands of the greedy of power, the ones that take the power for themselves and don't do anything to earn it.

During the last few years we've seen a general disinterest, a lack of affection for politics, I feel like people take everything lightly by letting themselves fascinated by the words of whoever shouts the loudest.

We're more and more attracted by gossip, by tv shows covered in insults, because whatever amazes us in a negative way makes us angry: so we waste our time thinking of useless things. Because when we're stunned and angry we can express our opinion. It's that easy, no need for studies in order to understand what's going on. The trend matters, we're a little bit snobs, and we're afraid of what others might say if we think or act differently.

We really need to understand that nothing's going to go back to how it was, and now more than ever we must open our hearts and minds and be less suspicious about cultural change, to what's different, and learn to listen, analyze and ask questions. And from here start to give answers that truly belong to us and are not imposed by others' opinions.

Daniela Butcu | @danib1977

sabato 23 febbraio 2013

La valutazione per obiettivi nelle HR 2.0



I recenti casi di multinazionali cadute in disgrazia e le oltre 104 mila imprese italiane che nel 2012 sono entrate in crisi o hanno cessato l’attività ci insegnano che in uno scenario come quello attuale, caratterizzato da mutamenti tanto profondi quanto repentini, le maggiori prospettive di sopravvivenza non dipendono dal possesso di spalle più larghe bensì dalla maggiore capacità di adattamento ai cambiamenti.

Questa capacità si può sviluppare kaizenianamente attuando strategie aziendali come la pianificazione di formazione ed esperienze dei lavoratori, la gestione della conoscenza intraziendale (inclusa quella che altrimenti si disperderebbe con l’uscita di personale), la ricerca dell’aumento di redditività, la misurazione dei risultati e la revisione delle strategie.

Gli approcci che potevano funzionare in passato risentono però oggi fortemente dei mutamenti sociali ed economici: sono cambiate cultura e abitudini delle persone, sono cambiati gli scenari commerciali, è cambiato il modo in cui si comunica e ci si relaziona sia all’interno che all’esterno dell’azienda.

Purtroppo l’Italia in quanto a organizzazione del lavoro e a pratiche innovative non è andata di pari passo con questi cambiamenti, tanto che oggi in questa graduatoria risulta tra le ultime nazioni europee.

Una decina e passa di anni fa spiegavo come una gestione delle risorse umane efficiente e vantaggiosa sia per l’azienda che per il lavoratore passava per una corretta strategia di valutazione delle risorse umane per obiettivi.

Questa prevedeva, tra le altre cose, un incontro verso inizio anno tra il singolo lavoratore e il suo diretto superiore, al fine di individuare e condividere obiettivi ragionevolmente raggiungibili entro la fine dell’anno, momento in cui ci si ritroverà per verificare gli effettivi risultati ottenuti e trarne le opportune considerazioni.

In particolare, i contenuti di questa riflessione congiunta dovevano includere la descrizione dell’AS-IS (competenze acquisite, valore aggiunto ai processi aziendali) e del TO-BE (lacune da colmare, nuove opportunità) relativi alla risorsa umana.

L’altro giorno un amico mi ha mostrato un documento simile, presentatogli come forma innovativa di gestione delle HR. L’impressione che invece ne ho avuto io è stata quella di un intervento tardivo, incompleto e, probabilmente, anche obsoleto.

Tardivo, perché non sono pensieri nuovi (men che meno innovativi) che non portano vantaggi competitivi nei confronti di chi già li applica da anni (ammesso e non concesso che sia pratica diffusa). Incompleto, perché il modulo da compilare era privo dell’ultimo tassello, quello più importante: quello che dice cosa succede se l’obiettivo viene raggiunto del tutto, in parte o per niente. Un riconoscimento? Un cambiamento di mansione? Senza questo, gli obiettivi non servono a niente.
Obsoleto, perché sarebbero da rivedere in ottica ecosistemica sia il ciclo PDCA che il rapporto gerarchico tra responsabile e subalterno che pianificano degli obiettivi.

La crescita del singolo dipende spesso dal contesto del reparto a cui appartiene e da ogni soggetto con cui si interagisce (non necessariamente in relazione alla propria mansione), indipendentemente dal fatto che sia un collega, un cliente o un fornitore.

Questi soggetti sono anche gli stessi che possono integrare la valutazione del responsabile in modo che diventi completa, oggettiva, trasparente, collaborativa e contestualizzata. Possono emergere per esempio attitudini poco note, scarse abilità comunicative, spiccate capacità di trasferimento della conoscenza all’interno dell’azienda, di abilitazione a strumenti e metodi più efficaci, di contagio o leadership, persino la reputazione personale.

Qualcosa di simile è la recente introduzione in Linkedin della possibilità di confermare competenze ed esperienze della nostra rete di contatti. Tutto alla luce del sole, tutto verificabile: la base di partenza per la successiva discussione privata sugli obiettivi da raggiungere.
Significa perdita di parte del controllo da parte dei manager (o l’accettazione formale del fatto che l’hanno persa già da tempo), ma anche ottenere risultati migliori, che sono quelli sui quali i manager vengono a loro volta valutati a fine anno.

Per approfondire questo tema ho chiesto un commento alle mie riflessioni ad Alessandro Donadio, organization & people enabler nonché founder di e-nable, social organization ed enterprise 2.0 addicted, ecc.

Faccio tre brevi riflessioni sull’argomento da te ben inquadrato:
- Inizio sottolineando che promuovevi questo approccio già 10 anni fa, e in effetti oggi non si tratta certo di una innovazione fra le politiche HR. Va detto che solo aziende di una qualche dimensione hanno importato sistematicamente alcuni di questi modelli, ma quello che osservo è la degradazione di questo approccio ad una pratica burocratica che alimenta se stessa. Il cuore della pratica starebbe nel patto generantesi fra il capo e il collaboratore. Proprio questo processo da senso all’effort promosso per il raggiungimento dell’obiettivo, di cui il premio è un suggello simbolico ancorante, ma questo passaggio cruciale di patto, è stato subito derubricato a momento formale di rispetto di un ciclo documentale con pochissimo impatto reale sui risultati. In effetti nella mia esperienza quando guardi da vicino gli obiettivi fissati e calati dall’alto sono spesso irraggiungibili, in quanto molte azioni sono fuori dal “cono di potenza” della persona. Oppure un semplice passaggio anno dopo anno degli stessi obiettivi: in qualche modo un premio dato a priori. L’altra deviazione che osservo è l’acquisizione di questi modelli da parte di medie aziende nel senso burocratico che ho descritto, spesso scalzando modalità informali preesistenti di per se anche funzionali

- La seconda riflessione si aggancia alla prima ed è forse l’aspetto che più di altri ne ha decretato la mutazione da patto psicologico a procedura burocratica: le competenze soft dei valutatori/capi. Questi non sono stati stimolati ad acquisire reali capacità empatiche, assertive, negoziali, necessarie a supportare proprio la fase di patto da una parte, e di accompagnamento e facilitazione della persona durante la fase di effort verso l’obiettivo dall’altra. Questo ha accelerato la “cartificazione” dei sistemi di premio per obiettivi, e la recessione del ruolo del valutatore (capiamo anche bene la portata che ha la valutazione su sistemi, persone, business) a quello di mero funzionario del processo

- Ultimo tema è quello degli obiettivi. Le organizzazioni oggi hanno sempre meno esigenza (o comunque è fattore meno critico) di capacità di raggiungimento di risultati quantitativi. Aumenta, invece, la necessità di risoluzione di problemi sempre nuovi, di stimolo all’innovazione continua, di generazione di opportunità. In questo quadro gli obiettivi qualitativi diventano cruciali e dovrebbero essere sostenuti da un sistema di premio coerente. Il lavoro in team (fuori dalla retorica però), lo scambio di sapere, la collaborazione emergente, solo per indicarne alcuni, sono i nuovi fattori da perseguire e la valutazione deve saper cogliere bene questi aspetti là dove si generano. Pensa ad un sistema di premio (magari gamificato) nel quale si da merito a tutti coloro che hanno supportato i propri colleghi con qualche spunto innovativo o abbiano promosso qualche idea poi risultata perseguibile dall’azienda, o ancora chi con la sua azione quotidiana genera opportunità formativi per colleghi.

Roberto Favini | @postoditacco


The evaluation by goals in 2.0 HR divisions

The recent cases of multinationals fallen into disgrace and the more than 104 thousand Italian companies that have stepped into the crisis in 2012 or have ceased their activity teach us that in a scenario as the current one, characterized by changes that are as deep as they are sudden, the biggest perspectives of survival don't depend on having larger shoulders, but on a bigger ability to adapt to change.

This ability can be developed in a kaizenian way by implementing company strategies such as planning of formation and experiences of workers, the management of company knowledge (including the one that would otherwise be disperded with the exit of personnel), researching an increase of income, measurement of results and revision of strategies.

The approaches that could work in the past however, suffer today because of the changed social and economical scenarios: the culture and habits of people have changed, the commercial scenarios have changed, the way we communicate and relate to one another has changed, both inside and outside the company.

Unfortunately Italy as for organization of labor and innovative practices hasn't been up to the pace of these changes, and now it is among the last of the European countries in the charts.

About ten years ago I used to explain how an efficient and advantageous management of HR would have to go through a correct strategy of evaluation of human resources by goals.

This meant, among other things, a meeting at the beginning of the year between the single worker and his direct superior, with the goal to find and share goals that were reasonably reachable before the end of the year, when they would meet again to verify the results that have really been reached and get the conclusions.

In particular, the contents of this joined reflexion should include the description of the AS IS (acquired competences, added value to company processes) and the TO BE (problems to solve, new opportunities) regarding the resource.

A few days ago a friend showed me a similar document, which was presented as an innovative form of HR management. The impression I had was of an intervention that was late, incomplete and probably already obsolete.

Late because there aren't any new thoughts (and certainly not innovative), and they don't bring competitive advantages compared to those who have already been applying them for years (admitting that this is indeed a diffuse practice). Incomplete, because the module they had to fill in lacked the last part, the most impotant: the one where they say what happens whether the goal is reached fully, partially or not at all. A prize? A change in role? Without this, goals are useless. And obsolete, because we should reconsider in an ecosystem logic, both the PDCA cycle and the hierarchical relationship between responsible and employee who plan the goals.

The growth of the single often depends on the context of the division which he belongs to, and on every single person he interacts with (and not necessarily regarding his mansion), independently from the fact that it's a colleague, a client or a supplier.

These subject are the same who can integrate the evaluation of the responsible in a way that can become complete, objective, transparent, collaborative and contextualized. For example unknown attitudes can emerge, or scarce communication abilities, good capacities of transfering knowledge inside the company, abilitation to tools and methods which are more effective, contagion or leadership, even personal reputation.

Something similar is the recent introduction in Linkedin of the possibility of conferming competences and experiences for our web of contacts. Everything public, everything verifiable: it's the starting point for the private discussion about the goals to reach. It means to lose part of the control for managers (or formally accepting that they've already lost it long ago), but also obtaining better results, which are the ones managers themselves are evaluated on at the end of the year.

Roberto Favini | @postoditacco

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