Qualche giorno fa abbiamo intervistato Douglas Arellanes, co-fondatore di Sourcefabric.
Innanzitutto abbiamo chiesto a Douglas che cosa sia Sourcefabric: si tratta di un'organizzazione non profit che fornisce supporto tecnologico per media indipendenti, sia in paesi sviluppati che in paesi in via di sviluppo. Il tipo di supporto che forniscono è fondamentalmente nello sviluppo di strumenti che permettono un giornalismo di qualità, e la loro implementazione nelle redazioni.
Uno degli esempi più interessanti è la collaborazione con 11 giornali nella ex repubblica sovietica della Georgia, ma anche con un settimanale di Basel, in Svizzera. Tutto questo seguendo sempre il principio dell'open source, che permette di mettere a disposizione anche ad altri il software che viene sviluppato per queste organizzazioni, e in maniera molto più economica ed efficace.
Abbiamo chiesto come pensa che le rivoluzioni cambieranno, ora che i social media sono stati utilizzati in maniera così massiccia durante la Primavera Araba, e se le stesse condizioni si potranno ripresentare ancora: Douglas è scettico relativamente al ruolo della tecnologia nel permettere che le rivoluzioni avvengano. Quelle rivoluzioni sono avvenute grazie a delle persone coraggiose, disposte a mettere a rischio le proprie vite: non si fanno le rivoluzioni con i Like e i Retweet. E' scettico inoltre sull'uso di quel tipo di strumento per lo scopo di una rivoluzione: si tratta di due cose separate e molto diverse, il ruolo dei social è diffondere le informazioni. Ciò che le persone poi fanno con quelle informazioni è tutt'altra questione interamente.
Si lavora in un ambiente media molto difficile, dove diventa complicato avere informazioni accurate e non di parte: in particolare le informazioni che non sono coperte dai media tradizionali diventano estremamente virali, e condivise massivamente sui social media. Ci si fa così un'idea più precisa di cosa funziona meglio con i lettori, perché gli esseri umani sono filtri straordinari: non condivideranno notizie che li fanno sembrare noiosi, o stupidi, ma informazioni preziose su cosa sta succedendo nel proprio mondo.
Naturalmente abbiamo chiesto che ne pensa della distinzione tra reporting e giornalismo, e il futuro del citizen journalism: a suo avviso non c'è bisogno di un diploma per essere un giornalista, il giornalismo non è neurochirurgia. C'è spazio per tutti i tipi di giornalismo, incluso il reporting investigativo e il citizen journalism: lo spettro di ciò che possiamo definire "giornalismo" è molto ampio, e devono essere incoraggiati, non deve diventare un club esclusivo per persone che hanno una laurea su come scrivere un titolo.
Le redazioni non hanno soldi, quindi bisogna inventarsi nuovi modi creativi per estendere la copertura: una di queste modalità è la condivisione delle risorse, e la collaborazione tra redazioni, ma anche condivisione di tecnologia e del know-how. Superdesk è il framework utilizzato da Sourcefabric per costruire nuove news app, che contiene anche quelle già costruite.
Douglas ci ha raccontato anche quali saranno i suoi prossimi progetti intorno al mondo, quindi invito tutti a visionare l'intervista integrale, ben più ricca di informazioni rispetto a questa mia breve sintesi.
Maria Petrescu | @sednonsatiata
10minuteswith Douglas Arellanes
A few days ago we interviewed Douglas Arellanes, co-founder of Sourcefabric.
First of all we asked Douglas what Sourcefabric is: it is a non profit organization devoted to providing technological support for independent media organizations, both in developed and developing countries. The type of support they provide is in the development of tools that enable quality journalism, and their integration in newsrooms.
One of the most interesting examples is the collaboration with 11 media organizations of the ex soviet republic of Georgia, but also with a weekly paper in Basel, Switzerland. All of this following the principle of open source, which allows to make the software available to other organizations in a much cheaper and more effective way.
We asked how he thinks that revolutions will change, now that social media have been use so massively during the Arab Spring, and whether the same conditions will present themselves again: Douglas is skeptical regarding the role of technology in allowing revolutions to happen. These revolutions happened thanks to brave people who were willing to put their lives on the line, you don't do a revolution with Likes and Retweets. He is also skeptical about the use of that kind of tool for the purpose of a revolution: they are two very different things, and the role of social media is bringing out the word to as many people as possible. What the people do with the information is another question entirely.
They work in a very difficult media environment, where it becomes complicated to have accurate and nonbiased information: in particular the information that isn't covered by traditional media are extremely viral, and shared massively on social media. So you get a better idea of what connects better with readers, because human beings are extraordinary filters: they won't share information that will make them look stupid, or boring, but valuable information about what is happening in their world.
We also asked what he thinks about the distinction between reporting and journalism, and the future of citizen journalism: he believes there is no need of a diploma to be a journalist, journalism isn't brain surgery. There is space for all kinds of journalism, including investigative reporting and citizen journalism: the range of what we can define as journalism is very wide, and all of them must be encouraged. It shouldn't be an exclusive club for people who have a degree on how to write a lead.
Newsrooms have no money, so they have to invent new creative ways to extend coverage: one of these is resource sharing, the collaboration between newsrooms, but also sharing technology and know-how. Superdesk is the framework they use to build news apps, and also has the ones they've already made.
Douglas has also talked about his upcoming projects and trips, so I invite you all to view the full interview, much richer in information than my brief synthesis.
Maria Petrescu | @sednonsatiata
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