Uno studente quasi nascosto in fondo all'aula della conferenza dopo un po' di titubanza fa una bella domanda: ma la legge (italiana) è fatta per aiutare o per mettere in difficoltà?
Siamo alle ultime battute della mattinata, presso il Centro di Formazione Professionale – CFP – “Città dei Ragazzi”, dove ha avuto luogo la presentazione del Corriere Immigrazione (dunque colgo anche l'occasione per segnalarvelo).
Qualche giornalista, e una platea per lo più di giovani studenti del CFP, in maggioranza di origine straniera. Quale luogo migliore dunque?
Sono partito da quella domanda, perché per banale che possa sembrare, a guardare bene le leggi nel nostro paese, un quesito come questo non è affatto scontato, anzi è fondamentale. Ancor più se a porlo è uno studente di origine straniera che vive e studia in Italia.
A volte alcune cose si danno per ovvie, non per cattiveria, ma succede. Nelle ore immediatamente successive alle elezioni, mentre con gli altri ragazzi di intervistato.com seguivamo in diretta l'evolversi della situazione, avevo chiesto a Maria Petrescu (il nostro volto ufficiale, in video e non) per chi avesse votato. Una domanda nella mia testa normalissima, ma che come risposta aveva ricevuto, anche se bonariamente, un qualcosa di simile a: Matté ma sei scemo?
Già, perché Maria, che parla e scrive italiano (oltre a una indefinita quantità di lingue) meglio di me e di molti professori titolati, pur essendo in Italia da anni e anni, non ha potuto votare. Non ha la cittadinanza. Eppure, per me che la conosco da quasi otto anni oramai, Maria è Italianissima. Cose che succedono ma che inevitabilmente finiscono per metterti davanti a certi meccanismi burocraticamente macchiavellici e ingiusti.
Tornando alla mattinata passata al CFP, un altro ragazzo pone la seguente domanda: "perché io, che sono Pakistano e in Italia da 10 anni non ho ancora la cittadinanza mentre un mio amico, che però ha madre Italiana, la cittadinanza l'ha avuta dopo soli 8 anni? Non è giusto!"
Già, perché? A rispondere, come nel primo caso, è Stefania Ragusa, direttore responsabile di Corriere Immigrazione: "è normale, perché la cittadinanza dell'altro ragazzo si poggia sullo ius sanguinis. Normale perché nella norma ma non per questo giusto."
Il sito del Ministero dell'Interno riporta:
La legge 91 del 1992 indica il principio dello ius sanguinis come unico mezzo di acquisto della cittadinanza a seguito della nascita, mentre l'acquisto automatico della cittadinanza iure soli continua a rimanere limitato ai figli di ignoti, di apolidi, o ai figli che non seguono la cittadinanza dei genitori.
In Italia il dibattito sul tema è sempre sotto la brace, ogni tanto si riaccende. Un anno fa la campagna "l'Italia sono anch'io" che raccolse 100.000 firme per una legge di iniziativa popolare. Poi la cosa si arenò, Riccardi disse che spettava al parlamento esprimersi, e siamo arrivati ad oggi dove il tema è riemerso durante l'ultima campagna elettorale. Il PD lo ha inserito negli 8 punti e ha portato in parlamento un disegno di legge sull'acquisizione di cittadinanza a firma Bersani, Speranza, Chaouki e Kyenge (presente anche all'evento di cui state leggendo).
Razzismo istituzionale, questo il termine uscito durante la presentazione. Un termine forte, è vero, ma non sbagliato. Ne sono la prova le tre storie raccontate nel documentario "La legge (non) è uguale per tutti" proiettato in questa occasione. Da Kindi, a cui dopo essere arrivata quasi alla fine del percorso di studi viene negato l'accesso alla specializzazione, passando per la storia di Said e Vanessa, accaduta proprio a Modena, dove lui viene portato al CIE di Bologna pochi minuti prima di pronunciare il fatidico SI davanti alla sua futura sposa, arrivando alla vicenda di due fratelli, Andrea e Senad nati e cresciuti in Italia ma (vai a capire le cose della burocrazia) ritenuti apolidi e quindi rinchiusi nel CIE di Modena. Ve lo proponiamo qui sotto:
La speranza è che il nuovo parlamento appena eletto, che vede anche figure come quella di Laura Boldrini nella veste di presidente della Camera dei deputati, trovi nuovo slancio per legiferare velocemente in materia mettendo fine a quello che, come ho imparato oggi, possiamo benissimo chiamare Razzismo Istituzionale, o Razzismo di Stato.
Matteo Castellani Tarabini | @contepaz83
(Il documentario "La legge (non) è uguale per tutti" è prodotto da Rete Primo Marzo/ Associazione Giù le Frontiere - Regia: Dante Farricella)
Institutional racism
A student almost half hidden in the last row of the conference room, after a bit of hesitancy asks a good question: is the Italian law made to help people or make things more difficult?
We're at the last minutes of the morning session at the Center of Professional Formation - CFP - "City of young people", where the presentation of Corriere Immigrazione just took place.
A few journalists, and an audience made up for the most part of young students of the CFP, the majority of which were foreigners. So what better place than this one?
I've started from that question, because as simple and obvious as it might seem, if you look at the laws in our country, such a question is all but obvious, it's actually crucial. Even moreso if the one asking it is a foreign student who lives and studies in Italy.
Sometimes some things are given for granted, not out of wickedness, it just might happen. During the hours immediately after the elections, as we followed the live evolution with the other members of Intervistato.com, I asked Maria Petrescu (our official face, in video and not only) who she voted for. A question that in my head was perfectly normal, but which had as an answer - even if spoken with affection - a: Matteo, are you effin serious?
Indeed, because Maria, who speaks and writes in Italian (along with a number of other languages) better than me and many professors, even though she has been in Italy for many years, couldn't vote. She doesn't have the citizenship. And yet, for me who have known her for eight years now, Maria is extremely Italian. Things that happen but which inevitably end up by putting right in front of you certain mechanisms that are bureaucraticaly Machiavelli like and unjust.
Coming back to the morning at the CFP, another young man asks the following question: "why is it that I, who am a Pakistani and have been in Italy for 10 years, still don't have the citizenship, while a friend of mine, who has an Italian mother, had the citizenship just after 8 years? It's not fair!".
Yes, why? Giving the answer, as in the first case, is Stefania Ragusa, responsible director of Corriere Immigrazione: "it is normal, because the citizenship of the other boy is based on the ius sanguinis. Normal because in the norm, but not for this reason just and fair."
The website of the Ministry of Internal Affairs says:
"The law 91 of 1992 indicates the principle of the ius sanguinis as the only mean of acquisition of citizenship following birth, while the automatic acquisition of the citizenship iure soli continues to be limited to the sons of unknown, stateless or to the sons who don't follow the citizenship of the parents."
In Italy the debate on this topic is always alive under the ashes, and every now and then the flames rise. One year ago the campaign "Italy is me as well" managed to collect 100.000 signatures for a popular initiative law. Then it all slowed down and stopped, Riccardi said that it was the Parliament's duty to decide, and here we are today, when the topic emerged again during the last elections campaign. PD has put it among the 8 points and brought to the Parliament a law proposal on the acquisition of citizenship, signed Bersani, Speranza, Chaouky and Kyenge (who was also present at the event you're reading about right now).
Institutional racism, this was the term emerged during the presentation. A strong term, true, but not wrong. The proof are the three stories told in the documentary "The law is (not) the same for everyone)", which was presented in this occasion. From Kindi, who after arriving almost at the end of the studies path sees her access to specialization denied, to Said and Vanessa, when he is brought to the CIE of Bologna just minutes before saying "Yes" to his wife to be, arriving at the story of two brothers, Andrea and Senad, born and grown in Italy but (go figure the sense of bureaucracy), considered stateless and thus put in the CIE of Modena. Here it is:
The hope is that the brand new elected Parliament, which also has figures such as Laura Boldrini as the president of the Chamber, finds new energy to quickly make laws on this matter, ending what - as we learned today - can be easily defined Institutional Racism, or State Racism.
Matteo Castellani Tarabini | @contepaz83
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