▼ Il tweet del giorno
Berlusconi: "Presidente della Convenzione? Solo una battuta". Come quando prometteva un milione di posti di lavoro ed il rimborso dell'IMU.
— Il Triste Mietitore (@TristeMietitore) 08 maggio 2013
domenica 31 marzo 2013
#Comizidamore: povera Patria, strangolata da povertà e analfabetismo di ritorno
Un'altra settimana pesante per questo Paese. Ma non voglio suonare il De Profundis già all'inizio di questo articolo. Vorrei concentrarmi soprattutto sull'uso spropositato di un linguaggio violento, denso di epiteti volgari, nella nostra vita pubblica recente.
Mi riferisco in particolare a Grillo e Battiato. Ma mentre il primo non mi soprende più, il secondo mi ha - lo ammetto - lasciato di sasso, quando ha usato un termine come «troie» per riferirsi ai parlamentari della precedente legislatura. Chiariamoci: nella scorsa legislatura abbiamo assistito a compravendite di parlamentari veramente squallide, degradanti ed umilianti per l'immagine del nostro Paese. Chi può negarlo? Ma da Battiato, uomo colto e dal ricchissimo vocabolario, non mi sarei mai aspettato toni così volgari. Perché penso si possa avere un giudizio negativo su un qualsiasi argomento, pur senza esprimerlo con l'insulto. Perché un giudizio negativo può essere ugualmente efficace e comprensibile usando un linguaggio consono e non per forza violento.
Ma perché in questo Paese si fa spesso ricorso al turpiloquio per esprimersi? E qui arriviamo al punto: in questo Paese solo il 20% della popolazione sa leggere e scrivere correttamente. L'80% ha difficoltà nell'esprimersi sia verbalmente che in maniera scritta. E allora, per farsi comprendere in maniera più chiara, efficace e diretta, ecco che le parolacce diventano d'uso comune anche nella vita pubblica. E qui tralascio la vicenda di Battiato che, per quanto io sia rimasto scosso da quanto successo, non mi va di drammatizzare ulteriormente.
E passiamo a Grillo e al suo enorme successo. Come potrei parlarvi del successo di Berlusconi. Cos'è che accomuna questi due personaggi? La semplicità del linguaggio, l'essere incredibilmente diretti verso il basso ventre, gli istinti più sensibili degli italiani. Perché un popolo con una bassa scolarizzazione è più semplice da convincere attraverso ragionamenti iper-semplificati e pieni zeppi di improperi.
Quindi, è ben semplice intuire che sfidare personaggi del genere sui contenuti è difficile. Perché se al "vaffanculo" e al "meno tasse per tutti" opponi argomenti tipo "giustizia sociale" e "pari diritti per tutti", hai già perso in partenza. Perché la maggioranza del popolo sarà sicuramente più attratta da chi si esprime più "terra terra". E poi, lo sappiamo: gli italiani sono un popolo particolare. Non amano assumersi le proprie responsabilità. E dunque, se arriva qualcuno a sollevarli dalle stesse addossandole al bersaglio di turno (dalla "Ka$ta" ai "giudici comunisti") ecco arrivare il plebiscito nelle urne.
E nessuno potrà mai convincermi che questo Paese sia stato ridotto così esclusivamente dalla sua classe politica: la classe dirigente di questo Paese è una diretta espressione del popolo, nel bene e nel male. Ma questa è un'altra storia.
Insomma, l'insulto è la negazione del ragionamento e del pensiero. Ed è un insulto vero ai Padri e alle Madri di questa Patria, che ha visto personaggi come Leonardo, Dante, Boccaccio, Leopardi, Manzoni e - per tornare a tempi più recenti - a Pasolini e Rita Levi Montalcini (per citarne alcuni) dare lustro a questo Paese nel mondo.
Vedete, sono convintissimo che le riforme economiche servano e siano assolutamente urgenti per mantenere quel minimo di dignità rimasta qui, nel presente. Ma per poter guardare con speranza, con fondata fiducia al futuro e per evitare di ritrovarci di nuovo in questa situazione con guitti capo-popolo a decidere le sorti del nostro Paese, servono investimenti pesanti in istruzione e cultura per ridurre sensibilmente la quota di quell'80% di italiani che ad un ragionamento anche semplice preferiscono un ancora più semplice, auto-assolutorio e liberatorio "vaffanculo".
Fabio Nacchio | @NorthernStar88
Poor country, strangled by poverty and analphabetism
Another tough week for this country. But I don't want to play the De Profundis right at the beginning of this post. I'd like to concentrate on the unappropriate use of a violent language, filled with vulgar names, in our recent public life.
I'm talking in particular about Grillo and Battiato. But while the first one doesn't surprise me anymore, the second has - I admit it - left me speechless, when he used a word as "whores" to refer to the members of Parliament in the previous legislation. Let's make things clear: in our last legislation we've seen buying and selling of parliamentaries that were truly low, deggrading and humiliating for the image of our country. Who can deny it? But from Battiato, a man of culture and with an extremely rich vocabulary, I would have never expected so vulgar tones. Because I think you can have a negative opinion on any topic, and not express it with an insult. Because a negative opinion can be just as effective and understandable by using an appropriate, non violent language.
But why is it that in this country so often people use bad language to express themselves? And here is the point: in this country only 20% of the population can read and write correctly. The other 80% have difficulties in expressing themselves both verbally and in written form. So in order to be comprehended in a clearer, more effective and direct form, the cursing words become a common use in public life as well. And here I will leave the story of Battiato which, although has shocked me quite a bit, I don't want to talk about any further.
And here we go on to Grillo and his huge success. Just how I could talk to you about the success of Berlusconi. What is it that these two people have in common? The simplicity of language, being incredibly direct with the gut, the most sensitive instincts of Italians. Because a people with a low degree of scholarization is easier to convince with hyper-simplified reasoning and a lot of cuss words.
So, it is quite simple to understand that challenging such people on the level of content is difficult. Because if you answer to "fuck yourself" and "less taxes for everybody" with argumetns such as "social justice" and "equal rights for everyone", you've already lost. Because the majority of the people will be definitely more attracted by those who express themselves in a simple manner. And because, we all know it: Italians are a particular people. They don't like to take responsibility. So, if someone arrives and takes those away from them, giving them to the enemy of the moment (from the caste to the "communist judges") there you have a plebiscite at the voting.
And nobody will ever be able to convince my that this country has been reduced like this exclusively by its political class: the political class of this country is a direct expression of its people, in good and in bad. But that's another story.
So to sum it up, the insult is the negation of reasoning and thought. And it is a true insult to the Fathers and Mothers of this country, which has seen people like Leonardo, Dante, Boccaccio, Leopardi, Manzoni and - to talk about more recent times - Pasolini and Rita Levi Montalcini (just to name a few) give shine and honor to this country in the world.
You see, I am totally convinced that economical reforms are necessary and are absolutely urgent in order to maintain that minimum of dignity we still have now, in the present. But in order to look with hope, and justified faith in the future and avoid finding ourselves again in this situation with leading clowns who decide the future of this country, we need strong investments in instruction and culture in order to largely reduce the quote of those 80% of Italians who, to an even very simple reasoning, prefer an even simpler, liberating "fuck you".
Fabio Nacchio | @NorthernStar88
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sabato 30 marzo 2013
#Storiedeldisonore: il primo pentito di mafia in Italia, l'attacco allo Stato e la pizza connection
Nel 1973 si affaccia sulla scena della storia mafiosa il primo collaboratore di giustizia interno a Cosa Nostra italiana.
Se dieci anni prima era stato Joseph Valachi a rivelare l’esistenza dell’organizzazione criminale siciliana negli USA, Vitale mette sul piatto i nomi di Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco e quello di don Vito Ciancimino. Ciancimino che otterrà, nonostante le ombre, nel 1976, la delega agli enti locali siciliani, dopo aver incontrato il capo del governo Andreotti, chiamato a redimere una questione tutta interna alla DC tra lo stesso Ciancimino e Salvo Lima.
Vitale rivela per primo, riguardo all’organigramma di Cosa Nostra siciliana, l’esistenza di una “commissione” e ammette di aver compiuto omicidi per conto delle cosche. I processi partiti dalle sue dichiarazioni finiranno praticamente con un nulla di fatto per “insufficienza di prove”, ed egli verrà di fatto dichiarato seminfermo di mente. Sconterà solo sette anni dei 25 anni di pena per i reati commessi al manicomio criminale, e una volta dimesso, verrà freddato a colpi di lupara nel 1984.
Nel 1978 sui binari della Palermo-Trapani viene rinvenuto il corpo dilaniato di Peppino Impastato. Peppino era figlio di un appartenente alla cosca di Tano Badalamenti. E’ don Tano in persona a ordinare l’eliminazione di Impastato, indispettito dagli sfottò che lo stesso gli rivolgeva dai microfoni di Radio Aut.
Il 1979 è un anno di sangue ed è anche il punto di partenza di una delle inchieste più importanti nella storia del contrasto alla mafia. Nei primi tre mesi del ’79 perdono la vita per mano di Cosa Nostra il cronista del Giornale di Sicilia Mario Francese e il segretario provinciale della DC di Palermo, Michele Reina.
A luglio dello stesso anno l’avvocato Giorgio Ambrosoli conclude la pratica di liquidazione della Banca Privata Italiana di Michele Sindona. Il 12 luglio Ambrosoli avrebbe dovuto firmare una dichiarazione formale per la chiusura della pratica di liquidazione, ma la sera dell’11 luglio a Milano il killer William Joseph Aricò scarica quattro colpi di 357 Magnum contro il commissario liquidatore.
Il mandante è Sindona, che ha pagato Aricò per mettere fuori gioco “l’eroe borghese”, Giorgio Ambrosoli. A mettere in contatto il killer e il banchiere siciliano è stato il trafficante Robert Venetucci, legato a Cosa Nostra americana. Ai funerali di Ambrosoli non sono presenti autorità, solo uno sparuto gruppo di rappresentanti della Banca d’Italia.
Il mese prima erano fallite le società finanziarie di un altro pregiudicato siciliano: quel Filippo Alberto Rapisarda, legato alla famiglia dei Bontate, e che ha avuto fino nel 1977 come principale collaboratore un certo Marcello Dell’Utri, prima di allora segretario personale di Silvio Berlusconi alla EdilNord.
Inizia anche l’attacco allo stato di Cosa Nostra, e il 21 luglio di quel 1979 di sangue viene freddato il capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano. Il killer verrà più avanti identificato nel boss Leoluca Bagarella, uno dei principali protagonisti della storia mafiosa che verrà.
Due mesi dopo Giuliano a perdere la vita per mano mafiosa sono il giudice istruttore Terranova e il suo autista Lenin Mancuso, nel gruppo di fuoco ci sono di nuovo Bagarella e Giuseppe Madonia.
Il 1980 inizia ancora nel sangue con l’omicidio, il 6 gennaio del presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella. Due mesi dopo si affaccia sulla scena, con una inchiesta che scopre una massiccia spedizione di eroina dalla Sicilia agli Stati Uniti via Milano, il giovane sostituto procuratore di Palermo Giovanni Falcone. E’ l’indagine meglio conosciuta come “Pizza Connection”. Ricostruendo il giro della droga e raccogliendo prove Falcone e l’FBI diedero origine e fecero portare a termine uno dei processi più importanti della storia. [to be continued...]
Luca Rinaldi | @lucarinaldi
The first collaborator of justice in Italy, the attack against the State and the Pizza Connection
In 1973 the stage of the mafia history receives the first collaborator of justice inside the Italian Cosa Nostra.
If ten years before it was Joseph Valachi to reveal the existence of the Sicilian criminal organization in the USA, Vitale puts on the table the names of Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco and don Vito Ciancimino. Ciancimino who will obtain, in spite of all the shadows, in 1976, the delegation for Sicilian local institutions, after meeting the Prime Minister Andreotti, called to solve an internal problem in DC between Ciancimino and Salvo Lima.
Vitale is the first to reveal, regarding the organigram of the Sicilian Cosa Nostra, the existence of a commission and admits to have killed on behalf of the mafia. The trials started because of his statements will end in smoke for "insufficient evidence" and he will be declared semi-incapable. He will only serve 7 years of the 25 he received in prison for the crimes he committed at the psychiatric prison, and once he got out, he was shot dead in 1984.
In 1978 on the train rails of the Palermo Trapani line the body of Peppino Impastato is found. Peppino was the son of a member of the Tano Badalamenti gang. It was don Tano himself who ordered the killing of Impastato, angry because of the continuous attacks the latter made from the microphones of Radio Aut.
1979 is a year of blood and also the starting point of one of the most important inquiries in the history of mafia contrast. During the first three months of '79, others lose their lives because of Cosa Nostra: the Giornale di Sicilia journalist Mario Francese and the provincial secretary of DC in Palermo, Michele Reina.
In July of the same year the lawyer Giorgio Ambrosoli finishes the practices of liquidation of the Italian Private Bank of Michele Sindona. On the 12th of July Ambrosoli is supposed to sign a formal declaration for closing the liquidation practices, but during the evening of July the 11th, the killer William Joseph Aricò unloads 4 blows of his 357 Magnum against him in Milan.
The mandator is Sindona, who paid Aricò in order to eliminate the "bourgeois hero", Giorgio Ambrosoli. To put in contact the killer and the Sicilian banker was the drug trafficant Robert Venetucci, linked to the American Cosa Nostra. At the funerals of Ambrosoli no authorities are present, but just a small group of representatives of the Bank of Italy.
The month before the financial companies of another Sicilian offender had failed: that Filippo Alberto Rapisardo, linked to the Bontate family, and which had until 1977 as main collaborator a certain Marcello Dell'Utri, before that personal secretary of Silvio Berlusconi at EdilNord.
The attack of Cosa Nostra against the State begins, and on the 21st of July of that bloody 1979 the head of the police of Palermo Boris Giuliano is killed. The killer is then identified as the boss Leoluca Bagarella, one of the main protagonists of the mafia history to come.
Two months after Giuliano, the judge Terranova and his driver Lenin Mancuso are killed, and among the killers we see Bagarella again, and Giuseppe Madonia.
1980 begins again in blood with the homicide, on the 6th of January, of the president of the Region of Sicily, Piersanti Mattarella. Two months later another protagonist appears on the scene with an inquiry that discovers a massive traffic of heroin from Sicily to the United States via Milan, the young prosecutor substitute of Palermo, Giovanni Falcone. It is the inquiry best known as "Pizza Connection". Reconstructing the traffic of drugs and gathering evidence, Falcone and the FBI gave origin and concluded one of the most important trials in history.
Luca Rinaldi | @lucarinaldi
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venerdì 29 marzo 2013
10minuticon Riccardo Noury @riccardonoury
Qualche giorno fa Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ci ha concesso un'intervista a proposito dei diritti umani e civili in Italia.
In primo luogo abbiamo chiesto a Riccardo come è nata l'idea dei 10 punti proposti ai candidati alle elezioni politiche del 2013: si è trattato di un'esigenza di chiarezza, trasparenza, e assunzione di responsabilità che Amnesty sentiva di dover chiedere a chi si candidava alla guida del Paese. La situazione dei diritti in Italia preoccupa, ci sono molti problemi irrisolti che si sono acuiti nel tempo, lacune e ritardi legislativi che devono essere colmati. Per questo motivo si è pensato di dover fare queste 10 richieste, un'agenda di riforme sui diritti umani.
Il pacchetto di riforme è stato sottoposto a sette candidati e a tutti i parlamentari sul territorio, e le risposte sono state piuttosto interessanti: i calcoli non sono ancora completi, ma circa 80 - 90 parlamentari hanno sottoscritto le richieste di Amnesty, e tutti i leader tranne uno hanno risposto in maniera più o meno completa. Berlusconi, Bersani e Monti hanno risposto sì ad almeno 9 richieste su 10, mentre l'unico che ancora non ha dato alcun riscontro è Beppe Grillo.
Per quanto concerne la condizione della donna in Italia, abbiamo chiesto quali sono le misure che bisognerebbe attuare per garantire il rispetto dei diritti delle donne e per fermare i femminicidi. Riccardo ha specificato che Amnesty chiede il rispetto delle norme internazionali, quindi il primo passo sarebbe la ratifica immediata del Trattato di Istanbul, che prevede una serie di provvedimenti contro la violenza domestica. E' necessario investire nei centri antiviolenza, rafforzarne le strutture e l'importanza, e prendere una serie di misure sul piano legislativo, e prevedere sanzioni più dure. In più c'è un aspetto culturale, perché bisogna cessare di usare espressioni e stereotipi discriminatori nei confronti della donna.
Sugli abusi delle forze di polizia, Riccardo ha citato la lunga storia di maltrattamenti e torture iniziata già nel 2001: l'impossibilità di identificare chi colpiva persone inermi, e comminare sanzioni e pene adeguate alla gravità del reato commesso, ha avuto come conseguenza una scarsità di condanne, e si è data l'idea che in Italia non sia successo qualche cosa di molto grave. E' necessario introdurre l'obbligo del codice alfanumerico per le forze di polizia e introdurre il reato di tortura, un provvedimento sul quale l'Italia è in ritardo di 25 anni.
Abbiamo parlato anche dei diritti degli immigrati, e delle misure da prendere per evitare manifestazioni razziste e xenofobe. Secondo Riccardo è necessario fermare l'incrocio tra criminalizzazione e criminalità, due fatti coincidenti che rendono la vita ai migranti molto difficile. Quandi hai forme di criminalizzazione per legge, e una determinata identità diventa un reato (come nel caso del reato di clandestinità), si pongono le persone nelle mani della criminalità, vittime di sfruttamento da parte di datori di lavoro che non possono denunciare.
Per quanto riguarda i diritti della comunità LGBTQ, bisogna far notare che l'Italia è uno dei pochi paesi europei che non ha legiferato contro l'omofobia o per garantire uguali diritti alle coppie omosessuali come per le coppie eterosessuali: Riccardo specifica che la legislazione è molto semplice, ed è quella che tutela le persone nel nostro Paese da ogni forma di discriminazione a prescindere dall'identità e dall'orientamento sessuale. Ogni impedimento che procura discriminazione va superato con adeguate misure legislative, una grave lacuna che l'Italia ancora deve colmare.
La crisi acuisce le disuguaglianze, e si potrebbe pensare che i diritti passino in secondo piano rispetto a problemi apparentemente più vicini, come il lavoro o i bilanci da tenere sotto controllo, ma non bisogna mai dimenticare che a maggior ragione bisogna dare attenzione a questi temi, perché sono ancora più a rischio in periodi di grave crisi.
Abbiamo parlato anche dei diritti dei carcerati, di coloro che definiscono il 41bis una forma di tortura, e della situazione della comunità Rom in Italia. Naturalmente vi invito a visionare l'intervista integrale, ben più ricca di questa brevissima sintesi.
Buona visione!
Maria Petrescu | @sednonsatiata
10minuteswith Riccardo Noury
First of all we asked Riccardo how the idea of the 10 points proposed to the candidates to the political elections in 2013: it was the need of clarity, transparency, and taking responsibility that Amnesty felt it had to ask to those who candidated to guide the country. The situation of rights in Italy is very worrying, there are many unsolved problems that have become more serious in time, lacks in the legislative system that must be solved. That is why they had to write down these 10 requests, an agenda of reforms of human rights.
The package of reforms was sent to seven candidates and to all the members of Parliament on the territory, and the answers have been quite interesting: the calculations aren't yet complete, but about 80 - 90 members have signed the requests, and all the leaders except for one have answered in a more or less complete manner. Berlusconi, Bersani and Monti have answered yes to at least 9 out of 10 requests, while the only one who still hasn't given any kind of answer is Beppe Grillo.
As for the condition of the woman in Italy, we asked what measures should be implemented in order to guarantee the respect of women's rights and to stop the homicides. Riccardo has specified that Amnesty asks for the respect of international norms, so the first step to do is to sign the Treaty of Istanbul, which has a series of measures against domestic violence. It is necessary to invest in anti-violence centres, reinforce the structures and their importance, and take a series of decisions at a legislative level, which would include harsher penalties. There's also a cultural aspect that we cannot forget, because we need to stop using expressions and stereotypes that are discriminatory of women.
About the abuses of the police forces, Riccardo has quoted the long series of abuse and torture which started in 2001: the impossibility to identify those who hit helpless people, and give them sanctions that are adequate to the seriousness of the crime they committed, has had as a consequence a lack of verdicts, and Italy gave the idea that nothing very bad happened. It is necessary to introduce the obligation to wear an alphanumeric code for police forces and introduce the crime of torture, something Italy has been delaying for the last 25 years.
We also talked about the rights of immigrants, and the measures to take in order to avoid racist and xenophobic manifestations. According to Riccardo it is necessary to stop the crossing between criminalization and criminality, two coincidental facts which make life difficult to migrants. When you have forms of criminalization by law, and a certain identity becomes a fellony (like in the case of the crime of clandestinity), you put people in the hands of criminality, victims exploited by employers whom they cannot press charges against.
As for the rights of the LGBTQ community, Italy is one of last few European countries which has no laws against homophobic fellonies or in order to guarantee equal rights to gay couples as for heterosexual couples: Riccardo specifies that the legislation is very simple, and it is the one that protects people in our country from every form of discrimination, regardless of sexual identity or taste. Any impediment that creates discrimination must be overcome with adequate laws, and this is a great problem that Italy still has to solve.
The crisis makes social differences bigger, and one might think that rights would be less important than problems that are apparently more serious, such as unemployment or taxes, but we should never forget that moreso we should pay attention to these rights, because during times of crisis they're extremely at risk.
We also talked about the rights of the incarcerated, the ones who define the 41bis a form of torture, and the situation of the Rom community in Italy. Of course, I invite you to see the full interview, much richer than my brief synthesis.
Enjoy!
Maria Petrescu | @sednonsatiata
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#Leggimi: Le Mille e una Notte (ma solo in versione integrale)
“And he found her a pearl unpierced and unthridden and a filly by all men save himself unridden; and he abated her virginity and had joyance of her youth in his virility and presently he withdrew sword from sheath; and then returned to the fray right eath; and when the battle and the siege had finished, some fifteen assaults he had furnished and she conceived by him that very night.”
La prima volta che lessi questo frammento, ne rimasi affascinata. Un po’ perché era la prima volta che leggevo qualcosa di così tanto esplicito e sensuale, un po’ perché i miei anni ancora si potevano contare sulle dita delle mani. Ma lo trovai bellissimo, carico di dolcezza e abbandono, e allo stesso tempo pregno di un forte senso di appartenenza, pudore e onore.
Tutte cose rimaste profondamente impresse in una giovane mente quale era la mia, tanto da spingermi diversi anni dopo a ricercare quel passo, e possibilmente leggere il testo integrale da cui è tratto: Le mille e una notte.
Quando si parla di questo libro, viene alla mente una serie di racconti per bambini che tutti conosciamo, come ad esempio Alì Babà e i quaranta ladroni, oppure la lampada di Aladino. Un grande torto fatto ingiustamente a un testo di grande ricchezza contenutistica e formale, destinato senza ombra di dubbio a un pubblico adulto, almeno nelle intenzioni di chi lo ha scritto, che non ha risparmiato alcun dettaglio nella descrizione di rapporti sessuali, orgie e perversità di ogni genere, adulteri, mutilazioni, incesti, tradimenti, omicidi e seduzioni, torture e giochi erotici. E’ comprensibile che i traduttori che ne hanno determinato e promosso la diffusione in Europa si siano trovati a prendere decisioni davvero difficili, considerata la rigida morale dell’epoca. E così sparirono interi stralci, quelli considerati troppo scabrosi o violenti, e in particolar modo le scene erotiche.
Solamente nel 1888 arriva la splendida traduzione di Sir Richard Francis Burton, una celebrazione di anni di studi arabi e una sconfinata conoscenza dell’Oriente: sapere che non si limita soltanto all’ambito della cultura, dei costumi e della lingua dei musulmani, ma che rivela soprattutto una grande dimestichezza con il gergo volgare e con l’approccio alle questioni intime della vita privata e sessuale. Conoscenza tanto vasta e approfondita da spingere la vedova, Isabel Arundel Gordon, a bruciarne la collezione quarantennale di diari ed appunti subito dopo la morte.
La storia de Le mille e una notte è presto detta: il re persiano Shāhrīyār, tradito da una delle mogli e convinto che nessuna donna possa mai essere fedele, decide di garantire la fedeltà delle sue spose uccidendole sistematicamente dopo la prima notte di nozze. Una strage di giovani fanciulle, che in breve tempo riduce in lacrime ogni famiglia del piccolo regno e porta il popolo a un passo dalla ribellione. Per mettere fine alle uccisioni, la figlia del visir, Sheherazade, decide di sacrificarsi e diventare sposa del re, ma durante la notte inizia a raccontare una storia che conclude solo la notte successiva, e così procede per numerose notti. Dimostra infatti un’abilità narrativa così eccelsa ed un tale spirito che il re decide ogni mattina di posticipare la sua esecuzione, fino ad accordarle la grazia ed accoglierla come legittima moglie.
All’interno di questa cornice letteraria si susseguono dunque le novelle di mille e una notte, una più fantastica (nel vero senso del termine) dell’altra: al di là dell’elemento magico, il libro riesce a dipingere un quadro fedele di quella che era la società araba, le usanze, l’arte culinaria, la vita a corte, persino la moda, il corteggiamento, l’amore e il sesso. Una struttura che alcuni paragonano a quella del Decameron, anche se qui manca l’ordine e il rigore dell’opera di Boccaccio, sia nella struttura che nei contenuti. Non vi è infatti una netta divisione di argomenti e narratori, ma un’unica narratrice che riesce ad inanellare storie in uno schema a scatole cinesi, sempre più indentate e profonde man mano che le notti si susseguono.
Quanto ai contenuti, dire che Boccaccio è casto in confronto a Le mille e una notte è un eufemismo, e non rende appieno lo stupore di chi, abituato alla versione edulcorata e censurata del testo arabo, ne legge per la prima volta un passo integrale, come quello all’inizio di questo post. Ho cercato dunque in maniera febbrile una versione integrale, per poterlo leggere in tutto lo splendore della traduzione italiana, fino ad approdare all’edizione integrale di Newton e Compton. Grande è stato il mio stupore nello scoprire che questo intero passo mancava, rendendo insipida e vuota una scena che avrebbe dovuto essere piena di passione, vita e amore. Delusione acuita ancora di più dal fatto che la mancanza non è segnalata, il che rende impossibile – a chi non conosce più che approfonditamente questo antico testo - capire dove sono stati fatti dei tagli. Insomma, un testo censurato venduto come integrale, come del resto spesso accade per le edizioni italiane, basate nella stragrande maggioranza dei casi sulla traduzione settecentesca mutilata di Galland.
In sintesi, si tratta di un viaggio, un rapimento in un altro mondo: tralasciando ancora una volta l’aspetto magico, ci si trova comunque immersi in una cultura ricca e affascinante, che vale la pena esplorare nella sua complessa interezza, con personaggi di grande profondità e spessore psicologico, molto più ricchi di certi vacui simulacri di “eroi” letterari contemporanei. A patto che la vostra copia sia davvero una versione integrale.
Maria Petrescu | @sednonsatiata
One thousand and one nights
“And he found her a pearl unpierced and unthridden and a filly by all men save himself unridden; and he abated her virginity and had joyance of her youth in his virility and presently he withdrew sword from sheath; and then returned to the fray right eath; and when the battle and the siege had finished, some fifteen assaults he had furnished and she conceived by him that very night.”
The first time I read this fragment, I was fascinated. A bit because it was the first time I read something so explicit and sensual, a bit because my years could still be counted on the fingers of two hands. But I found it extremely beautiful, filled with sweetness and self-giving, but at the same time impregnated by a strong sense of belonging, modesty and honor.
All things which remained deeply impressed in a young mind as mine was, so much that several years later I was drawn to search this fragment again, and possibly read the full text from which it is extracted: One Thousand and One Nights.
When we talk about this book, a seris of children fables comes to mind, such as Alì Babà and the 40 thieves, or Aladdin's lamp. A great injustice done against a text of great richness, both at formal and content level, without a shadow of a doubt intended for an adult audience, at least in the intentions of who wrote it, and who didn't spare one single detail in the description of sexual intercourses, orgies and perversities of every kind, adulteries, mutilations, incests, betrayals, homicides and seductions, tortures and erotic games. It is understandable that the translators who determined and promoted the diffusion of the book in Europe have found themselves facing extremely difficult decisions, considering the rigid morale of the time. And so entire pieces of the book disappeared, the ones considered to be too violent, and in particular all the erotic scenes.
Only in 1888 Europe received the splendid translation by Sir Richard Francis Burton, a celebration of years of arabic studies and a vast knowledge of the Middle East: a knowledge that wasn't limited just to the culture, costumes and language of the muslims, but that reveals great familiarity with the vulgar jargon and with the approach to the most intimate matters of private and sexual life. A knowledge so vast and deep that his widow, Isabel Arundel Gordon, burnt his fourty years worth collection of diaries and notes right after his death.
The story of One Thousand and One Nights is rapidly unveiled: the Persian king Shāhrīyār, who was betrayed by one of his wives and convinced that no woman could ever be faithful to her husband, decides to guarantee the fidelity of his wives by killing them after the first night. A massacre of young girls, which in short time puts tears on every family in the small kingdom and brings the people at the brink of a rebellion. In order to end the killings, the visir's daughter, Sheherazade, decides to sacrifice herself and become the king's wife, but during the night she starts telling a story which she only finished the following night, and so she goes on for many nights to come. She proves such an extraordinary narrative ability and such a spirit that the king decides every morning to posticipate her execution, until she gives her grace and welcomes her as his legitimate spouse.
Inside this literary frame the stories of a thousand and one nights come one after the other, one more fantastic (in the proper sense of the term) than the other: if we leave aside the magical element, the books manages to paint a faithful image of what was the arabic society, the traditions, the culinary arts, life at court, even fashion, courtship, love and sex. A structure that some critics like to compare to that of the Decameron, even though here we lack the order and rigor of Boccaccio's work, both in the structure and the content. There is no net division of topics and narrator, but one single narrator who manages to construct the stories in a chinese box scheme, more and more indented and deep as the nights go on.
As for the contents, saying that Boccaccio is chaste compared to One thousand and one nights is an eufemism, and doesn't quite give the idea of the amazement of those who, used to the edulcorated and censored version of the Arabic text, reads for the first time an integral fragment like the one I quoted at the beginning of this post. So I searched desperately for an unabridged version, in order to read it in all the splendor of the Italian translation, until I found the uncensored edition by Newton and Compton. I was incredibly surprised when I discovered that this entire fragment was missing, making a scene that was supposed to be rich of passion, love and life, just insipid and empty. A disappointment that was even greater since there was no evidence that the fragment owas missing, which makes it impossible for those who don't know perfectly this antique text to have an idea of where the cuts have been made. So a censored text sold as unabridged, as it often happens for the Italian versions, based in the majority of cases on the XVIII century, mutilated version by Galland.
To make a long story short, it is all about a travel, an abduction in another world: if we leave out the magical aspect again, we find ourselves in a rich and fascinating culture, which we should explore in its complex entirety, with characters of great psychological depth, much richer than certain empty figures of contemporary literary "heroes". If your copy is indeed an unabridged version.
Maria Petrescu | @sednonsatiata
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giovedì 28 marzo 2013
La morte della condivisione e la Rete gossippara
Recentemente, durante una lezione, spiegavo ai miei studenti che “la condivisione è uno degli atti che possiamo compiere e che innesca la viralità dei contenuti, insieme con il voto (leggi “like” o “+1”) e il commento”.
Mentre parlavo mi sono reso conto, però, che il concetto di condivisione che stavo spiegando era puramente meccanico ed emozionale: un paio di click, magari una riga per dire quanto piaceva o non piaceva quel contenuto e via. Il tutto, però era, ed è, piuttosto lontano da quello che solo pochi anni fa, intesseva di sé la “filosofia di Internet”.
Giuseppe Granieri, nel suo Blog generation, spiega bene come i blogger fossero dediti a trovare “contenuti interessanti in Rete e a condividerli con gli altri”. Un lavoro a volte certosino di ricerca, selezione e “messa a disposizione collettiva” di nuovo sapere. D’altronde la Rete stessa, non certo Arpanet ma Internet in sé, nacque per collegare Università e quindi “mettere a sistema” il sapere. L’obiettivo era la tanto sbandierata “intelligenza collettiva, superiore alla semplice somma di quelle che la compongono”. In buona sostanza il concetto era che il ragionare insieme, il mettere in rete le intelligenze, avrebbe portato a un arricchimento collettivo altrimenti irraggiungibile separatamente.
Tornando a ciò che stavo spiegando ai miei studenti, appare evidente che non sia più così. Si condivide nell’ottica della semplice trasmissione di una informazione, poco di diverso dalla tendenza, nelle riunioni fra amici, del dire “ma lo sai cosa è successo o cosa hanno fatto Tizio o a Caio?” e ad accompagnare e ad accogliere questa informazione solo espressioni emotive, istintive: bello, brutto, divertente, sconcertante, incredibile, ecc. La torsione del concetto di condivisione, operata dai Social Network lo ha portato molto ma molto vicino a ciò che viene chiamato Gossip. Più che “condividi”, lo script di Facebook si dovrebbe chiamare “trasmetti” o “spiffera”.
E’ la dinamica del passaparola, mi risponderà qualcuno. In fondo, il web altro non è che la proiezione digitale della società umana e quindi ne replica le dinamiche, bello o brutte che siano. Qui però il problema non è che questo fenomeno sia bello o brutto, giusto o sbagliato è che non ci porta a nulla, anzi, ci crea parecchi problemi, a cominciare ad esempio, dalla sempre minore affidabilità delle informazioni che viaggiano sulla Rete. La dinamica del gossip non prevede ovviamente né una verifica della veridicità dell’informazione né, tantomeno, alcuna preoccupazione in termini di responsabilità rispetto al fatto che, comunque, stiamo “pubblicando qualcosa”.
Se a questo aggiungiamo i tempi del Web e le dinamiche dell’attenzione delle persone, appare abbastanza ovvio che, alla fine, si reagisca in maniera istintiva, immediata, trasmettendo emozioni e non “sapere” e che, anzi, si tenda ad evitare di usufruire di contenuti complessi, impegnativi. Anche questo post, per esempio, sarà sicuramente troppo lungo per la maggior parte delle persone che ci entreranno in contatto.
Ma che ne è del buon Jon Postel, vero padre fondatore di Internet, che nel 1981, postulava la legge che porta il suo nome e che descrive il “funzionamento sociale” della Rete: “Sii prudente in quello che fai, sii liberale in quello che accetti dagli altri” (“be conservative in what you do, be liberal in what you accept from others"), che poi vuol dire che in Rete è necessario essere “prudenti” e quindi rigorosi, rispettosi, esatti e precisi per quel che riguarda ciò che si propone agli altri. Mentre bisogna essere “liberali” ovvero disposti ad ascoltare e favorire e rispettare la libertà di pensiero e d'iniziativa altrui nell’atto di ricevere.
In sostanza Postel postulò che la Rete è un ecosistema sociale il cui motore è la comunicazione basata sullo scambio, sull’ascolto, sul rispetto dell’altro, sull’apporto di valore da parte di ognuno, sull’interazione. Chi entra e comunica in Rete si assume una responsabilità per ciò che dice o fa ma anche una responsabilità verso l’altro, ovvero l’impegno a interagire, ad ascoltare, a condividere. Appunto, a condividere, in un’ottica di impegno e contributo in termini di valore, non certo di gossip.
Questa legge è ormai lettera morta, in una Rete dove fluiscono miliardi di contenuti e in cui la viralità è uno strumento sempre più incoraggiato per fini commerciali e dove finanche i cosiddetti influencers si misurano non tanto sulla qualità di ciò che dicono quanto su quanto riescano a ingaggiare le loro communities: la visibilità prima di tutto.
Mi rileggo e ho la sensazione di aver parlato come i simpatici vecchietti che dicono “eh, ai miei tempi le cose erano diverse”. Sarà, ma io continuo a pensare che questa Rete gossippara e sempre più simile alla televisione commerciale sia, più che altro, una gigantesca occasione mancata.
Daniele Chieffi | @danielechieffi
The death of sharing and the gossipy Web
Recently during one of my lessons, I was explaining to my students that "sharing is one of the things we can do that triggers the virality of content, along with the vote (read "like" or "+1") and the comment."
As I was talking I realized, however, that the concept of sharing that I was explaining was purely mechanical and emotional: a couple of clicks, perhaps a line to explain why we like or dislike that content and that's it. It is all very far from what, just a few years a go, made the "philosophy of the Internet".
Giuseppe Granieri, in his Blog generation, explains very well how bloggers were dedicated to finding "interesting content on the web and sharing it with others". A sometimes weary work of research, selection and publication of new knowledge. The web itself, not Arpanet but Internet itself, was born to connect Universities and make knowledge available. The goal was the much advertised "collective intelligence, superior to the simple sum of the ones composing it". In essence, the concept was that reasoning together, putting intelligences together, would have brought to a collective enrichment that was impossible to reach separately.
Coming back to what I was explaining to my students, it appears obvious that it's not like that anymore. We share in the optic of the simple transmission of an information, not very different from the tendency, during friends reunions, of saying "do you know what happened or what Tizio or Caio did"? and to accompany this information only with emotional instinctive expressions: nice ugly, funny, surprising, incredible, and so on. The torsion of the concept of sharing, oeprated by social networks, has taken it much nearer what is commonly called Gossip. More than "Share", the Facebook button should be called "Transmit" or "Whisper".
It's the word of mouth dynamic, someone will answer me. In the end, the web is nothing more than the digital projection of human society and thus replicates its dynamics, whether they be nice or ugly. Here the problem isn't that the phenomenon is ugly or beautiful, right or wrong, it's that it doesn't take us anywhere, and actually only creates more problems, starting for example from the scarce reliability of information travelling on the web. The gossip dynamics doesn't include a verification of the veridicity of information per se, nor any preoccupation in terms of responsibility of the fact that we're actually publishing something.
If we add the times of the Web and the dynamics of people's attention, it appears pretty obvious that, in the end, we react in an instinctive, immediate way, trnsmitting emotions and not "knowledge" and that we tend to avoid complex content. This post itself, for example, will surely be too long for the majority of people who will see it.
But what happened to the good Jon Postel, true founding father of the Internet, who in 1981 formulated the law which carries his name and that describes the social function of the web: "Be conservative in what you do, be liberal in what you accept from others", which means that online it is necessary to be careful, and thus rigorous, respectful, exact and precise regarding what we propose to others. And we must be liberal, which means open to listen and favor and respect the freedom of thought and initiative of others in the act of receiving.
In substance Postel said that the web is a social ecosystem in which the engine is the communication based on exchange, listening, respect of one another, bringing value, interaction. Who enters and communicates online has the responsibility for what they say and does, but also a responsibility towards the others, which is the taslk of interacting, listening, sharing. Sharing in a view of added value, not gossip.
This law is now dead, on a web where billions of contents flow and in which the virality is a tool that is more and more encouraged for commercial reasons, and where even the so called influencers are measured not on the quality of what they say, but on how well they can engage their communities: visibility before everything else.
I read myself and I have the sensation of having written like those nice old people who say "well, when I was young things were quite different". Might be, but I continue to think that this gossipy web, more and more similar to the commercial television is, more than anything, a huge missed opportunity.
Daniele Chieffi | @danielechieffi
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Chi sono i padri dei Padri Puttanieri?
Gentile sig. Grillo,
la seguo con attenzione e sempre con lo stesso atteggiamento ho letto il suo ultimo post sul blog, quello dove parla dei padri puttanieri che verranno spazzati via dai figli di NN.
Comprendo la sua intenzione e le vorrei rispondere con l'esempio di mio padre, un uomo normale che lavora ancora nonostante abbia passato da un po' i 70 anni. Mi piacerebbe farlo, ma sarebbe del tutto fuori tema, anzi Off Topic, visto che oramai parliamo tutti il linguaggio della rete.C'è una cosa però che non mi quadra: il suo orizzonte temporale. Perché parlare solo degli ultimi vent'anni? Lei è davvero convinto che tutto questo venga dalla metà degli anni '90, con la famosa Tangentopoli?
Proviamo ad andare indietro. Perché io, che sono del '74 mi ricordo di lei. Me la ricordo negli show del sabato sera con Pippo Baudo, mi faceva ridere, me la ricordo anche a Sanremo, che lei arrivò a condurre addirittura per un anno, quando Tomba vinceva le Olimpiadi di Calgary. Se lo ricorda lei? Se la ricorda quelle strutture produttive, erano le stesse con cui fece anche Te la do io l'America e Te lo do io il Brasile. Lei era davvero bravo e un paese rideva con lei. Poi arrivò la serata sui socialisti. No, non è andata proprio così. Perché quella serata, passata alla storia con la frase "i socialisti rubano" è del 1986, mentre quel Sanremo è del 1988. Quindi è tornato, e anche allora parlava dei politici e dei giornalisti. Perché quegli anni lei li dimentica sempre? Sempre a parlare di Bersani, D'Alema, Berlusconi e Monti. E prima? Quando faceva la pubblicità della Yomo per intenderci cosa succedeva in questo paese?
Il mio non è un invito alla responsabilità, non l'ha votata prima e non ho cambiato idea, anche perché, mi chiedo,come mai non ci sia lei in Senato con una paletta col su scritto "Vale 54 voti", visto che il movimento, ora partito, è suo con tanto di copyright registrato. Faccia quello che vuole coi suoi parlamentari, solo che se streaming deve essere, allora lo sia per tutto. Solo che si ricordi anche di quei padri, di quelli della "locomotiva Italia", del benessere, del campionato più bello del mondo. Se li ricorda. Perché magari c'è anche lei fra quelli, visto che ha continuato a lavorarci con e in quel sistema. Anche quando lavorava con Tele+, prima del passaggio a Murdoch, era sempre loro che venivano dallo stesso ambiente. Poi sono arrivati i teatri, dopo essere tornato in Rai, anche solo per una serata da 15 milioni di telespettatori. Poi se ne è andato, ha girato l'Italia nei teatri e poi ha scoperto il web. Anzi ha incontrato Casaleggio e i suoi Associati.
Ma torniamo a questi "padri puttanieri", di chi sono figli? Da dove vengono? Da dove arriva questo nostro modo di vita o quello che abbiamo creduto tale? Siamo davvero sicuri che tutto si sia corroso in pochi anni o piuttosto non sia il frutto osceno di un modo di pensare che è esploso perché abbiamo dimenticato cos'era il lavoro e abbiamo solamente atteso? Sicuri che il pesce puzzi solo dalla testa o che piuttosto la corruzione non sia un malcostume diffuso anche nella società civile? Davvero abbiamo avuto uno stato sociale? O piuttosto un clientelismo fondato sul debito che riusciva a placare tutti distribuendo regalie e non diritti. Il nostro sistema industriale, se mai è davvero esistito in una forma stabile, era o di stato o aiutato dallo stato e la crisi nasce dal sistema stesso degli appalti truccati, metodologia che non nasce vent'anni or sono. Quindi da dove vengono questi padri puttanieri? Forse delle analisi più approfondite potrebbero essere utili, anche al suo movimento o ai suoi deputati, ma credo a tutti quanti. Per ora posso solo pensare a mio padre e a quanto mi ha insegnato sull'etica e sul lavoro.
Saluti,
Simone Corami | @psymonic
Who are the fathers of the pimping fathers?
Dear Mr. Grillo,
I always follow you with great attention and so I have read your latest blogpost, the one where you talk about the pimping father who will be wiped away by the sons of NN.
I understand your intention and I would like to answer with the example of my father, a normal man who still works although he's well beyond 70 years of age. I'd like to do it, but it would completely be off topic. There's one thing that doesn't quite work for me, though: your temporal horizon. Why do you only talk about the last 20 years? Are you truly convinced that all of this comes from the mid 90s, with the famous Tangentopoli?
Let's try to go back. Because I, who was born in '74, remember you. I remember you in the Saturday night shows with Pippo Baudo, you made me laugh, I also remember you at Sanremo, which you actually presented for one year, when Tomba won the Calgary Olimpic Games. Do you remember? Do you remember those productive structures, they were the same with which you did "Te la do io l'America" and "Te lo do io il Brasile". You were really good and the country laughed with you. Then the night about socialists came. No, it didn't go that way. Because that night, which has been remember with the phrase "socialists steal" is from 1986, while the Sanremo you presented is from 1988. So you did come back, and still talked about politicians and journalists. Why do you always forget those years? Always talking about Bersani, D'Alema, Berlusconi and Monti. And before? When you did the Yomo commercials, to be clear, what was happening in this country?
Mine isn't an invitation to responsibility, I haven't voted for you and I haven't changed my mind, also because I wonder why you aren't sitting in the Senate with a sign saying "worth 54 votes", since the movement, now a party, is yours with a registered copyright. Do what you will with your members of Parliament, but if streaming it must be, then let it be streaming for everything. But remember those fathers as well, the ones of the "Italian engine", of the wellbeing, of the most beautiful championship in the world. You remember the. Because you are among them, since you've continued to work with and in that system. When you worked with Tele+, before the passage to Murdoch, it was still them who came from the same environment. Then the theatres came, after coming back to Rai, even only for a 15 milion viewers night. Then you left again, you wandered around Italy in theatres and then you discovered the web. Or actually you met Casaleggio and his associates.
But let's come back to these pimping fathers, whose sons are they? Where do they come from? Where does this lifestyle come from? Are we sure that everything went down the tubes in a few years, or is it rather the obscene fruit of a way of thinking which exploded because we forgot what work was, and we just waited? Are we sure the fish starts stinking from the head, or is corruption actually something that is quite diffused in the civic society as well? Have we really had a social state? Or rather a clientelism founded on debt that managed to make everyone happy by distributing gifts, not rights. Our industrial system, if it ever existed in a stable form, was either of the state or helped by the state and the crisis is born from the system of fake contracts, something that didn't just appear twenty years ago. So where do these pimping fathers come from? Maybe a few more in depth analyses might be useful, for your movement and its members of Parliament, but also for everyone else, I believe. For now I can only think about my father and what he taught me about ethics and work.
Regards,
Simone Corami | @psymonic
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mercoledì 27 marzo 2013
Musica e #crowdfunding: 5 domande ai Selton
Daniel, Eduardo, Ramiro e Ricardo: loro sono i Selton, una giovane formazione di origine brasiliana, formatasi quasi per caso nel 2005 suonando canzoni dei Beatles al Parc Güell di Barcellona, e poi volata in Italia grazie alla vista lunga di un produttore musicale Italiano.
In Italia i Selton hanno registrato il loro primo album nel 2008 in collaborazione con Jannacci e Cochi e Renato. “Banana à Milanesa” è un disco ricco di sonorità latine mescolate ai vecchi successi del passato.
Il 2010 è l’anno del loro secondo album, a cui segue un periodo ricco di collaborazioni, tra le quali Dente, Calibro 35 e Daniele Silvestri, che li ha voluti con sè sul palco del Premio Tenco di quest’anno .
Il 2013 vede l’alba del nuovo album “Saudade”, uscito ieri, 26 Marzo. Il disco ha una particolarità: è stato realizzato con il meccanismo del “Crowdfunding”, ovvero finanziato dagli stessi fans e simpatizzanti del gruppo, tramite il famoso portale indiegogo.
1) Partiamo da questo punto: qual è il motivo che vi ha spinti a produrre un album in “crowdfunding”?
Abbiamo sentito parlare del crowdfunding per prima volta in Brasile. Eravamo andati a São Paulo a suonare ed abbiamo conosciuto delle persone che stavano lavorando su un sito di finanziamento collettivo. L’idea di finanziare il disco con l’aiuto delle persone che ci seguono ci ha sembrato da subito bellissima, ma allo stesso tempo una grande sfida. Ci siamo messi in gioco e alla fine abbiamo avuto un risultato incredibile.
A parte il fatto di avere raggiunto l’obbiettivo, la cosa che ci ha reso più soddisfatti è stato l’avvicinamento con il nostro pubblico. Da questa operazione abbiamo capito che ci sono persone che veramente ci tengono a quello che facciamo e questo non è dire poco. Abbiamo avuto anche il fortissimo supporto del nostro “Official Facebook Group” – gruppo creato dai nostri fan – che ci ha dato una grande mano a spargere la voce e promuovere il progetto. Oggi, che abbiamo finito il disco e stiamo iniziando a farlo uscire, pensare che ce l’abbiamo fatta grazie quelli che credono in noi ci da una soddisfazione immensa.
2) A quanto pare i vostri fans sono stati molto generosi, avete addirittura raccolto più denaro di quanto fosse richiesto. Una bella soddisfazione, no? Che rapporto avete con i vostri fans?
Avevamo già fatto delle azioni simili prima - come per esempio il video collaborativo di “She’s Gone”, o il “Selton Day” – nelle quali abbiamo potuto contare su la partecipazione del nostro pubblico. L’ esperienza del crowdfunding però è stata molto più profonda e importante. Era un obbietivo molto più dificile di raggiungere ed era una campagna che durava due mesi, quindi ci voleva tanto tempo, pazienza e convizione da parte di tutti. Secondo me la sensazione che abbiamo provato (sia noi che il nostro pubblico) di fare questo percorso insieme ha fatto in modo che il nostro rapporto diventasse ancora più stretto di quanto già lo era prima.
3) I vostri profili Facebook sembrano sempre attivi e aggiornati, che valore date ai vari social media per il vostro lavoro? Pensate che siano oramai indispensabili per far emergere le band indipendenti, come voi?
Sicuramente i social media hanno un ruolo fondamentale in questi giorni. Da quando abbiamo capito questa cosa ci sembra che tutto inizi a funzionare meglio. Noi proviamo ad usarli nel modo più effettivo possibile, sia per ottimizzare le azioni che facciamo che per generare del contenuto che ci entri sempre con quello che vogliamo comunicare.
4) Il batterista Daniel Plentz lavora presso Musicraiser, un sito di crowdfunding. Com’è stare dall’altra parte dopo l’esperienza come musicista? E com’è il rapporto con le band che si rivolgono al sito?
Siccome il crowdfunding è ancora una novità per quasi tutte le band che decidono di mettere su una campagna, spesso la gente non sa come funziona il lavoro. Noi prima di creare il progetto abbiamo studiato tanti siti e tanti progetti che vedevamo che funzionavano. Da questo studio abbiamo capito che fare funzionare una campagna del genere non è per niente facile, richiede veramente tanto lavoro. Prima devi avere un progetto molto chiaro: obiettivo, costi e cosa darai in cambio a la gente che parteciperà. Dopo di che devi fare un video che riesca a tirare dentro la gente nel modo giusto; una volta fatti questi due primi step, devi creare del contenuto che (durante tutto il periodo della campagna) riesca a tenere la attenzione della gente sul progetto (video, foto, etc.).
L’errore piu frequente nelle band che lo stanno facendo per prima volta è pensare che basta mettere il progetto online e aspettare che la gente partecipi. Non funziona così, se le persone non sono motivate rischi di non farcela.
È per quello che il fatto di avere avuto la esperienza della nostra campagna “I’m With Selton” mi aiuta ad ad avere una visione più globale sui progetti che mi arrivano nel mio lavoro con Musicraiser.
5) Il nuovo album uscirà/è uscito in anteprima streaming su Spotify, Deezer e Cubomusica. Alcuni artisti (e molti governi) sono contro la diffusione gratuita della musica. Cosa ne pensate? Per il vostro percorso quanto è importante la condivisione libera su Internet delle canzoni e dei nuovi progetti?
Da quanto abbiamo capito negli ultimi anni, provare a fermare la diffusione della musica gratuita in Internet non sembra proprio una cosa fattibile. Partendo da questa premessa, perchè non usare questa cosa a nostro favore? La parte positiva di questo è che se mettiamo noi a disposizione la nostra musica di maniera gratuita, arriveremo (probabilmente) ad un numero molto più ampio di persone. Con questo non stiamo dicendo che la musica deve essere gratis, però si che bisogna adattarsi alle nuove realtà e trovare delle alternative creative.
Se cercate qualcosa che vi faccia tornare il sorriso dopo una giornata di duro lavoro, i Selton sono quello che fa per voi! A breve verranno anche annunciate le prime date del nuovo tour, e i loro concerti sono imperdibili: ottima musica, ottimi musicisti, tanta voglia di divertirsi e di far divertire.
Luca Perencin | @No_CQRT
Anna Laura Carrus | @AnninnA50
Music and crowdfunding: 5 questions for the Seltons
Daniel, Eduardo, Ramiro and Ricardo: they are Selton, a young band of Brazilian origins, formed by chance in 2005 playing Beatles songs at the Parc Guell in Barcelona, and then moved to Italy thanks to the long term vision of an Italian producer. In Italy Selton has made the first album in 2008, in collaboration with Jannacci and Cochi and Renato. "Banana à Milanesa" is a record rich in latin sonorities mixed to old hits of the past.
2010 is the year of their second album, and then a period rich in collaborations, among which Dente, Calibro 35 and Daniele Silvestri, who wanted them with him on the stage of the Tenco Prize that year.
2013 is the year of the new album "Saudade", released yesterday, 26th of March. The disk has one particularity: it was made thanks of the mechanism of crowdfunding, so it was financed by the fans and supporters of the group thanks to the famous indiegogo platform.
1) Let's start from here: what is the reason that determined you to produce a crowdsourced album?
We first started hearing about crowdfunding in Brazil. We were playing in Sao Paulo and we met some people who were working on a collective financing website. The idea of financing the album with the help of the people who follow us seemed immediately great to us, but at the same time a great challenge. We put our heads on the line and in the end we had a great result.
Apart from reaching the goal, the thing that satisfied us most was getting closer to our audience. From this operation we understood that there are people who truly care about what we do and that's not a small thing to say. We've also had the great support of our "Official Facebook Group" - a group created by our fans - which has helped us a great deal in spreading the news and promoting the project. Today, having finished the album and starting to distribute it, thinking that we made it thanks to those who believe in us gives us an immense satisfaction.
2) Apparently your fans have been very generous, you actually collected more than requested. That's a nice satisfaction, isn't it? What kind of relationship do you have with your fans?
We had already done similar actions before - such as for example the collaborative video of "She's gone", or the "Selton Day" - in which we could count on the participation of our audience. The crowdfunding experience, though, has been much deeper and more important. It was a much more difficult goal to reach and it was a two months campaign, so it required a lot of time, patience, and trust from everyone. I believe that the sensation we felt (both us and our audience) in going along this path together has made our relationship become even tighter than it was before.
3) Your Facebook profiles seem always active and up to date, what value do you give to social media in your work? Do you think they're indispensable in order to make independent bands like yourselves emerge?
Surely social media have a crucial role these days. From the moment we understood this, everything started functioning better. We try to use them in the most effective way possible, both in order to optimize our actions and to generate content that is always relevant with what we're trying to communicate.
4) Battery player Daniel Plentz works at Musicraiser, a crowdfunding platform. How is it to be on the other side after the experience as a musician? And what's the relationship with the bands who search for help on the platform?
Since crowdfunding is still something relatively new for almost all the bands which decide to start a campaign, often people don't know how it works. Before starting the project, we studied many websites and many projects that we saw were working well. From this study we understood that making such a campaign work isn't easy at all, it requires truly a lot of work. First of all you need a very clear project: the goal, the costs, what you'll give in exchange to people who participate. Afterwards you need to make a video that can involve people in the right way; once these two first steps are off the table, you have to create content (during the entire campaign) that can keep the attention high on the project itself (videos, photos, and so on).
The most frequent mistakes in bands doing this for the first time is thinking that it's enough to put the project online and wait for people to participate. That is not the way it works, if people aren't motivated then you risk to fail.
That's why having our "I'm With Selton" campaign experience helps me have a more global vision on the projects that come in at work with Musicraiser.
5) The new album is available in streaming on Spotify, Deezer and Cubomusica. Some artists (and many governments) are against the free diffusion of music. What do you think about that? How important is free sharing of songs and new projects for you?
From what we had the possibility of understanding during the last few years, trying to stop the diffusion of free music on the Internet doesn't really seem possible. Starting from this premise, why not use it in our favor? The positive part is that we make the music available for free, we'll most probably reach a much higher number of people. We're not saying music should be for free, but you do need to adapt to new realities and find creative alternatives.
If you're looking for something to make your smile come back after a hard day at work, Selton are the band for you! The first dates of the new tour are also coming up soon, and their concerts are to die for: great music, great musicians, and a great desire to have fun and entertain.
Luca Perencin | @No_CQRT
Anna Laura Carrus | @AnninnA50
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martedì 26 marzo 2013
StartupID | Stefano Baccianella @mangiucugna di Sportilia
La trentaduesima intervista di StartupID è con Stefano Baccianella di Sportilia.
StartupID è la rubrica realizzata in collaborazione con Indigeni Digitali e dedicata al mondo delle startup.
In primo luogo abbiamo chiesto a Stefano che cos’è Sportilia e come è nata l’idea: innanzitutto è necessario precisare che Sportilia è un brand che contiene quattro diversi prodotti.
Il primo è il social network, Sportilia.com: si tratta di uno spazio che permette ad appassionati ed amatori di calcetto di trovarsi e giocare. Oltre alla gestione degli inviti e dei dettagli organizzativi, dà la possibilità anche di fare un follow-up con votazioni e statistiche sulle prestazioni e sulla partita, una caratteristica che appassiona particolarmente gli sportivi amatoriali.
Il secondo è Sportilia REC, un sistema innovativo di riprese in alta definizione dei campi sportivi. Permette ad amatoriali e non solo di riprendere la partita portando semplicemente una chiavetta USB (il pagamento dipende dalla struttura in cui si svolge l’evento), e in più mette a disposizione un tasto con cui si possono staccare i 30 secondi precedenti, creando un nuovo file separato da caricare direttamente su YouTube, senza necessità di lavorare la ripresa integrale per estrarre quella particolare sequenza (come ad esempio un goal). In più si può usare a livello professionale dagli allenatori in sede di allenamento per far vedere ai giocatori gli errori commessi.
Sportilia Manager è un gestionale per organizzare grandi competizioni, e permette di gestire tutto il lavoro, la contabilità, i calendari, la formazione delle squadre, tutti quei lavori tipicamente “da macchina” che comportano conseguentemente un forte risparmio in termini di tempo e risorse.
Sportilia Find permette invece di trovare il campo libero e prenotare direttamente, tra quelli di Sportilia Manager, ovvero quei centri sportivi che sono già clienti Sportilia.
La storia di Sportilia risale agli anni in cui Stefano era studente di informatica a Pisa: giocando con un gruppo di amici a calcetto, è nata l’idea di aprire un sito molto semplice per l’organizzazione delle partite. Il terreno era senz’altro fertile, il sito è cresciuto, e successivamente si è deciso di fondare una società e trasferirsi con la compagine tecnica a Milano. A gennaio 2012 inizia dunque per Stefano l’avventura di Sportilia, di cui diventa CTO.
L’esperienza utente è il più semplice possibile: ci sono due tipi di utente. L’organizzatore, o utente power, invita i propri amici oppure crea la sua partita. Ha la possibilità di selezionare il campo con Sportilia Find, e definire tutti i dettagli organizzativi (orario, colore delle maglie, etc.). L’utente normale può accettare l’invito a giocare oppure, se una partita è pubblica, iscriversi per giocare. In seguito è previsto un lasso temporale durante il quale i partecipanti possono votare e commentare la partita e i singoli giocatori, sia con un giudizio numerico che qualitativo.
La collaborazione sul territorio deriva dai clienti: Sportilia Find interroga appunto Sportilia Manager, su cui le disponibilità vengono sempre aggiornate, ed è possibile sapere in tempo reale se un campo sarà libero oppure no a una determinata ora. Permette la prenotazione diretta, con la sola verifica del numero di cellulare.
Il modello di business di Sportilia è poliedrico: per Sportilia.com ancora non viene utilizzato l’advertising, si preferisce usare il modello degli eventi e degli sponsor, attraverso la collaborazione con grandi brand per eventi sul territorio oppure online.
Stefano ci ha parlato anche della tecnologia che sta dietro Sportilia.com, quali sono le prospettive per il futuro e i numeri raggiunti finora.
Vi invito naturalmente a visionare l’intervista completa, molto più ricca di questa mia breve sintesi!
Buona visione!
Maria Petrescu | @sednonsatiata
StartupID | Stefano Baccianella di Sportilia
The thirtysecond interview for StartupID is with Stefano Baccianella of Sportilia.
First of all we asked Stefano what Sportilia is and how the idea was born: it is necessary to point out that Sportilia is a brand that contains four different products.
The first one is the social network, Sportilia.com: it is a space that allows those who love soccer to meet and play. Not only it allows to manage invitations and organization details, but it also gives the possibility of a follow up with votes and stats on the performance and the game, something that truly is very appealing to non professional players.
The second is Sportilia REC, an innovative system for the high definition recording of sport fields. It allows non professionals, but not only, to record the game by simply bringing a USB key (the service is free or paid based on the structure that hosts the game), and also has a button that allows to cut the previous 30 seconds of play, and save it in a separate file that can be directly uploaded to YouTube, without the need to work on the full footage in order to extract one sequence (for example a goal). Moreover professional trainers can use the service to show players their mistakes while they train.
Sportilia Manager is used to organize big competitions, and allows to manage all the work, the accountability, the calendars and the formation of teams, all the typical "machine" jobs that consequently mean an important saving of time and resources.
Sportilia Find allows to find a free field and book it directly, among those of Sportilia Manager, which are the sports centers that are already Sportilia clients.
The story of Sportilia starts during the years Stefano was an informatics student in Pisa: he played soccer with a group of friends, and he got the idea of opening a very simple website to organize the games. The terrain was fertile, the website grew, and he ultimately decided to open a company and move the whole technical team to Milan. In January 2012 Stefano started the adventure of Sportilia, as its CTO.
The user experience is as simple as possible: there are two types of user. The organizer, or power user, invites his friends or creates a game. He can select a field with Sportilia Find, and define all the organization details (time, color of t-shirts, etc.). The normal user can accept the invitation to play or, if the game is public, join a team that he doesn't know to play. After the game there's one day time to vote and comment on the game and on the individual players.
The collaboration on the territory comes from the clients: Sportilia Find interrogates Sportilia Manager, on which the availabilities are always kept up to date, so that it is possible to find out in real time whether the field is free or not at one certain time. It allows to book directly, only giving a phone number as a verification.
The business model of Sportilia is polyedric: for Sportilia.com no advertising is used, it is preferred to use the model of events and sponsors through the collaboration with big brands and the organization of events on the territory or online.
Stefano has also talked about the technology behind Sportilia.com, what the perspectives for the future are and the numbers they've reached so far.
I invite you to view the full interview, much richer in detail than my brief synthesis.
Enjoy!
Maria Petrescu | @sednonsatiata
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Se è la politica a non capire che il civismo non basta
Prima di consegnare l'Italia a un “governo civico” bisognerebbe capire cos'è la società civile e in cosa, questa, è migliore della politica. O forse, come propone qualcuno, andrebbero invertiti gli elementi del discorso.
Dunque, cos'è la politica e in cosa è migliore della società civile? Ma se in un momento tanto delicato come questo è importante porsi domande, ancora di più è necessario trovare risposte adeguate. Di risposte chiare per ora se ne sono sentite poche, però ci sono uomini e gruppi di persone che si impegnano per trovarle.
È successo in Lombardia per esempio, dove il centrosinistra ha deciso di aprirsi alla società civile chiedendo ad Umberto Ambrosoli, avvocato penalista senza tessera di partito in tasca, di candidarsi alla presidenza della Regione. È successo quando Mario Monti, premier uscente a capo di una coalizione composta dalla maggior parte dei partiti presenti in parlamento ha dato vita a Scelta Civica. Altro soggetto civico, anzi, "civicissimo" è Fare per Fermare il Declino, che tra le sue fila conta professori, economisti, imprenditori e giornalisti. E Rivoluzione Civile non presentava forse al suo interno una cospicua fetta di nomi provenienti dalla società civile?
Una tale invasione civica in questo paese non si vedeva da tempo, almeno da un ventennio, per l'esattezza dal momento in cui Silvio Berlusconi, antesignano di quel civismo al quale oggi tanto si oppone, diede vita a Forza Italia candidandosi a guidare il Paese con un soggetto politico estraneo alle logiche dei vecchi partiti. Dunque, trovare una risposta alle domande iniziali diventa ancora più difficile perché sembra proprio che politica e società civile siano una il proseguo dell'altra o, se si preferisce, una la benzina dell'altra. Ad alzare lo sguardo oltre gli accadimenti strettamente contingenti si potrebbe dire che la società italiana diventa civile solo quando la politica diventa platealmente incivile.
Così è successo dopo la crisi della prima repubblica con la nascita e l'affermazione di Forza Italia e così accade oggi con il Movimento 5 Stelle che diventa il primo partito del Paese. Viene spontaneo chiedersi però dove fosse la società civile, così come la intendiamo oggi, prima della forte crisi degli anni novanta e ancora mentre la seconda repubblica dopo i piccoli e faticosi passi iniziali si alzava in piedi per correre verso gli anni duemila.
Dove erano i paladini del rinnovamento e della trasparenza mentre l'Italia accumulava debito pubblico o mentre gli eletti, con il loro comportamento, delegittimavano le Istituzioni? A sentire come parlano oggi non sembra possibile pensare che i veri difensori del bene comune e della buona politica fossero impegnati nel perseguimento dei propri interessi personali proprio mentre i partiti compivano le peggiori nefandezze. Dov'era allora questa contiguità tra politica e società civile che oggi sembra diventata l'elemento imprescindibile di legittimazione per chiunque si candidi ad assumere ruoli di responsabilità per il governo del Paese?
È certamente vero che i partiti non si sono sforzati di tendere l'orecchio fuori dai Palazzi per farsi suggerire la strada da intraprendere ma pare altrettanto evidente che dal “Paese reale” non si siano alzati cori roboanti che chiedevano insistentemente udienza.
Intendiamoci, non si prova in queste righe a difendere la condizione tautologicamente indifendibile di quei partiti che hanno gravissime colpe nel proprio mancato rinnovamento, nella mancata formazione della nuova classe dirigente e nella chiarissima incapacità di saper leggere e comprendere i drammi di un Paese che necessitava di risposte strutturali; si prova solo a cercare risposte che non si limitino alla sterile attribuzione manichea delle responsabilità in un momento tanto difficile.
Forse la soluzione non sta solo nell'estraneità alla politica come ha dimostrato la sconfitta del centrosinistra in Lombardia. Umberto Ambrosoli era esterno alla politica dei partiti e ha improntato la campagna elettorale proprio sull'assoluta libertà dalle logiche di questi ma nonostante tutto non ha vinto, anzi è stato sconfitto da Roberto Maroni, l'ex ministro Roberto Maroni, il Segretario di partito Roberto Maroni, il candidato che ha puntato sulla sua esperienza politico-amministrativa l'azione di convincimento degli elettori. Colui che è riuscito nella sua impresa nonostante il centrodestra lombardo si trovasse in una situazione che aveva da tempo oltrepassato i confini della tragicommedia. Siamo sicuri dunque che la strada giusta per il futuro della politica sia esclusivamente quella dell'apertura incondizionata alla società civile?
Bisognerebbe prendere in considerazione la possibilità che la vera sconfitta della politica si stia consumando proprio in queste ore, proprio mentre prende piede l'atteso rito del toto ministri di un possibile governo Bersani. Saviano, Gabanelli, nomi rispettabilissimi di persone che nel fare il loro lavoro hanno dimostrato coraggio, capacità e passione, nomi che meritano enorme rispetto e che certamente svolgeranno il loro dovere nel migliore dei modi continuando a fare i loro mestieri, mestieri fondamentali che incidono quotidianamente sulla vita delle persone, proprio come dovrebbe fare la politica. Ma per governare e per fare politiche, perché sono le politiche i binari sui quali si fa correre un Paese, questo non basta.
Non basta l'innocenza aprioristica della società civile, non bastano le competenze e le intelligenze dei suoi esponenti migliori, serve una visione del futuro e un metodo chiaro e condiviso per poterla perseguire. La conditio sine qua non per avere una visione chiara è un'identità chiara, e il luogo nel quale è possibile lavorare a questo progetto rimangono i partiti, partiti nuovi che dovranno trovare nel rapporto di contiguità con la società civile il polso del Paese ma che non dovranno unicamente delegare a questa l'espressione dei nomi di chi andrà a occupare ruoli di estrema responsabilità.
E se la politica da sola non sarà capace di capire che svuotandosi e delegittimandosi ancora più di quanto sia già accaduto danneggia il Paese, la società avrà la possibilità di dimostrarsi veramente civile nel cercare di farglielo capire, magari chiedendo a questa di assumersi le sue responsabilità fino in fondo. Il prezzo da pagare, lo sappiamo tutti, è molto alto ma solo ripartendo da zero, forse, potremo sperare di invertire la rotta.
Erica Sirgiovanni | @erica_sir
If it's the politics that doesn't understand that civism isn't enough
Before putting Italy in the hands of a "civic government" we should better understand what the civic society actually is, and in what ways it is better than politics. Or maybe, as someone suggested, we should invert the elements of the matter.
So, what is politics and in what ways is it better than the civic society? But if in a moment as delicate as this one it is important to ask questions, it is much more necessary to find adequate answers. We've heard very few clear answers so far, but there are people and groups of people who are working to find them. It happened in Lombardy for example, where the center left has decided to open up to the civic society by asking Umberto Ambrosoli, penalist lawyer without a party membership, to candidate for the Presidency of the Region. It happened when Mario Monti, exiting prime minister, head of a coalition made up of the majority of parties present in Parliament has given birth to Civic Choice. Another civic subject, or actually "very civic", is Fare per fermare il Declino, which counts professors, economists, entrepreneurs and journalists among its members. And didn't Civic Revolution present a large part of names coming from the civic society?
Such a civic invasion in this country we didn't see for a long time, at least twenty years, to be exact from the moment Silvio Berlusconi, the first symbol of that civism he now so strenously fights, gave life to Forza Italia proposing himself as a candidate to guide the Country with a political subject that was outside the logics of old parties. So, finding an answer to the initial questions is even more difficult because it seems that politics and civic society are one the continuation of the other or, if you prefer, one is the fuel of the other. If you look beyond the events that are strictly contingent you might say that the Italian society only becomes civil when politics becomes clearly uncivic.
So it happened after the first republic crisis with the birth and the affirmation of Forza Italia and so it happened with the Movimento 5 Stelle which became the first movement of the country. So it's just normal to ask ourselves where the civic society actually was, as we intend it today, before the strong crisis of the 90s and while during the second Republic, after the first small and difficult steps it stood up to run towards the decade between 2000 and 2010.
Where were the symbols of renovation and transparency while Italy accumulated public debt or while the elected, with their behavior, delegitimated the institutions? If you hear them today, it doesn't seem possible to think that the true defensors of common good and good politics were busy following their own interests while the parties did the worst of the worst. So where is this contiguity between politics and civic society that today seems to be the fundamental elementof legitimation for anyone who is candidated to roles of responsibility for the Government of this country?
It is certainly true that the parties didn't even bother to look outside the Palace to get suggestions for the way to take, but it seems as evident that from the "real Country" no loud chorus rose, asking to be heard.
Let's get this straight, in these lines I'm not trying to defend the indefendible condition of those parties who have extremely serious responsibilities in their lack of renovation, in the lack of formation of the new political class and in the clear incapability of reading and understanding the problems of a country that needed structural answers, we're only trying to find answers that aren't limited to the sterile attribution of guilt and responsibility in such a difficult moment.
Maybe the solution isn't just in the extraneity to politics, as the defeat of centerleft in Lombardy has proved. Umberto Ambrosoli was outside of the party politics and has concentrated his elections campaign on the absolute freedom from their logics but in spite of everything he didn't win, he was defeated by Roberto Maroni, the ex Minister Roberto Maroni, the secretary of party Roberto Maroni, the candidate who bet everything on his political and administrative experience in trying to convince voters. The one who managed in his task in spite of the fact that the Lombardy centerright was in a situation that had already gone beyond the boundaries of the tragic commedy. Are we sure that the right way for the future of politics is exclusively the one of inconditioned opening to the civic society?
We should consider the possibility that the true defeat of politics is consuming itself in these very hours, during the awaited ritual of minister nomination of a possible Bersani government. Saviano, Gabanelli, respectable names of people who in doing their work have proved a lot of courage, capability and passion, names who deserve an enormous respect and that will certainly do their work in the best way possible continuing to do their jobs, fundamental jobs which have an important impact on people's daily lives, just as politics should be. But in order to govern and do politics, because it's politics the tracks on which you need to make a country run, this isn't enough.
The innocence of the civic society is not enough, the competence and the intelligence of its best exponents is not enough, we need a vision of the future and a clear and share method to get there. The condition sine qua non to have a clear vision is a clear identity, and the place where it is possible to work on this project is the party, new parties that will have to find a relationship of contiguity with the civic society and the condition of the Country but that will not only have to delegate to it the expression of the names of those who will occupy the places of extreme responsibility.
And if politics alone won't be able to understand that emptying and delegitimating itself even more than it has already only damages the country, the society will have the possibility to prove itself truly civic in trying to making it understand, perhaps asking it to fully assume its responsibilities. The price to pay, we all know it, is very high, but only starting from zero, maybe, we can hope to invert the route.
Erica Sirgiovanni | @erica_sir
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lunedì 25 marzo 2013
Cosa ci insegnano i Medici sulla reciprocità sui #socialmedia?
Uno dei miei documentari storici preferiti, che ho visto recentemente (e credetemi, ne ho visti parecchi), è stato la serie PBS chiamata "I Medici: i padrini del Rinascimento".
Da utente attivo di piattaforme social media, quel che mi colpisce di più dei Medici è il modo in cui hanno usato quel che noi chiameremmo "networking" per costruire il loro impero. Questo aveva numerosi vantaggi. Erano in grado di portare tanti amici potenti nell'impero di famiglia, ed hanno fatto e ricevuto molti favori. Ad ogni modo anche i Medici hanno sofferto molto quando hanno perso di vista quel senso di reciprocità. Questo è probabilmente evidenziato nel modo più chiaro dal fatto che sia stato un Papa dei Medici a ispirare Martin Luther a inchiodare le sue Tesi sulla Chiesa Cattolica alla porta della chiesa di Wittenberg.
In quale modo i Medici hanno incarnato quel che noi chiamiamo ora approccio "dare per ricevere" ai social media? Non bisogna guardare più lontano dell'inizio dell'impero dei Medici. Cosimo de Medici era un banchiere locale il quale, grazie ad ottime pratiche, ha iniziato a prosperare. E' stata questa crescita iniziale ad attirare l'attenzione di un pirata chiamato Baldassarre Cossa. Cossa avvicinò Cosimo e suo figlio Lorenzo, e li informò che voleva diventare Papa. Tutto ciò di cui aveva bisogno era il denaro per sostenere la sua campagna. Dopo aver ponderato i pro e i contro, i Medici decisero di sotenere Cossa fino alla fine, e lui divenne l'Antipapa Giovanni XXIII (non era propriamente quello che la Chiesa Cattolica definisse il successore legittimo, ma aveva il denaro dei Medici a sostenerlo).
La reciprocità non era un mistero per il nuovo Papa. Non appena assunse il potere, rese i Medici i suoi banchieri ufficiali. Questo fu ciò che diede alla famiglia un grande potere nel corso delle generazioni successive.
Mentre la famiglia dei Medici continuava ad accrescere potere e influenza, espandeva il proprio network attraverso l'Europa. Lorenzo era un grande mecenate, e nientemeno che da Vinci, Michelangelo, Botticelli e Donatello furono parte della famiglia estesa dei Medici. Le banche dei Medici nel continente aiutavano tutti, dai più ricchi fino ai contadini meno fortunati. Quando la famiglia dei Medici aveva bisogno di aiuto, poteva appellarsi a questa magnifica rete, quel che noi chiameremmo una community.
Tutto questo è cambiato quando lo stile di vita di Lorenzo divenne troppo stravagante. I favori non venivano più ricambiati. Le banche cominciarono a chiudere a causa della cattiva amministrazione. Man mano che il supporto dato dai Medici declinava, anche il supporto che i Medici ricevevano cominciò a diminuire. In effetti ci fu una grande ribellione contro gli stili di vita supportati da Lorenzo, che ora viene ricordata come il Falò della Vanità.
Che cosa insegna la storia della famiglia dei Medici agli odierni utilizzatori di social media? Ci insegna che per costruire una grande community, la reciprocità è obbligatoria. Ci deve essere la consapevolezza che i favori saranno restituiti non per un senso di dovere, ma perché è la cosa da fare. I Medici insegnano che che il networking, le community e il mecenatismo possono essere investimenti rischiosi. Così come abbiamo parlato della caduta dell'Impero Romano a causa del fallimento nel trattare bene le loro connessioni "estese", i Medici hanno sofferto per ragioni molto simile, e noi possiamo soffrirne online. Coltivare le relazioni attraverso il supporto, la condivisione di idee, e la promozione degli altri è un concetto sicuramente non nuovo nel mondo online. E' stato semplicemente traslato dal mondo offline allo schermo.
Voi state coltivando il vostro network? State creando luoghi dove le persone sanno di poter andare per avere supporto o informazioni? State continuando a supportare coloro che lo hanno fatto con voi? La storia ci insegna ogni volta i pericoli del non farlo.
Marjorie Clayman | @margieclayman
What the Medicis teach us about reciprocation
One of my favorite historical documentaries that I’ve watched recently (and believe me, I’ve watched a lot) has been the PBS series called Medicis: Godfathers of the Renaissance.
As an active user of social media platforms, what strikes me the most about the Medicis is how they used what we would call networking to build their own empire. This had numerous benefits. They were able to bring numerous powerful friends into their family’s empire and gave and received many favors. However, the Medicis also suffered greatly when they lost track of that sentiment of reciprocation. This is perhaps best shown by the fact that it was a Medici Pope who ultimately inspired Martin Luther to nail his complaints about the Catholic Church to a Wittenberg church door.
How did the Medicis embody what we now call the “give to get” approach to social media? You don’t need to look much farther than to the beginnings of the Medici empire. Cosimo de Medici was really nothing more than a local banker who, through good practices, began to flourish. It was this initial growth that drew the attention of a pirate named Baldassare Cossa. Cosa approached Cosimo and his son, Lorenzo, and informed them that he wanted to try to be a Pope. All he needed was money to help support his campaign. After weighing the pros and cons, the Medicis decided to back Cosa all the way to the top, and indeed he became Antipope John XXIII (he was not exactly who the Catholic Church believed was the rightful successor but he had that Medici money behind him).
Reciprocation was no mystery to the new Pope. As soon as he assumed power, he made the Medicis his official bankers. This is what truly gave the family their power over the next many generations.
As the Medici family continued to grow in power and influence, they expanded their network throughout Europe. Lorenzo was a great patron of the arts, and no less than da Vinci, Michelangelo, Botticelli, and Donatello were part of the Medici’s extended family. The Medici banks across the continent helped everyone from the wealthy down to less fortunate farmers. When the Medici family needed help, they could call on this magnificent network, what we might call a community, for help.
This all eventually changed as Lorenzo became too engrossed in his extravagant lifestyle. Favors were no longer fulfilled. Banks began to close because of mismanagement. As support from the Medicis began to fail, the support the Medicis received also decreased. In fact, there was a great rebellion against the ways of life Lorenzo had supported which we now remember as the Bonfire of the Vanities.
What does the story of the Medici family teach modern users of social media? It teaches us that to build a large community, reciprocation is a must. There needs to be an understanding that favors will be returned not because there is a sense of obligation, but simply because that is what should be done. The Medicis also teach us that networking, communities, and patronage can be risky business. Just as we talked about how the Roman Empire fell because of a failure to treat their extended connections well, the Medici suffered for similar reasons, and we can suffer online as well. Nurturing relationships through support, sharing of ideas, and promotion of others is a concept that is not new to the online world. It simply has been translated from the non-digital world to the flat screen.
Are you nurturing your network? Are you creating outposts where people know they can go for support or information? Are you making sure you continue to support those who have supported you? History teaches us again and again the perils of not doing so.
Marjorie Clayman | @margieclayman
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