▼ Il tweet del giorno

giovedì 14 febbraio 2013

Società moderna e indifferenza: l'ottundimento della #solidarietà



"Solo me ne vò per la città
passo tra la folla che non sa
e non vede il mio dolore....”
Ho avuto in mente i versi di questa canzone per tutto il week-end. Mi sono venuti spontanei mentre passeggiavo in mezzo alla folla cittadina; cosi come il famoso “cantante senza pubblico” delle Iene che entrava di sorpresa a varie manifestazioni per rubare la scena ai protagonisti, io avevo la sensazione di essere assaltata da tutte le parti da tanti “menestrelli” in cerca di attirare pubblico con i loro versi.

Avrei voluto in ritmi di swing filarmela e tornare a casa mia. Ad ogni angolo di strada c'è qualcuno che ti chiede qualcosa. Ragazzi e giovani che ti fermano amichevolmente per chiederti una firma contro la droga, signore di mezza età con in mano sacchi di arance per raccogliere donazione per la ricerca contro il cancro (che fra altro è una bella iniziativa), signori in pensione con in mano manifesti con su scritto “Ma siam pazzi!??” che ti vogliono dalla loro parte contro l'implementazione dell' inceneritore, i ragazzi stranieri che ti vogliono vendere accendini e fazzolettini.

Anche loro si sono evoluti. Hanno una nuova tecnica di marketing, non ti dicono il prezzo che vogliono ma lasciano a te la scelta (forse perché hanno capito che comunque il prezzo che ottengono è sempre sopravalutato rispetta al valore dell'oggetto che ti offrono). E la lista continua. C'è veramente di tutto per le strade della città, ognuno utilizza il suo metodo, uno più ingegnoso dell'altro. Se per caso ti capita di dover fare due tre volte “le vasche”, ti fermano ogni volta e cosi ti tocca di riempirti di manifesti oppure di doverti scusare e spiegare che sei già a conoscenza.

In questa giungla metropolitana, assaltati da persone ed informazioni, ci sentiamo “attaccati” e
quindi diventiamo più chiusi rispetto al prossimo e non vediamo più i dettagli, non distinguiamo più chi veramente ha bisogno di aiuto. Diventiamo più immuni ai suoni, alla gente che ti tocca, ti ferma, ti guarda solo perché si scatena una specie di reazione di autodifesa. E ci lasciamo andare in atti quotidiani meccanici che ci portano a distaccarci dall'ambiente e dal prossimo, e implicitamente dal mondo.

Almeno a me è successo questo. Me ne sono accorta che ogni volta che uscivo dovevo fare tanta fatica per non dissociarmi dagli altri ed entrare in una specie di trance fino alla fine della strada dove potevo entrare in qualche angolo e godermi un momento di pace. Mi è capitato di non vedere situazioni che meritavano il mio interesse oppure di non dare una mano a qualcuno che aveva bisogno di aiuto.

Stiamo diventando più distaccati emozionalmente dagli altri e questo ci crea un disinteresse anche per il mondo, per la società. Ci lasciamo coordinati dal desiderio di non essere disturbati o coinvolti in nessun modo nelle faccende/ lotte dei piccoli gruppi o delle singole persone.

Tutta la nostra indifferenza ha come base il fatto che non ci informiamo abbastanza e cosi non
riusciamo a scegliere secondo criteri validi nell' immensità di richieste/ offerte/ informazioni/
gruppi/ movimenti/ cause sociali e cosi via. In questo modo non riusciamo a trovare un senso per farci coinvolgere, agire, aiutare, non riusciamo a trovare un senso alle relazioni sociali e poi ci lamentiamo di essere troppo annoiati. Alla fine smettiamo di comunicare e di essere in sintonia con il prossimo e con il mondo.

La strada è la fotografia fedele della nostra società, popolata da tanti passanti indifferenti e distratti dove ciascuno passa vicino al suo prossimo come si passa vicino ad un muro. Non dobbiamo fare dalla nostra indifferenza un modo di relazionarci con il mondo, ma usiamola solo come un piccolo momento di riflessione. Un momento silenzioso per indagare, per farci un'opinione e per tornare sulla strada cambiati e con idee che ci appartengano e non guidate dai canoni convenzionali, dalle regole sociali standardizzate o dalle suggestioni collettive.

Chiudo la mia riflessione con una citazione di A. Gramsci:

L'indifferenza è il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia
inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica.

Daniela Butcu | @danib1977


Modern society and indifference: the lowering of solidarity

"I walk alone in the city
walk among the crowd who doesn't know
and doesn't see my pain..."


I've had the lyrics of this song in mind for the entire weekend. They just came to me as I walked among the city crowd; just like the famous "singer without an audience" of the Iene who entered by surprise in various manifestations to steal the scene to the protagonists, I had the feeling I was assaulted from several sides by many minstrels trying to attract an audience with their verse.

I would have liked to dance away on a swing rhythm and go home. At every corner there's someone asking for something. Kids and young people who stop you in a friendly manner to ask for a signature against drugs, middle age ladies with bags full of oranges to get funds for the research against cancer (which by the way is a great initiative), retired old men holding signs reading "Are we crazy?" who want you by their side against the implementation of the incinerator, the foreign kids who want to sell you lighters and paper napkins.

Even they have evolved. They have a new marketing technique, they don't say the price they want, but leave the choice to you (maybe because they figured out that the price they get is always overestimated compared to the real value of the object they're offering). And the list goes on and on. There's really anything on the streets of a city, everyone uses their own method, one smarter than the other. If you happen to walk in the same spot two or three times, they stop you every single time, so you have to get filled with paper or apologize and explain you've already been informed.

In this metropolitan jungle, assaulted by people and information, we feel "attacked" and we close ourselves to others, we can't see details anymore, we can't distinguish those who really need our help anymore. We become immune to sounds, to people who touch us, who stop us, who look at us only because the whole situation causes a reaction of self defense. And we give in to mechanical daily gestures that lead us to get away from the environment and our peers, and implicitly from the world.

At least, that's what happened to me. I realized that every time I went out it was very hard not to disconnect from the others and enter some sort of trance that lasted until the end of the street, where I could walk in some place and have a moment of peace.

Daniela Butcu | @danib1977

2 commenti :

Roberto ha detto...

Bellissimo articolo! L'indifferenza sociale è forse peggiore dell'odio. E l'assuefazione al "bisognoso" sta assumendo proporzioni preoccupanti. Ho apprezzato il modo in cui hai descritto questa tendenza che colpisce tutti quanti. Senza giudizi e senza facili demagogie.

Daniela Butcu ha detto...

Grazie Roberto, ho scritto quello che sentivo. E' stato un segnale d'allarme anche per me stessa. Il cambiamento deve venire, prima di tutto, dentro di noi.

Posta un commento

▼ Leggi i migliori della settimana

2