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giovedì 23 maggio 2013
Dal Salone del Libro #SalTo2013, una vecchia storia comunista...e calabrese
Il Salone di Torino 2013 si è chiuso. Record di visitatori e di acquisti. Una buona cosa, soprattutto perché permetterà al capoluogo piemontese di conservare la fiera e di non vederla trasferita nella nuova fiera di Rho vicino Milano. Non sarebbe più la stessa cosa.
Ci sono due cose che si dovrebbero migliorare: l'organizzazione, che in certi parti non è impeccabile, anzi; poi si dovrebbero sfrondare alcuni elementi di paraletteratura. Insomma, capisco Masterchef, ma quante dimostrazioni di cucina ci debbono essere in un Salone del Libro? Però si fanno anche degli incontri interessanti. Recentemente mi ha capitato nella mani un libro, si chiama Blocco 52 di Lou Palanca. Si tratta di scrittura collettiva, con un nome fittizio che viene da un omaggio a Luther Blisset, e a Massimo Palanca, grande centravanti del Catanzaro anni '70, l'uomo che segnava da calcio d'angolo. Ma non è un libro che parla di calcio.
Se ne sono accorti i Wu Ming, che li hanno intervistati nel loro blog, in maniera approfondita, soprattutto sulla narrazione ma anche sulle caratteristiche "calabresi" del libro. Perché diciamolo la Calabria non va di moda, nonostante fosse la Regione Ospite d'Onore al Salone del libro di quest'anno, ma in fondo per la maggior parte degli italiani ha prodotto solamente ndrangheta e anduja, mentre c'è tanto altro, come un meraviglioso termine, ciotia, che ho usato oggi per un post sul mio blog. Poi che questa organizzazione criminale sia radicata e ramificata non nel resto di Italia, ma del mondo, che quello sia un salame piccante tipico solo di una piccola parte della regione, non conta. Perché? Perché non va di moda e perché i calabresi, che hanno un meraviglioso senso di appartenenza, non sanno gestire la propria immagine. Io ho scelto di parlare di questo libro perché mi è piaciuta e perché racconta una storia dimenticata, la storia di un ex funzionario del Pci, ucciso la sera del 1 Aprile 1965, mentre rientrava a casa sua, a Catanzaro, colpito da cinque pallattole alla schiena e due alla testa.
Luigi Silipo (nella foto) è un comunista, figlio di un gioiellerie, che arriva ai piani alti di Botteghe Oscure, quando il Pci era il "grande Pci", il partito e non una formazione di centrosinistra. E' un uomo serio, colto, con una forte dialettica, ma che a un certo punto viene spostato d'incarico, forse per le sue simpatie ingraiane, o forse perché non è convinto del nuovo corso che sta per intraprendere. Così diventa il segretario del movimento dei braccianti, sempre con forza e anche lì comincia ad essere scomodo, spesso non solo per i latifondisti ma per il suo partito. Una storia che mescola trame che passano per Roma, Catanzaro e Praga, che intrecciano politica, famiglie, speranze e illusioni. Una storia vera, che nonostante i grandi funerali, parteciparono i vertici del partito, compreso l'attuale Presidente Napolitano. Ma in poco tempo tutto fu dimenticato, abbandonato, il nome di Silipo quasi impossibile da fare ad alta voce. Ci sono già le avvisaglie di un Partito che abbraccerà i ceti dei professionisti, cercando di non perdere la base operaia, ma lasciando gli agrari al loro destino, c'è la Calabria che si prepara ad esplodere, i moti di Reggio Calabria saranno 5 anni dopo, ci sono gli scontri ancora con i missini e la divisione coi socialisti. Ci sono anche le donne, quelle del sud, diverse da come ce le hanno sempre presentate. Ci sono uomini e donne, con le loro storie, i loro errori e le occasioni perdute. Tutti i protagonisti si ritrovano nel presente. Almeno solo per ricordare quello che è successo.Una strana storia. Una storia del passato, ma neanche tanto. Resta il fatto che c'è un Sud del nostro paese che è una terra straniera, nascosta, o meglio che è stata nascosta e di cui qualcuno non vuole che si parli ancora oggi.
Simone Corami | @psymonic
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1 commento :
bella recensione, bel libro
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