▼ Il tweet del giorno

giovedì 7 marzo 2013

"Mai incrociare i flussi!" - Convergenza dei media? Forse... ma su che cosa?



"- Una cosa molto importante ho scordato di dirti...
- Quale?
- Mai incrociare i flussi!
- Perché?
- Sarebbe male."



Leggevo qualche tempo fa il post di Jacopo, e questa è stata la prima cosa che ho pensato:

La seconda è stata: inversione protonica totale. O in altre parole: un gran macello. E lo pensavo prima di tutto dal punto di vista dell'utente.

I sistemi culturali, e i paradigmi mentali che ci accompagnano nel nostro tentativo di costruire una rappresentazione del mondo che ci circonda, cambiano a una velocità e con una prepotenza tali che termini come "informazione" e "informarsi" cominciano a starci un po' stretti. Per non parlare della "società dell'informazione"...
"Un processo chiamato convergenza dei modi sta confondendo i confini tra media, persino tra la comunicazione punto a punto (come la posta, il telefono e il telegrafo) e la comunicazione di massa (come stampa radio e televisione). Un singolo mezzo fisico [...] può offrire servizi che in passato erano forniti separatamente. Al contrario, un servizio che in passato era fornito da un solo mezzo fisico, oggi può essere fornito attraverso diversi mezzi fisici. In questo modo la relazione uno a uno che una volta esisteva tra un mezzo e il suo uso si sta erodendo." Ithiel De Sola Pool, Technologies of Freedom: On Free Speech in an Electronic Age, Harward University Press, Cambridge, Mass., 1983, p. 23
Quando a suo tempo ho letto questa definizione (riportata in verità dal buon Henry Jenkins in Convergence culture), l'avevo trovata molto stimolante, ma più passa il tempo, più il tema mi impensierisce.

Sembra che le pratiche quotidiane di consumo si stiano avvitando in cicli di emersione e adozione sempre più rapidi e compressi - strette tra le culture a esse sottese e le tecnologie che le sostengono. Le ondate di innovazione sono sempre più forti, sempre più addossate l'una all'altra e spesso in forte contraddizione.

Riflettendo sullo stato dei media oggi sotto il profilo degli strumenti, dei servizi e delle esperienze di consumo, e partendo dal concetto di convergenza, mi vengono in mente almeno quattro coppie di forze in opposizione:

1. Convergenza VS Divergenza
2. Crossmedia VS Transmedia
3. Protagonismo degli Storyholder VS Azione e Intelligenza Collettive
4. Incredulità VS Bisogno di Ascoltare, di Sognare, di Credere

Provo ad abbozzare una riflessione attorno a ciascuna coppia:

1. Convergenza VS Divergenza

Convergenza e Divergenza sono le due forze che intrecciano e dipanano i fili delle nostre esperienze di consumo.

La Convergenza ci permette di tenere le fila di diverse esperienze concentrandole in un solo canale, strumento o servizio (come Internet, lo smartphone o Facebook). Ci aiuta a trovare un senso nella galassia delle nostre esperienze, tracciare delle costellazioni e usarle per tenere la rotta.

La Divergenza invece estende il respiro di un'esperienza specifica, aumentandone la portata. Pensiamo a Twitter: un conto era twittare "ai tempi del PC", quando l'accesso al social doveva passare attraverso una postazione, più o meno fissa, provvista di accesso a Internet, tutt'altra cosa è l'esperienza che Twitter ci offre oggi che possiamo accedere alla rete praticamente ovunque e in qualunque momento, grazie alla connettività mobile e ai tanti hotspot wi-fi, usando smartphone, tablet, netbook, notebook e PC (che è ancora vivo e lotta con noi).

Questo moto alternato di contrazione e distensione, inspirazione ed espirazione, è il battito vitale che anima le nostre esperienze.

2. Crossmedia VS Transmedia

Allo stesso modo la fonte a cui attingiamo contenuti, idee, informazioni, esperienze ha smesso di essere una sola già da un pezzo. Anzi, è sempre più consueto fruire contenuti all'interno di un flusso esperienziale che crossa diversi media, e talvolta arriva addirittura a trasformarsi profondamente ad ogni passaggio.

Ecco che attraverso flussi Crossmediali una stessa fonte di contenuti ci raggiunge attraverso più canali: guardiamo un pezzo di "Crozza nel paese delle meraviglie" in TV, poi andiamo a letto e seguiamo la diretta streaming dal tablet e il giorno dopo cerchiamo su YouTube l'imitazione di Montezemolo per rivederla con calma.

Beviamo l'acqua di una sola fonte attingendo a rivoli diversi.

Per il Transmedia si passa al livello successivo: la fonte è sempre una, ma non l'acqua che beviamo. Per ogni canale che attraversiamo il contenuto si evolve, interagendo con esso, adattandosi, proponendo un'esperienza diversa dello stesso contenuto e alterando l'esperienza globale di fruizione.

Basta guardare la campagna per il lancio del telefilm "The Hunted" per farsi un'idea della distanza che può esserci tra Crossmedia e Transmedia Storytelling.

Ma senza spingerci tanto in là, proviamo a immaginare come cambierebbe l'esperienza dello spettatore di "Crozza nel paese delle meraviglie" se fosse potenziato in ottica Transmediale.


In TV va lo stesso show. Ma con un'app su tablet o smartphone l'utente potrebbe seguire in diretta (e cantare) il testo della parodia. Oppure durante la pubblicità accedere a contenuti speciali, anticipazioni degli sketch successivi, fuori onda, ... O ancora partecipare allo show, suggerendo versioni alternative per il testo delle parodie.

Se mi leggi e la cosa ti sconfinfera Maurizio, io sono qui: fammi uno squillo :P

3. Protagonismo degli Storyholder VS Azione/Intelligenza Collettiva

Il passaggio dalla declinazione dei contenuti sui diversi media (Crossmedia) alla trasformatività della loro fruizione attorno all'esperienza dall'utente (Transmedia) introduce la prossima coppia di forze: il rafforzamento del peso individuale degli Storyholder e l'affermazione delle pratiche di Azione/Intelligenza Collettiva.

Come e quanto il consumatore sia diventato il protagonista, non più asservito ma servito nell'esperienza di consumo dai brand è cosa nota a tutti (si pensi alla nozione di Servile Brand). Spenderò due parole invece sul suo ruolo dal punto di vista delle narrazioni di consumo, chiamandolo Storyholder.

Lo Storyholder è innanzitutto un detentore di storie. Ogni soggetto coinvolto nel processo di narrazione (che sia di brand, di prodotto, o altro) ne è un fruitore attivo: questo significa che nel maneggiare un racconto, nel riceverlo, interpretarlo e condividerlo con gli altri, ognuno di noi ha in pugno un frammento di narrazione, ed esercita un potere (più o meno grande) su di essa e sul suo autore originario.

Mettiamo in fila il potere di influenzamento individuale di ciascuno Storyholder, e abbiamo una crescita esponenziale di quantità, intensità ed efficacia dell'Azione e del Pensiero Collettivo. Contenuti e narrazioni, al di là dell'immissione in modalità broadcasting, si sono sempre diffusi di voce in voce, e di persona in persona, modificandosi, intensificandosi o diluendosi con ciascun passaggio.

Certo è che oggi, nei mercati conversazionali, questa attività di rielaborazione dei contenuti e delle narrazioni in esperienze è decisamente più intensa, più rapida e più incisiva. Quanto più cresce il nostro potere di Storyholder sui singoli frammenti di racconto che abbiamo per le mani, tanto più radicale ed esplosivo è il processo di rigenerazione delle narrazioni in circolo.

E le narrazioni si devono adeguare a questo processo di rigenerazione, andando incontro alle modalità di fruizione dei contenuti che gli utenti trovano più interessanti e con le quali dialogano in modo più produttivo (laddove queste modalità non possono più essere dettate). Un tentativo in questo senso è quello di Coca-Cola, che ripensa il proprio sito nell'ottica del brand journalism per produrre contenuti più coerenti con la dieta informativa quotidiana degli utenti sul Web.

Ma gli utenti se la berranno?

4. Incredulità VS Bisogno di Ascoltare, di Sognare, di Credere

L'ultima coppia di forze è quella che agli "addetti ai lavori" dovrebbe dare il mal di mare: l'Incredulità contrapposta al Bisogno di Ascoltare, di Sognare e di Credere degli Storyholder.

Con le dovute eccezioni ed entro certi limiti (che andrebbero sicuramente approfonditi) gli utenti/lettori/consumatori hanno innalzato sempre di più la loro soglia di Incredulità. Che sia per l'esperienza maturata nel tempo per gestire le enormi quantità di contenuti che li assediano, o per il senso di nausea ed assuefazione dovuta al bombardamento continuo, fatto sta che i pubblici nel tempo si sono evoluti, e che l'energia richiesta per superare la barriera del rifiuto è aumentata. Servono narrazioni molto più intense di una volta, e che sappiano far leva su corde più profonde per smuoverci.

La nausea che proviamo verso la massa di contenuti che ci viene riversata addosso continuamente si trasforma quindi in fame: un tremendo Bisogno di ascoltare, di sognare e di credere. E di far credere.

La forza della disillusione aumenta il potere di seduzione di una sospensione volontaria dell'incredulità, o in altre parole: "Non ci credo. Non c'è più niente a cui credere. Ma ci vorrei credere. Ti prego, dammi qualcosa in cui credere...".

Tutte queste attitudini contrastanti cercano radicamento in noi Storyholder. Le Conversazioni diventano la modalità di interazione preferita in ogni ambito e mercato. Assistiamo alla relazionalizazione delle tecnologie e dell'informazione, delle esperienze e dei prodotti, e al conseguente aumento dei contenuti scambiati sotto forma di frammenti di narrazione continuamente trasmessi, recepiti, ri-appropriati e ri-orientati. La rete di esperienze che viene a crearsi continua ad espandersi e a intensificarsi, rendendo forse la transmedialità una necessità più che una libera scelta. Ma con criterio e prudenza, perché non tutti i consumatori si possono evolvere alla stessa velocità.

In tutto ciò una costante: il bisogno di trovare coerenza e senso nella molteplicità, nell'intensità e nella fluidità dell'alternanza tra le forze contrapposte. E le narrazioni, ciò che raccontiamo a noi stessi e agli altri delle nostre esperienze, come filo rosso.

Posso sbagliarmi. Molto probabilmente ci sono altre dimensioni altrettanto rilevanti. Ma l'esperienza mi sembra essere lo snodo fondamentale. E la narrazione è il dispositivo che naturalmente usiamo per organizzarle, concepirle, condividerle.

Non voglio chiudere sullo Storytellling. Anzi, dallo Storytelling vorrei aprire.


Incrociamo i flussi!

Claudio Branca | @KlaudeB


Never cross fluxes!

"I forgot to tell you a very important thing...
What?
Never cross fluxes!
Why?
It would be a bad thing.
"

Some time ago I was reading Jacopo's post, and this was the first thing I thought about. The second was: total protonic inversion. Or in other words, a great mess. And I was thinking about it first of all from a user's point of view.

Cultural systems, and mental paradigms that accompany us in our attempt to build a representation of the world surrounding us, change at a speed and with such a force that terms such as "information" and "get informed" start to be a bit tight. Not to talk about the society of information...

"A process called convergence of modalities is blurring the boundaries between media, even in point to point communication (such as mail, telephone and telegraph), and mass communication (such as print, radio and television). One single physical mean [...] can offer services that in the past were offered separately. On the contrary, a service that in the past was provided by one physical mean, today can be provided through several physical means. This way the one to one relationship that once existed between a mean and its use is now slowly disappearing." Ithiel De Sola Pool, Technologies of Freedom: On Free Speech in an Electronic Age, Harward University Press, Cambridge, Mass., 1983, p. 23

When I first read this definition (actually reported by Henry Jenkins in Convergence culture), I found it very stimulating, but the more time goes by, the more this topic makes me think.

It seems like the daily consumerins practices are rolling into cycles of emersion and adoption that are faster and more compressed - squished between the cultures that depend on them and the technologies that sustain them. The waves of innovation are stronger and stronger, closer to each other and often in great contradiction.

Reflecting on the state of the media today under the profile of tools, services and consumerism experiences, and starting off from the concept of convergence, at least 4 couples of opposing forces come to mind:

1. Convergence vs. divergence
2. Crossmedia vs. transmedia
3. Protagonism of storyholders vs. collective actions and intelligence
4. Incapability to believe vs. a need to listen, dream, believe

I'll try to make a short analysis for each couple:

1. Convergence vs. divergence

Convergence and divergence are two forces that hold the lines of our consumerism experiences.

Convergence allows us to keep track of different experiences concentrating them in one channel, tool or service (such as the Internet, the smartphone or Facebook). It helps us find meaning in the galaxy of our experiences, track some constellations and use them to keep our route.

Divergence, on the contrary, extends one specific experience, increasing its reach. Let's think about Twitter: it was one thing to tweet "in the PC era", when access to social had to be happen through a more or less fixed post, which was supplied with an Internet connection, another thing is the experience Twitter offers today, when we can access the web practically anywhere and in any moment, thanks to mobile connectivity and many wi-fi hotspots, using smartphones, tablets, netbooks, notebooks and PCs (which is still alive and kicking).

This alternate wave of contraction and distension, inspiration and expiration, is the vital beat that animates our experiences.

2. Crossmedia VS Transmedia

In the same way the source where we get content, ideas, information, experiences hasn't been just one for a long time. On the contrary, it's more and more usual to experience content inside an experience flux that crosses different media, and sometimes even transforms itself deeply at every passage.

So through crossmedia fluxes, the same source of content reaches us through more than one channel: we watch Crozza in Wonderland on the TV, then we go to bed and follow the live streaming on our tablets, and the day after we search on YouTube for the imitation of Montezemolo in order to watch it at ease.

We drink the water of the same source by collecting it in different streams.

For transmedia we go to the next level: the source is just one, but not the water we drink. For every channel we cross, the content evolves, interacting with it, adapting, proposing a different experience of the same content and altering the global experience of fruition.

Just look at the campaign for the series "The Hunted" to get an idea of the distance there can be between Crossmedia and Transmedia Storytelling.

But without going so far, let's try to imagine how the Crozza in Wonderland viewer experience would change if it were to be enhanced in a Transmedia view.

In TV the same show airs. But with an app on tablet or smartphone the user might follow live and sing the text of the parody. Or during the break, the user might access special content, anticipations of following sketches, off air sequences... Or participate in the show, suggesting alternative versions for the text of the parodies.

If you're reading this and the whole thing unsettles you, Maurizio: call me ;)

3. Protagonism of Storyholders vs Collective Action/Intelligence 

The passage from declination of content on different media (Crossmedia) to transformation of their fruition through around the experience from the user (Transmedia) introduces the next couple of forces: the reinforcement of individual weight of Storyholders and the affermation of Collective Action/Intelligence practices.

How and how much the consumer has become a protagonist, not serving but served in the consumerism experience by brands is something that is known to all (just think about the notion of Servile Brand). I will spend a few words on its role from the point of view of consumerism narrations, and give him the name of Storyholder.

The Storyholder is first of all an owner of stories. Every subject involved in the narration process (whether be it brand, product, or other) is an active fruitioner: this means that in handling a tale, in receiving it, interpreting it and sharing it with others, each and every one of us has a fragment of narration in hand, and exerts a power (bigger or smaller) on it and on its originary author.

Let's put in line the power of individual influence of each Storyholder, and we have an exponential growth of quantity, intensity and efficacy of Action and Collective Thought. Content and narration, beyond the immission in broadcasting mode, have always spread by voice, from person to person, modifying itself, intensifying or diluting with each passage.

What is certain is that today, in conversational markets this activity of rielaboration of content and narrations in experiences is definitely more intense, more rapid and more incisive. The more our Storyholder power grows on the single narration fragments we have in our hands, the more radical and explosive the rigeneration process of the circulating narrations will be.

And the narrations must adequate themselves to this rigeneration process, helping out the modalities of fruition of content that users find most interesting and with which they have the most productive dialogue (where these modalities cannot be dictated any longer). An attempt in this direction was made by Coca Cola, who rethought the whole website in the optic of brand journalism to produce content that are more coherent with the daily informative diet of users on the web.

But will the users drink it up?

Claudio Branca | @KlaudeB

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